Democrazia diretta? La rete è poco più che uno strumento
Classe 1986, Mattia Tomasi si è imbattuto nella democrazia diretta durante il suo percorso di formazione, ma se ne è veramente interessato solo quando ha incontrato il fenomeno nella vita reale. Non in rete.
Quando è scattato il tuo interesse per il tema della democrazia diretta?
Mattia Tomasi: La primavera scorsa mi sono imbattuto in centro a Trento in un gazebo per la raccolta firme dell’iniziativa popolare “Quorum zero e più democrazia”. Mi sono quindi chiesto quali fossero le motivazioni che avevano spinto i promotori dell’iniziativa ad intraprendere questo percorso e, complici alcuni corsi che avevo seguito all'università, ho deciso di studiare questo tema. Mi sono soffermato soprattutto sulle differenze e i possibili contrasti che possono emergere con la democrazia rappresentativa, scoprendo che in realtà non sono due mondi così distanti.
E l'interesse come si è trasformato in passione?
Documentandomi e osservando la sua presenza ed i suoi effetti positivi negli altri Paesi mi sono appassionato. In particolare l’intervista svolta con Paolo Michelotto, promotore dell’iniziativa “Quorum zero e più democrazia” a livello nazionale, e le chiacchiere con Stephan Lausch, di “Più democrazia per Bolzano”, mi sono state molto utili per comprendere davvero come sia possibile un miglioramento della democrazia. E di quanti ostacoli, soprattutto a livello politico, siano da superare per ottenerlo.
Se ne parla così tanto in questo momento, ma in cosa consiste la democrazia diretta?
In realtà nella democrazia diretta non c'è nulla di così moderno o innovativo: ha le sue origini nell'Antica Grecia. Le Città-Stato sono i primi esempi documentati di assemblee pubbliche durante le quali si prendevano decisioni per la comunità. Insomma, è un tipo di democrazia che prevede la partecipazione diretta dei cittadini elettori alla vita politica quotidiana. Ed è presente anche nella nostra Costituzione: i referendum e le petizioni non sono altro che due strumenti di democrazia diretta.
Il fatto che si parli così tanto di democrazia diretta in questo momento è connesso al malessere diffuso nei confronti delle forme più classiche di governo?
È un dato di fatto innegabile che si stia attraversando una crisi della democrazia rappresentativa, quella dei partiti che si sono dimostrati incapaci di riflettere le necessità dei cittadini ed essere quindi realmente rappresentativi. Ho intervistato alcuni esponenti politici, e non ho potuto non notare l’indifferenza e la scarsa conoscenza di questi temi. Li vedono come una minaccia al loro ruolo e non come un'opportunità.
Alcuni movimenti al contrario cavalcano quest'onda e se ne impossessano facendo appello alla rete come luogo privilegiato per la democrazia diretta...
La rete non è assolutamente uno strumento della democrazia diretta. Certamente è utile ad esempio per promuovere petizioni online e raggiungere le firme necessarie. Tutto ciò però non ha nulla a che fare con la democrazia diretta. Esiste una direttiva dell'Unione Europea secondo la quale i Paesi membri devono adeguarsi e attivare sistemi per la firma online ad esempio di referendum, ma si tratta di un passo verso l'innovazione partecipativa, non verso la democrazia diretta in senso tecnico.
La democrazia diretta va sviluppata nelle sedi opportune che non sono quelle indicate dal Movimento 5 Stelle. Il loro modo di attuare forme partecipative di espressione popolare ne ha distorto il senso e ora c'è una grande confusione. La nostra Costituzione prevede già alcuni istituti di democrazia diretta per i quali non c'è bisogno della rete.
Sicuramente internet rappresenta un luogo di espressione e di confronto, ma è lontana dalla democrazia diretta. Potrebbe fungere da strumento di informazione e chiarificazione sulle questioni attorno alle quali si tratta di prendere poi delle decisioni, sempre comunque abbinato a manifestazioni concrete e attive. Stare dietro a uno schermo non è sufficiente.