Chronicle | 8 Marzo

Donne e carriera

Viviamo un momento storico molto importante il raggiungimento dell’uguaglianza di genere è tra gli obiettivi dell’Agenda 2030 ONU per lo Sviluppo Sostenibile. La valorizzazione di talenti femminili è una leva per l’economia e la società.
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  • Agire, sostenere e promuovere le donne nel mondo del lavoro è doveroso, ne parliamo da decenni e in parte qualche risultato è arrivato, ma se guardiamo nell’insieme il risultato non è ancora sufficiente. 

    Da uno studio eseguito dalla Survey EY – SWG “La leadership al femminile nel mondo del lavoro”, è emerso, su un campione di oltre 700 donne lavoratrici e manager, un dato interessante: le intervistate hanno la sensazione che all’interno delle aziende italiane ci sia un GAP SALARIALE tra uomini e donne e la consapevolezza che ci siano delle condizioni di discriminazione ancora presenti. 

    Ma dietro a quali etichette si celano i problemi che ancora bloccano la progressione di carriera delle donne?

    Il Gender pay gap (divario retributivo di genere), il Child Penalty (penalizzazione sul reddito delle donne mamme) per non parlare della discriminazione e dei pregiudizi.

    Gli ultimi dati Istat  indicano che nel settore privato tra uomini e donne ci sia un divario retributivo di genere (Gender pay Gap) di circa 8000 euro annui (- 30%) e di 9.895 euro annui nel pubblico (-24,6%).

    A incidere. su queste differenze non sono solo gli stipendi più bassi ma è sicuramente l’ampia diffusione dei contratti a termine e la formula part-time, che consentono un migliore bilanciamento tra vita lavorativa e privata. 

    Questo è un fattore strutturale perché la scelta del part time di una donna lavoratrice è spesso involontaria, dettato dalla necessità di dedicare più tempo alla famiglia rispetto ai maschi e di sopportare il grosso del lavoro domestico non retribuito, il carico mentale è molto alto in quanto ancora oggi la donna è la principale responsabile della gestione famigliare.  A pesare i contratti a tempo determinato, la cui discontinuità porta a una minore retribuzione annua complessiva per le lavoratrici. Un fenomeno che incide profondamente nell’economia nazionale.

    Con Child Penalty si intende una penalizzazione sul reddito delle donne che avviene quando queste entrano in maternità. Questo fenomeno si riscontra per l’appunto solamente nei confronti delle mamme, i papà infatti non subiscono una diminuzione del reddito nel caso in cui la famiglia si dovesse allargare.

    In Italia, la penalità è molto pronunciata nei primi due anni tra riduzioni salariali legate all’astensione facoltativa o al passaggio a part-time e mancati aumenti, ma questo permane anche a diversi anni di distanza dalla nascita. A quindici anni dalla maternità lo stipendio è del 50% inferiore a quelli delle donne senza figli e rispetto al periodo antecedente la nascita. Il gap è doppiamente penalizzante, in quanto questi effetti non sono osservati tra i padri.

    Su questo ultimo argomento ci stiamo “muovendo”. Per combattere il Gender pay Gap, lo scorso giugno l’Europa ha infatti approvato la Direttiva sulla trasparenza salariale che impegna le imprese dell'UE a fornire informazioni su quanto corrispondono alle donne e agli uomini per un lavoro di pari valore, e a intervenire se il divario retributivo di genere quando supera il 5%. La Direttiva contiene inoltre disposizioni in materia di risarcimento per le vittime di discriminazione retributiva, come pure sanzioni per i datori di lavoro che non rispettano le norme.

    Concludo con il desiderio che un giorno non troppo lontano … faccio mia questa citazione:

    Il mondo che immaginiamo è un mondo in cui ogni donna e ogni ragazza può godere di una totale uguaglianza di genere e in cui tutte le barriere all’emancipazione (legali, sociali ed economiche) vengano abbattute.”

    Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell'Organizzazione delle Nazioni Unite

    È leva per continuare a lottare.

    Rossana Rolando