Università a Bressanone
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Culture | Accadde domani

Quei corsi estivi

Rivive in un libro la complessa storia dell’Università di Padova a Bressanone
  • Gli accadimenti storico politici riguardanti l’università si iscrivono nella storia tirolese con un procedere tutt’altro che privo di contrasti. C’è un esordio nel segno della violenza in quel novembre 1904 con i tumulti scatenanti dal nazionalismo pangermanista per impedire, a Innsbruck, l’apertura di corsi universitari lingua italiana, chiesti dai sudditi trentini e concessi da Vienna. Ci furono un morto, diversi feriti, distruzioni e un feroce strascico di odi contrapposti. La richiesta del gruppo italiano di poter contare su corsi universitari nella propria lingua all’interno dell’impero nasceva dal fatto che, con il 1866 e il passaggio del Veneto all’Italia era venuta meno, se non a prezzo di un espatrio, la possibilità, per trentini, triestini e istriani, di rivolgersi, come da antica tradizione, all’Ateneo di Padova.

    Ed è proprio alla storica università patavina, che, all’inizio degli anni 50, si rivolge, nel suo ruolo di presidente del consiglio Alcide De Gasperi, che tra l’altro delle violenze tirolesi nel 1904 aveva dovuto subire anche personalmente le conseguenze. Matura in quegli anni il tentativo di proporre Padova come università di riferimento per tutta la comunità del Trentino-Alto Adige. Tentativo che si scontra ovviamente con la dichiarata ostilità del gruppo sudtirolese, ben deciso a conservare ad ogni costo il rapporto privilegiato con Innsbruck.

    Un passaggio chiave in questa vicenda è dato dall’istituzione, a Bressanone, dei corsi estivi che convogliano in riva all’Isarco, a partire dal 1952, una crescente massa di docenti e di studenti che approfittano dell’occasione per integrare il programma dei corsi annuali.

    La storia di quest’iniziativa rivive oggi in un volume realizzato, per iniziativa dell’Associazione Amici dell’Università di Padova da tre esponenti storici della cultura della città: l’ex magistrato Renzo Pacher, l’ex vicesindaco Dario Stablum e l’ex funzionario di polizia Daniele Mosconi. Tre autori la cui conoscenza delle vicende storiche che hanno accompagnato lo sviluppo e il successo dell’iniziativa dei corsi estivi di Padova nella città di Bressanone si esprime nella capacità di inserire una vicenda particolare nel tormentato contesto storico dell’Alto Adige del 900.

    La storia dei corsi estivi è una storia importante perché porta Bressanone nel corso dei decenni figure di rilievo della scienza, con frequenti aperture alla realtà locale, sin da quando, nel 1953, al secondo anno di attività, l’inclusione tra le facoltà rappresentate di quella di medicina e chirurgia portò a Bressanone corsi di formazione della classe medica locale.

    Una storia nella quale si riflettono anche le tensioni di quei decenni, con l’ostilità aperta di una parte del mondo sudtirolese verso iniziativa padovana, vista come una sorta di cavallo di Troia dell’italianità da imporre al mondo tedesco. La stessa visione, se vogliamo, che fu alla base dello sdegnoso rigetto, a metà degli anni 70, della proposta del rettore trentino Paolo Prodi di realizzare a Bolzano facoltà collegate a Trento.

    Il libro racconta la storia dei contatti tra Padova e Innsbruck, delle iniziative culturali e di un rapporto tra l’ateneo e la città che non si è mai interrotto anche nei momenti nei quali i contrasti politici e la totale diffidenza dei vertici politici sudtirolesi nei confronti della presenza dell’ateneo italiano hanno bloccato molte possibili ipotesi di collaborazione transfrontaliera. 

    Il titolo del volume “Cultura: condividere per convivere” viene così a segnare i limiti di un percorso che ha rappresentato qualcosa nella storia altoatesina e che vale oggi la pena di ripercorrere nel momento in cui l’Alto Adige ha voluto darsi una propria struttura universitaria, con l’istituzione di una facoltà proprio in quella Bressanone che ha visto così confermata una pluridecennale vocazione.

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Hartmuth Staffler Sat, 03/08/2025 - 17:13

Maurizio Ferrandi verbreitet hier das alte Klischee, wonach die "Fatti di Innsbruck" von einem "pangermanistischen Nationalismus" ausgelöst wurden. Tatsächlich war der auslösende Faktor die Provokation, die von den bewaffnet nach Innsbruck geströmten italienischen Studenten mit ihren Schmährufen ("Abasso Austria", "Porci Tedeschi" usw.) ausging. Die italienische Provokation wurde organisiert von Cesare Battisti, der seit 1901 im Dienst des italienischen Geheimdienstes stand, und von Alcide Degasperi, der im Dienst des ultranationalistischen Trientner Bischofs Endrici agierte. Die Tumulte sollten bezwecken, Innsbruck als Standort für eine italienischsprachige Fakultät unmöglich zu machen und so die Errichtung einer italienischsprachigen Universität in Triest, Trient oder Rovereto durchzusetzen. Die Strategie von Battisti und Degasperi ging voll auf. Gegen die Provokation der italienischen Studenten protestierten vor allem die deutschsprachigen Verbindungen, in denen 37 Prozent der Innsbrucker Studenten korporiert waren, davon 47 Prozent in katholischen und 44 Prozent in deutschnationalen Verbindungen. Die Christlichsozialen waren also unter den Demonstranten in der Überzahl. Angeführt wurden die christlichsozialen Studenten vom Medizinstudenten Anton Sigmund aus Feldkirch, dessen Familie aus der Brixner Gegend stammte und der später Primar in Brixen wurde, bevor ihn die Faschisten vertrieben. Da die Gendarmerie nicht in der Lage war, die studentischen Prügeleien zu beenden, wurde das Militär zu Hilfe gerufen. Dabei wurde der ladinische Kunstmaler August Pezzey vom Bajonett des Trentiner Kaiserjägers Luigi Menotti tödlich verletzt. Die Umstände des Vorfalles blieben ungeklärt, beide Seiten schlachteten den tragischen Vorfall für ihre Zwecke aus. Im Lauf der Streitereien setzten die italienischen Studenten auch ihre mitgebrachten Waffen ein, wobei neun deutsche Studenten und ein Italiener durch Pistolenschüsse verletzt wurden. Es kam zu zahlreichen Plünderungen und Sachbeschädigungen und erst eine Abteilung der berittenen Landesschützen konnte die Ordnung wieder herstellen. Bei den italienischen Studenten wurden 19 Revolver sowie zahlreiche Schlagringe, Stöcke und Totschläger beschlagnahmt, viele Waffen waren vermutlich vorher weggeworfen worden. Bei den Tumulten wurde auch Alcide Degasperi verprügelt. Nach dem Krieg erklärte er: Früher habt ihr uns verprügelt, jetzt werden wir euch verprügeln. Zu diesem Zweck verlangte Ministerpräsident Degasperi nach dem Zweiten Weltkrieg von der Universität Padua, dass sie in Brixen einen Standort eröffne, um den Südtirolern im Sinne der Inschrift am Bozner Siegesdenkmal Kultur beizubringen.

Sat, 03/08/2025 - 17:13 Permalink