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Politics | Vorausgespuckt

Il voto disperato

Non sapete come uscire dal vicolo cieco del deficit di rappresentanza? Trasformate la vostra sfiducia almeno in solidarietà.

Cito l'incipit di un raccontino di Mattia Torre, scritto nel 2018 (ma avrebbe potuto essere scritto anche vent'anni fa e non credo che tra vent'anni cambierà molto):

Siamo sotto elezioni, presto saremo chiamati a votare, a esercitare il nostro diritto/dovere di esprimere un voto, e al di là dell'orientamento politico, ci sono modi diversi di votare: c'è chi vota inseguendo un tornaconto personale, chi vota solo per odio nei confronti dell'avversario, chi esercita il cosiddetto voto utile, c'è chi ancora – provando ormai quasi imbarazzo – vota in nome di ragioni ideali; ma in fondo tutti, tutti sono voti disperati.

Non ricordo l'ultima volta che sono stato speranzoso

Voto disperato, in effetti è così. Anch'io, se votassi (non ho ancora deciso, lo farò comunque all'ultimo), voterei in modo disperato. Disperato significa “senza speranza” e vorrei qui provare a mettere nero su bianco in cosa consista, questa mancanza, vorrei cercare di spiegare (e di spiegarmi, soprattutto) quando si è originata, come è diventata così ostinata, pervicace, forse addirittura ineliminabile. Potrei per esempio tentare di ricordarmi quando è stata l'ultima volta che l'ho avuta, una speranza del genere, quando cioè mi sono recato a votare convinto di stare facendo una cosa che mi rendesse “speranzoso”. Ci sto pensando da giorni, ma non mi viene in mente. Evidentemente io e la speranza (legata alla politica, s'intende) abbiamo sempre abitato due mondi diversi, distantissimi, inconciliabili.

Il vero punto è come arrivare a votare sapendo che il deficit di rappresentanza è inemendabile

Se voterò, quindi, lo farò in modo disperato. Ma come trovare argomenti a sostegno di questa azione eventuale (votare) e decidere – con un estremo sforzo razionale – di non essere incluso nella grande massa di quelli che non votano (sarà una massa cospicua) così, a cuor leggero (o anche a cuor pesante, in fin dei conti poi la cosa non cambia: un voto non dato resta un voto non dato e le motivazioni vengono inghiottite dal medesimo nulla)? Ci sono argomenti del genere? Il punto, il vero punto – lo descrive ancora benissimo Torre nel suo racconto – è come arrivare a promuovere il proprio voto sapendo che il cosiddetto deficit di rappresentanza (“ossia che non c'è in campo una forza politica che non ti deluderà”) è inemendabile.

Voteresti te stesso, ne avessi l'opportunità?

A ben pensarci, la svolta, quella vera, si dà solo in un modo. E consiste nel chiedersi: ma tu, tu che senti questo deficit di rappresentanza, tu che non provi nessun tipo di entusiasmo o motivazione, che ti fa schifo praticamente tutto (diciamolo), tu che hai sperato fino all'ultimo che queste elezioni non ci fossero perché hai esattamente paura degli effetti collaterali della democrazia, della partecipazione (senza peraltro riuscire neppure lontanamente a trovare un'alternativa plausibile alla democrazia e alla partecipazione), tu che insomma non vuoi votare perché non hai fiducia in NIENTE e NESSUNO, tu voteresti almeno te stesso, se ne avessi l'opportunità?

Dobbiamo mostrare una specie di fiducia compensantiva nei confronti di chi ci mette la faccia

Non è una domanda idiota. In fondo chiede (sto chiedendo, mi sto chiedendo): ma se non ci sta mai bene nulla, non sarà che è molto più comodo scegliere (cioè non scegliere) così, piuttosto che far sgorgare a partire da sé stessi un'istanza di cambiamento, e quindi darsi da fare in prima persona per migliorare lo stato delle cose? Ecco, io penso che se volessi fare politica non ne sarei capace, so che non sarei adeguato al compito, e mi sento totalmente inferiore anche rispetto al più inetto dei nostri parlamentari. Per questo motivo (e fosse anche SOLO per questo motivo) credo che sia opportuno manifestare una specie di fiducia compensativa nei confronti di chi invece ci prova, di chi ha il coraggio (o anche la spudoratezza) di metterci la faccia. Una fiducia compensativa, dico, che argini l'oceano di sfiducia complessiva, alla fine una maschera della sfiducia che abbiamo nei nostri confronti, uno sviamento dal vero bersaglio sempre nascosto anche ai nostri occhi: l'incapacità di pensare e di agire senza imbrigliarci e soffocarci sempre in una rete di lamenti. Il voto disperato, quello che certifica la nostra sfiducia, alla fine può essere allora espresso come voto di solidarietà nei confronti di chi, non disprezzando in linea di principio la vita pubblica, almeno un pochino si dimostra meglio di noi.

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Sebastian Felderer Fri, 08/05/2022 - 21:02

Io vedo il voto di solidarietá piu nel concedere l'ampliamento di quella famosa lista di privilegiati, che una volta segnati con la nostra crocetta, devono tener duro per 4 anni e sei mesi, per essere sistemati per il resto della loro vita. Sapendo che questo termine nella legislatura, che sta per finire, é proprio il 24 settembre ( e il 25 si vota) presumo che i fortunati hanno da pensare soltanto a questo, piu o meno.

Fri, 08/05/2022 - 21:02 Permalink
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anton auer Sat, 08/06/2022 - 22:47

hallo Gabriele,
"Trasformate la vostra sfiducia almeno in solidarietà."
Warum nicht auch: "Trasformate la vostra disperazione in qualche pratica di solidarieta' quotidiana per qualcosa" ?
:-) Das wäre vielleicht sogar ein homeopathisches Heilmittel :-)

Sat, 08/06/2022 - 22:47 Permalink
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Dietmar Holzner Mon, 08/08/2022 - 11:27

Art. 51 (costituzione): "Tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive (...)". In modo da aumentare fiducia nella politica e stabilità del governo io propongo una modifica di questo articolo in: "L'intera popolazione mondiale tranne i cittadini italiani dell'uno e dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive dello Stato Italiano (...)".

Mon, 08/08/2022 - 11:27 Permalink