Kultur | Compositori

“...l’imperativo creativo…”

Abbiamo chiesto ad Hubert Stuppner della programmazione musicale di oggi, dell'intelligenza artificiale nella musica d'arte, del suo comporre, e dei suoi nuovi progetti.
hubert stuppner
Foto: Archivio privato
  • Hubert Stuppner, classe 1944, è compositore e musicologo. E’ stato docente e direttore del “Monteverdi”, Presidente della giuria del Concorso Busoni. E’ direttore del Festival di Musica Contemporanea. Anche prestigiosi premi e riconoscimenti, numerose pubblicazioni, oltre 100 composizioni sono parte del suo curriculum.
     

    SALTO: Alle Settimane Gustav Mahler, anche quale omaggio ai suoi 80 anni, il 16 luglio è stato riproposto da “Arcadia Quartet & Friends” il suo “Paraphrasen nach Mahlers Liedern”. E’ una partitura commissionata da Kronos Quartet, che proprio a Dobbiaco la propose in prima esecuzione, esattamente 18 anni fa, era infatti il 16 luglio 2006. Cosa la motivò a rielaborare la musica della tradizione, piuttosto che comporre “liberamente”, e perché Mahler?

    Hubert Stuppner: Per la Storia della Musica ho avuto come docente, all'Università di Padova, Fabio Fano, che oltre ad essere uno storico molto agguerrito, è stato anche un ottimo pianista, che dopo le lezioni m'invitò spesso a leggere, al pianoforte a quattro mani, sinfonie classiche, da Haydn a Beethoven a Brahms. Mi laureai con lui con una tesi sui Lieder di Brahms. Perchè allora l'idolo, per me, era Brahms, non Mahler, del quale conoscevo appena "il "Canto della Terra", presentato allora dal musicologo Petrobelli, negli anni settanta, su invito del mio primo maestro di composizione, Andrea Mascagni, nella vecchia sede dell'Alto Adige a Ponte Druso. Mahler dal vivo lo ascoltai soltanto durante i primi anni del Festival di Montepulciano, quando ero già avviato alla carriera di compositore. Interprete, della “Seconda” e “Terza” di Mahler era l'Orchestra Giovanile Inglese allora diretta da Jan Latham Koenig, sinfonie che consigliai all’allor Assessore Emeri di portare a Bolzano, nel duomo, poco prima che arrivasse a Bolzano Claudio Abbado. Mahler fu per me subito una feconda fonte d'ispirazione. Il mio "Kammerkonzert" ebbe la prima esecuzione a Montepulciano (opera che mi valse l'invito a Berlino come composer in residence del DAAD per un anno). Seguì quindi il Primo Quartetto eseguito ai Corsi Estivi di Siena, con vaghi riferimenti a Schönberg e Mahler, poi il terzo Quartetto, e quindi due commissioni del Quartetto Kronos, il secondo una parafrasi dell’intero "Canto della Terra".

    Lei ha condiviso con Nono, Maderna, Boulez e Stockhausen e altri importanti compositori la ricerca di una nuova musica, quella propria dei “Ferienkurse für Internationale Neue Musik” di Darmstadt. Il principio seriale, ereditato dalla dodecafonia, veniva esteso a tutti i parametro del suono. A suo giudizio cosa rimane oggi di quell’esperienza?

    Ho seguito i Corsi Estivi di Darmstadt del 1972 e 1974. Allora dei padri dell’avanguardia postbellica della Scuola di Darmstadt era rimasto solo Stockhausen, che presentò analiticamente diversi dei suoi attuali nuovi lavori. Stimolanti erano però anche i corsi di analisi di Ligeti, di Xenakis, di Kagel, di Schnebel, di Cristian Wolf. Allora si era già oltre la musica seriale. Nel generale pluralismo delle soluzioni tecniche ed estetiche era implicito l’imperativo creativo di trovare ognuno per sé stesso strade individuali. Fu allora che la musica contemporanea si svincolò dai modelli dei padri della prima avanguardia, Nono, Berio, Maderna, Boulez, e smise di essere ideologica e dogmatica. Ciò che oggi ne consegue è la certezza che le varie correnti di pensiero valgono soltanto nella misura che offrono al compositore validi spunti e tecniche adatte per dare un senso compiuto al proprio progetto creativo. Per quanto riguarda l’avanguardia storica, dell’immediato dopoguerra, rimane il merito di avere aperto orizzonti acustici inusitati e di avere sviluppato tecniche, nell’uso degli strumenti, oggi di repertorio per chiunque.

  • La dimensione casuale, aleatoria, “alla John Cage”, ha trovato posto nella sua attività di compositore?

    Cage, diceva Schönberg, non era compositore, ma “inventore”. La dimensione aleatoria era coerente alle sue inclinazioni anarchiche, che attribuiva alla musica nessun valore etico-morale, essendosi accorto “che la gente che va ad un concerto, quando esce dal concerto, non appare affatto moralmente cresciuta.” Apprezzo le prime opere “composte”, nelle quali Cage appare interessante ricercatore di nuovi e originalissimi suoni. Con le radicali azioni “Fluxus” la sua versione di composizione diventa provocazione, “tromper le bourgeoise”. Un comportamento che non mi appartiene.

