Chronik | Femminicidio

Omicidio Matzohl, dubbi sulla psicosi

I consulenti della difensa riscontrano in Cim, accusato dell’omicidio dell’ex compagna, disturbo psichiatrico e amnesia. Per accusa e parte civile era lucido. La psichiatra Palleschi: “Non c’è disturbo, è il contesto socio-culturale”.
tribunale femminicidio Matzohl 18.10
Foto: SALTO
  • Prosegue in Corte d’Assise a Bolzano il processo in primo grado per Omer Cim, imputato dell’omicidio pluriaggravato e lesioni della ex compagna Celine Frei Matzohl. La vittima, all’epoca ventunenne, è stata uccisa la sera del 12 agosto 2023 con lesioni da arma da taglio ed è stata trovata morta a Silandro nell’appartamento di Cim. Davanti alla corte, presieduta dai dal giudice Stefan Tappeiner e dalla giudice a latere Giulia Rossi, sono state ascoltate per quasi cinque ore le voci degli esperti di psichiatria, che hanno cercato di scandagliare la mente dell’imputato.

    L’udienza si è aperta con l’audizione dei consulenti della difesa di Cim: lo psichiatra Heinz Prast, il neuropsicologo clinico Stefano Zago e lo psicologo Tommaso Caravelli. I tre hanno sottoposto l’imputato a tre colloqui e a diversi test, riscontrando un disturbo delirante di tipo persecutorio e gelosia accompagnato da tendenze megalomaniache, che avrebbero parzialmente inibito la sua capacità di intendere e di volere. “Cim aveva l’assoluta certezza che Matzohl lo tradisse, nulla avrebbe potuto fargli cambiare idea”, ha riferito in aula il dottor Prast sostenendo che la psicosi dell’imputato si manifestava attraverso elaborazioni distorte della realtà, idee di persecuzione e una costante paura del giudizio altrui.

  • I tre consulenti della difesa: Da destra: il neuropsicologo clinico Stefano Zago, lo psichiatra Heinz Prast, e lo psicologo Tommaso Caravelli. Foto: SALTO
  • Secondo i consulenti della difesa, Cim avrebbe condotto una vita riservata e priva di relazioni sociali proprio a causa di questa patologia, pur mantenendo la capacità di vivere una vita funzionale nel contesto lavorativo. “Attacchi, critiche o mancanze di rispetto causano nel soggetto una forte frustrazione, che genera ansia e rabbia, portandolo a sviluppare comportamenti ossessivi di controllo", ha spiegato in aula Caravelli. Questo quadro clinico, secondo gli esperti, si sarebbe inoltre accompagnato a un’amnesia di tipo red out, una lacuna temporale ristretta al momento dell’omicidio, ritenuta genuina e non simulata confermata dal dottor Zago, che ha condotto un test per verificare la rimozione dei ricordi di Cim riguardo all’evento criminoso.

  • L'aula: La Pm Francesca Sassani ed l'avvocato di parte civile Andreas Tscholl Foto: SALTO
  • “Non gelosia ma contesto socio-culturale di riferimento”

    Queste conclusioni sono state però contestate dall'accusa e dalla parte civile, che hanno sottolineato l'assenza, sia prima che dopo l’omicidio, di manifestazioni oggettive di psicosi. La consulente della parte civile, la psichiatra Anna Palleschi, è stata interrogata in aula dall’avvocato Andreas Tscholl, che rappresenta la famiglia della vittima, sulla possibilità che Cim avesse un disturbo mentale capace di inibire, parzialmente o totalmente la capacità di intendere e di volere. “La documentazione clinica di Cim è estremamente scarna – ha dichiarato Palleschi in aula – e non vi è traccia, nei colloqui avuti subito dopo l’arresto, di alcuna alterazione dello stato psichico. Anche secondo le relazioni dei medici del carcere, Cim era lucido, orientato, collaborante e disponibile al dialogo, senza segni di disturbi del pensiero o della percezione. Nulla di quanto emerso suggerisce una compromissione della capacità di intendere e di volere al momento del fatto”.

    Palleschi ha poi evidenziato come, a suo parere, il contesto culturale di Cim sia di maggiore rilevanza rispetto a presunte patologie psichiatriche. “Non si tratta di gelosia, ma di una concezione di possesso della donna – ha dichiarato la psichiatra, escludendo ogni rilevanza psichiatrica forense nel caso -. Non ho alcun dubbio che Cim fosse perfettamente in grado di intendere e di volere”. Secondo Palleschi, la vita tranquilla e riservata dell'imputato non è indice di un disturbo di persecuzione, bensì dimostra la normalità di un individuo che non presenta alcuna storia clinica significativa o sintomi di psicopatologia. Cim sarebbe semplicemente convinto, in base al contesto socio-culturale in cui è cresciuto, che la donna sia un possesso e che non debba mancare di rispetto all'uomo.

  • La psichiatra Anna Palleschi: E' la consulente di parte civile Foto: SALTO
  • “La sua aggressività, manifestata due mesi prima dell'omicidio quando ha picchiato la compagna in macchina ed è stato denunciato, non ha fatto pensare a nessuno che fosse pazzo. La preoccupazione era per il suo comportamento violento nei confronti di Celine e della sua famiglia”, ha aggiunto Palleschi. La psichiatra ha inoltre sottolineato come il comportamento di Cim dopo l'omicidio, inclusa la sua fuga lucida e organizzata, e la mancanza di episodi significativi di disturbo in carcere, ad eccezione di un unico episodio di aggressività durante l'episodio di scabia nella struttura di Bolzano, confermano la sua lucidità.

    Al termine dell'udienza, le avvocate di Cim, Alessandra D'Ignazio e Claudia Benedetti, hanno chiesto alla corte di disporre una perizia psichiatrica sull’imputato. La corte ha deciso di riservarsi di deliberare sulla richiesta solo al termine della ricostruzione dei fatti, dando la priorità all’ascolto dei numerosi testimoni della pubblica accusa, rappresentata dai pm Francesca Sassani e Axel Bisignano, che verranno sentiti nella prossima udienza fissata per il 7 novembre.