Society | Visual Journalism

Three is a magic number

Mirko Lorenz ha guidato i workshop della VJSS2016, indicando come il segreto stia nella semplicità, nella chiarezza e nella prossimità delle storie

Mirko Lorenz è il padre di www.datawrapper.de, il tool online che ha facilitato il lavoro di molte redazioni nel creare tabelle ed infografiche. Nella due giorni della summer school di Visual Journalism in Unibz il suo compito è stato quello di guidare i partecipanti attraverso strumenti, prospettive, punti di vista, idee per rendere più forti le singole storie.

Un successo per l’architetto dell’informazione originario di Colonia che è venuto dopo alcuni insuccessi nel mondo digitale. Oggi per Datawrapper lavorano 2,5 persone ed i clic sulle tabelle generate sono in crescita: da 25milioni nel 2013 a 400milioni nel 2014 fino a 800milioni nel 2015.

Il data-driven journalism spesso si mostra come uno strumento per dare una nuova chance ad imprese editoriali, come avvenuto ad esempio per www.texastribune.org, che dopo una bancarotta si è convertito al data journalism ed ha visto la propria redazione passare da 8 a 40 persone.

Imprese editoriali, come quella del Washington Post, che si reinventano anche creando un nuovo sistema di gestione di contenuti, come www.vox.com.

«Una volta – spiega Lorenz – i giornali avevano fino al 30% di profitto, oggi i margini sono minori ma visono comunque grandi gruppi come ad esempio lo Spiegel che fattura 140milioni di euro l’anno».

Lorenz nella due giorni in Unibz userà più volte la “regola del 3”, facile per ricordare i concetti e da utilizzare per le storie, che hanno un inizio, uno svolgimento intermedio ed un finale.

In primo luogo pensare alle persone e non a come sono le storie. In secondo luogo cercare di capire quali sono i bisogni, infine fare una selezione fra big data, small data e relevant data.

 

Lorenz, che lavora anche come freelance per la Deutsche Welle, dà un’altra terzina, indicando come raccontare storie sia un’arte che si può imparare prestando attenzione al fatto che ci siano elementi interessanti/sorprendenti, che la narrazione sia vera e rilevante, che il contenuto in generale possa essere riconoscibile e condivisibile dagli utenti.

Per spiegare la forza e la potenza delle storie Lorenz racconta un episodio che riguarda Hemingway, che fece una scommessa con i lettori del poter riuscire a scrivere una storia di 6 parole che facesse piangere. E la vinse con: “For sale: babyshoes. Never worn”.

Continuando sul “binario 3” per la creazione di una storia servono l’idea, la forma e le conoscenze. Quindi si passa attraverso le fasi di preparazione, pianificazione e realizzazione, quindi specificatamente per quanto riguarda la gestione dei dati i passaggi sono raccolta, pulizia e visualizzazione.

Una storia o una presentazione dovrebbe quindi avere ulteriori 3 caratteristiche: essere semplicemente comparabile, chiara e avere una prossimità con chi legge.

Sull’esempio dei 2 anni passati dai Beatles in un locale di Amburgo a suonare musica beat, «servono 10mila ore di training per diventare un esperto – spiega Lorenz – perciò prima bisogna allenarsi e poi creare».

 

Quindi per i partecipanti alla Summer school è venuto il periodo di training, prendendo spunto da storie apparse sui maggiori media internazionali. Cercando di darsi delle risposte semplici al cosa, al come ed al perché di una storia. Che ognuno quindi ha rappresentato utilizzando lo strumento online www.pageflow.io ed implementando le tabelle di Datawrapper.

I partecipanti ad esempio si sono allenati su storie del New York Times relative ai quarti classificati ai giochi olimpici di Soci oppure osservando il lavoro del Berliner Morgenpost che ha fatto un interessante analisi socio-economica seguendo il percorso e le fermate del bus ovest-est M29, http://interaktiv.morgenpost.de/m29. Online vi sono tanti strumenti disponibili per il visual journalism, come l’aggregatore di statistiche www.knoema.de o l’aggregatore di fotografie da Flickr www.compfight.com