Society | Scuola e dittature

Katakombenschulen: a tutte le maestre

A cent'anni dalle Katakombenschulen.
Diamo doppia cittadinanza - o tripla - a tutte le maestre di confine? Perché lo meritano.
E un monumento collettivo.
Note: This article is a community contribution and does not necessarily reflect the opinion of the salto.bz editorial team.
  • "Quella di Hermine è una delle molte storie scritte nell'Europa del Novecento. Hermine Aloisia Mair è nata il 23 aprile 1919 a Cortaccia. Il Sudtirolo all'epoca era ancora austriaco, seppur già occupato dall'esercito italiano, e solo pochi mesi dopo, con la firma dell'accordo di Saint Germain, sarebbe passato ufficialmente all'Italia. Sono ormai pochissimi i sudtirolesi nella sua situazione. Da giovane Hermine ha vissuto il dramma della seconda guerra mondiale. Aveva appena 13 anni quando iniziò a fare la maestra in una delle scuole clandestine, le Katakombenschulen, per insegnare - nonostante il divieto del regime fascista - il tedesco ai bambini sudtirolesi."
     

    "Sono nata austriaca e voglio morire austriaca". E' questo il grande desiderio di Hermine Orian.

    La sudtirolese 104enne da tempo ha presentato a Vienna la richiesta di ricevere il passaporto austriaco. 
    Da tempo Alois Wechselberger dell'Andreas-Hofer-Bund si batte per la sua causa.

    Prima della pausa estiva, ci sono state solo due riunioni del Consiglio dei ministri, sottolinea Wechselberger. "Evidentemente si sta facendo ulteriore ostruzionismo sul caso Orian, puntando con delle falsità a una soluzione biologica", afferma il promotore della causa.

     

    Sostengo fortemente la causa della sig.ra Hermine.

    Anch'io vorrei la doppia cittadinanza per mia nonna Anna, retroattiva, che è morta da sola, a Bolzano, in una clinica.
    La soluzione biologica è arrivata prima.

     

    Aveva due anni quando dovette partire profuga, perché l'esercito italiano aveva invaso le sue terre, nel 1915. Mussolini fece in seguito ritornare le famiglie slovene nella valle dell'Isonzo, nonostante molti si fossero rifatti una vita in Italia, per bonificare i territori dopo le famose 12 battaglie. Molti morirono sulle mine o per la febbre spagnola. Poverissimi, tolse loro anche le pensioni d'invalidità che percepivano ancora avendo combattuto per l'Austria.
    I bambini dovettero frequentare le scuole esclusivamente in lingua italiana, e mia nonna studiò fino alla maturità con una borsa di studio per merito.
    Conseguì il diploma di maestra elementare sostenendo un esame in italiano. 
    Sopportarono la seconda guerra mondiale sotto un regime dittatoriale in cui nemmeno potevano cantare nella loro lingua. In cui migliaia di cittadini furono imprigionati e messi in campi di concentramento.

    Docenti e letterati venivano torturati e uccisi.
    Andò a lavorare come supplente a vent'anni, mantenendo da sola l'intera famiglia con un padre malato di cancro allo stomaco e due fratelli che combattevano e morivano per l'Italia, un Paese non loro, in Africa e in Russia. Non esisteva altra scelta.
    Insegnava nelle scuole in italiano, con tutti i titoli professionali in regola, il pomeriggio coltivava i campi e si occupava degli animali, delle figlie, e la sera teneva le Katakombenschulen in casa. 

     

    Arrivati i titini, fece sei mesi di carcere durissimo, a venticinque anni, e un processo in cui si decideva se lasciarla in vita o meno. Non erano teneri: ma a lei riconobbero il merito di aver insegnato lo sloveno ai bambini della valle, la loro lingua madre.

    Di aver curato dei partigiani feriti.
    Dovette però scappare e trovò rifugio, casa e lavoro a Bolzano.Queste, le opzioni dei nostri nonni e genitori.

     

    Anche mia nonna è nata austriaca. Ha avuto quattro carte di identità con nomi diversi. Ha insegnato nelle scuole elementari di Bolzano fino alla pensione. 
    Nessuno immaginava che la sua madrelingua fosse un'altra.
    Si è dedicata a scuola e famiglia per tutta la vita. Parlava perfettamente italiano, tedesco e sloveno. Anche ladino friulano.
    Non ha mai chiesto niente a nessuno.

     

    Possiamo dedicare un monumento anche a Anna Berginc e a tutte le maestre di confine?