Dal letame nascono i fiori
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Il lavoro dei Centri D’Ascolto Antiviolenza si basa sull’ascolto non giudicante. Negli anni sto facendo mia questa pratica. Ammetto: non è facile, siamo tuttə cresciutə con il giudizio, a partire da quello dei nostri genitori (“sei una brava bambina”), passando per il voto a scuola (“8,5”) e usandolo persino come strumento quotidiano per sentirci meglio giudicando consciamente o inconsciamente gli altri e le altre (“che cicciona”). Per quanto riguarda l’ascolto, quello vero e attivo, spesso ci manca proprio l’allenamento. Eppure, si possono trovare molte soddisfazioni a praticare l’ascolto non giudicante, sia nella propria vita privata che in quella professionale. La somma delle diversità, la loro complessità finisce per arricchire: mi porta ad interrogarmi sulle mie certezze, ad adottare altri punti di vista, a scartare o riconfermare i miei punti saldi. Infine, è proprio la pratica dell’ascolto non giudicante che mi permette di schierarmi con consapevolezza.
Certo che poi mi schiero ed espongo sui temi che mi stanno a cuore da anni, lo faccio anche qui in questa rubrica, no? Ma forse in questi ultimi mesi l’ho fatto con maggiore frequenza e intensità, complice la frustrazione per un cambiamento lento – anzi, lentissimo -, complice gli anni che sembrano mangiarsi la mia corazza fino a lasciarmi con una pelle sottilissima. Mi sono inequivocabilmente schierata anche in piazza, nelle istituzioni e associazioni, online e onlife. Ho cercato di portare la voce di chi spesso non ce l’ha o di chi semplicemente non viene ascoltata, perché invisibile. Ho sempre cercato di farlo ascoltando, dialogando, agendo i conflitti, e questo spesso ha creato un linguaggio comune e un agire condiviso. Altre volte, invece, mi sono trovata davanti all’essenza del patriarcato: uno schieramento compatto volto al mantenimento dello status quo, dove nessun dialogo è possibile, non c’è disponibilità a mettersi in gioco, nessun interesse ad andare oltre a degli slogan vuoti. In poche parole, mi sono trovata davanti alla risposta tipicamente patriarcale al rifiuto, al “no”, che consiste nell’intimidazione e nella sopraffazione. D’altronde, lo ha spiegato bene Michela Murgia nel suo libro “Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire più”, e io ne ho fatto tesoro.
L’intimazione al silenzio in tutte le sue infinite sfumature è una lapidare conferma del fatto che sto proprio mettendo il dito nella piaga, lì dove fa male e lì dove dovremmo impegnarci di più. Ho intenzione di continuare a farlo e confido di non farlo da sola, di trovare alleatə. Perché è vero che più ti esponi e più ti trovi a spalare letame, ma è altrettanto vero che “dal letame nascono i fiori”. Ne sono la prova le mie rigogliose Stelle di Natale!
Vi auguro buone Feste!