    Nel 2024 si celebra anche la 50esima edizione del Festival di musica contemporanea di Bolzano, che lei ha fondato e dirige. Nel corso degli anni ha presentato oltre 300 prime assolute. In un'intervista alla Tageszeitung del 2022 ha descritto il Festival un “Centro sperimentale per il vero e l'originale”. Ci può dire di più?

    Per la 50a edizione abbiamo pensato ad abbinare a particolari formazioni cameristiche storiche dell’avanguardia, produzioni locali, per mettere a confronto alcuni dei nostri contemporanei, compositori e interpreti, con i più noti capolavori dell’avanguardia recente. Aprirà il festival un omaggio a Frank Zappa, seguiranno diversi riferimenti a Ligeti, opere, per la prima volta di Louis Andriessen, Yannis Xenakis e John Adams, opere ai quali di volta in volta verrà associata una prima esecuzione locale: per esempio Eduard Demetz con Adams, Luca Sticcotti con Ligeti, Manuel Zwerger con Xenakis.

    Pensa che l'intelligenza artificiale avrà un ruolo significativo nella musica d’arte?

    L’intelligenza artificiale è già presente nella scrittura automatizzata delle partiture e nella confezione delle parti. Essa indebolisce però anche la creatività e il proposito originale laddove offre campionamenti sonori e il trasporto di maniere compositive acquisite. Il manierismo non è nuovo, già negli anni settanta/ottanta Xenakis ha tacciato la giovane generazione dell’avanguardia di “parassitismo”, problema che viene ulteriormente aggravato, nella produzione attuale dall’ “intelligenza” di comporre secondo maniere di successo nelle cosiddette “Giornate di Musica Contemporanea”, votate di per sé esclusivamente alla ricerca dell’inaudito.

    Nel suo recente saggio per “Il Cristallo”, a riguardo di Bolzano “Città creativa Unesco”, Lei scrive che la città difetta di “creatività primaria”, quella “riferibile a una produzione musicale autonoma e autoctona”, di commissioni e prime esecuzioni. Se per il pubblico delle chiese e delle corti barocche quella che oggi definiamo musica d’arte era musica contemporanea, a Bolzano ancora nel primo dopoguerra la musica contemporanea aveva ampio spazio. Nella programmazione della Società dei Concerti del 1946-47 in 10 appuntamenti figuravano 7 opere di autori viventi. A suo parere quali sono le ragioni di questa sorta di involuzione, di progressivo rifugio nel passato?

    C’è una sostanziale differenza nella rappresentazione musicale tra paesi del nord e dell’Italia. L’Italia per eccellenza è il paese della musica antica e della lirica. Questa tradizione è ancor oggi così schiacciante rispetto a quella sinfonica e cameristica, che si fa fatica a far apprezzare l’aspirazione contemporanea al rinnovo dei linguaggi musicali attuali. Lo sviluppo dei linguaggi attraverso i secoli, ad eccezione del Monteverdi, del mottetto vocale e del barocco strumentale, si sono sviluppati piuttosto nei paesi del nord, fino allo scioglimento della tonalità con la Seconda Scuola di Vienna. In quegli ambiti la musica moderna ha trovato più spazi e ascolto che non in Italia. La scuola avanguardistica italiana, i brillanti risultati conseguiti dei vari Petrassi, Nono, Berio, Donatoni, Sciarrino ecc. si sono avuti per un breve periodo postbellico e all’estero, mentre in Italia, anche per i loro impegni ideologici, molti dei compositori contemporanei hanno avuto attualità breve. Diversamente la musica contemporanea ha molto più successo nei paesi, laddove essere contemporanei – senza ideologia – è molto più naturale che da noi. In Italia la musica contemporanea è connotata, purtroppo anche nei media, come uno “spaventapasseri”. Ecco perché la politica culturale preferisce identificarsi con i capolavori della storia della musica, interpretati ad altissimi livelli qualitativi. Una scelta che è in linea con la convinzione che la musica come arte e originalità non è pari alla letteratura e a simili progetti artistici. Il fatto infine, che ai concerti della cosiddetta musica seria non si vedono quasi mai politici, la dice lunga sul ruolo che essa ricopre nella vita culturale contemporanea.

    Sta lavorando ad una nuova composizione ?

    Ho appena terminato un lavoro per orchestra, che verrà eseguito dall’Orchestra Haydn, al termine del 50° Festival di Musica Contemporanea, su proposta di “Musik Meran”: “Alpen-Folk”, Suite per orchestra.

    Pensa con Dostoevskij che “la bellezza salverà il mondo”?

    Alla luce dell’attuale barbarie nel paese di Dostoevskij (con la benedizione del sommo Patriarca) è difficile credere nella sua profezia del grande scrittore.