Consenso for dummies
Si fa un gran parlare di consenso, ma il messaggio fatica ad arrivare. Ecco, quindi un piccolo riassunto for dummies: qualsiasi interazione paritaria fra due persone presuppone consenso, altrimenti non è ad altezza occhi, c’è uno squilibrio di potere e quindi un sopruso nella migliore delle ipotesi.
Ad esempio, se io cerco il dialogo con una persona, glielo chiedo. Se è d’accordo, avremo il dialogo. Se non è d’accordo e io non rispetto la sua decisione, avrò un monologo. Se inoltre impedisco all’altra persona di andarsene, ne limito deliberatamente la libertà per costringerla a subire il mio monologo. Lo stesso vale per qualsiasi interazione, dal rapporto lavorativo al rapporto sessuale.
Un rapporto paritario ed equilibrato presuppone la capacità di riconoscere una forma di interazione e la capacità di ascoltare il consenso dato/negato. Suggerimento: NO significa proprio quello che indica, NO. In qualsiasi momento venga pronunciato. Nel dubbio, verificare con la persona interessata oppure, se non fosse possibile, presupporre il NO. Non dire SI significa NO. Cioè, se l’altra persona non può parlare, perché sta dormendo, perché imbavagliata o perché muta, non c’è consenso. Se l’altra persona ritira il consenso dato precedentemente, non c’è consenso. Se non conosciamo la posizione dell’altra persona, non c’è consenso. Presupporre un SI, perché nelle proprie corde per questioni di tradizione, cultura, ignoranza or whatever non vale: la presunzione non è consenso. Fin qui, nulla di difficile, giusto? Ci siamo?
Sento già il grido sdegnato “così limitate la mia libertà di espressione”. Ecco, se la tua espressione implica un’interazione con un’altra persona e non c’è consenso, è proprio il caso che tu ti autolimiti, a meno che tu non decida deliberatamente di abusare di una persona. Anche questo vale per ogni forma di interazione, ovviamente per reati penali (ad esempio lo stupro), ma anche per quelle forme di molestie e abusi che nella nostra società vengono tuttora banalizzate. Un esempio? Il Catcalling, fenomeno talmente ignorato in Italia che non ha nemmeno un termine tutto suo. Parliamo della libertà che si prende una grande fetta maschile della popolazione di fischiare dietro a donne per strada, di sentirsi liberi di esprimere frasi, versi, atteggiamenti e gesti che possono essere (e molto spesso lo sono) percepiti come intimidatori. Non importa l’intenzione di chi ha questi atteggiamenti, che sia per dimostrare la propria mascolinità, che sia per “scherzo”, abitudine o ignoranza. Importa invece la percezione di chi ne è destinataria, e se di questa percezione non siamo certi (e non possiamo esserlo), vale il NO di prima.
In realtà sarebbe molto semplice: tener conto delle volontà delle persone coinvolte. Ma finché così non sarà, il tema del consenso andrà discusso e ridiscusso in ogni ambito possibile. Con l’occasione vi segnalo il romanzo “Anatomia di uno scandalo” di Sarah Vaughan, sviluppato anche in una miniserie disponibile su Netflix.