Society | antimilitarismo

“La pace non è solo l’assenza di guerra”

È possibile immaginare un paese senza esercito? Questa sera, allo Spazio 77, l’autore Riccardo Bottazzo racconterà quelli che già vivono e prosperano senza forze armate.
disarmati
Foto: Altreconomia

Parlare di stati senza esercito in un momento storico che vede la generale corsa al riarmo non è semplice, ma  il giornalista veneziano Riccardo Bottazzo ci prova, raccontando l’incredibile storia dei Paesi che “che vivono e prosperano senza fanti e carri armati”. Il suo ultimo libro "Disarmati - Paesi senza esercito ed altre strategie di pace" pubblicato da Altreconomia verrà presentato questa sera alle 18.30, presso lo Spazio Autogestito 77 di via Dalmazia, a Bolzano, e domani sera alle 20.00 a Trento, presso il Centro Sociale Bruno.

 

“L’ispirazione per questo libro è arrivata dopo una serie di viaggi – racconta Bottazzo a salto.bz –. Sono stato in Islanda nel periodo in cui in Europa ogni angolo era sorvegliato da polizia armata per l’allarme terrorismo islamico. Nonostante l’allerta, c’era un modo diverso di vivere e approcciarsi alla questione della sicurezza, frutto di una lunga tradizione pacifista. Ma sono stati i viaggi in America Latina che mi hanno fatto accendere una lanterna. Dopo una serie di colpi di stato e una sanguinosa guerra civile, il Costa Rica ha deciso, per Costituzione, di disfarsi delle Forze Armate. I pochi armamenti sono stati venduti e quanto guadagnato è stato investito in ambiente, istruzione e servizi. La ricostituzione dell’esercito non è in discussione, nemmeno nei partiti di estrema destra. Tutti sono convinti, ad ogni livello, che senza esercito si viva meglio. Ricordo che un tassista mi disse che se pago un contadino mi darà i prodotti della terra, ma se pago un soldato mi darà i suoi, ovvero la guerra. Nonostante le difficoltà, e ce ne sono, è un sollievo per i costaricani sapere che non ci debbano essere forze armate da mantenere”.

 

I 24 paesi che Bottazzo racconta, portano alle spalle un’esperienza diversa, ognuna delle quali merita di essere raccontata nella sua complessità: ci sono le isole Marshall, che non hanno eserciti per volontà di Paesi più potenti, altri, come la minuscola Nauru, perché al di fuori di qualsiasi scenario strategico e  talmente piccoli che non avrebbero spazio nemmeno per una base militare. Altri ancora, come Andorra, non hanno armamenti per tradizione, altri che questa tradizione l’hanno invece recuperata dopo la parentesi coloniale. “E poi ho voluto raccontare anche la particolare storia del Giappone – racconta il giornalista – che un esercito non dovrebbe avere per Costituzione ma invece ne possiede uno, che rappresenta una delle maggiori potenze militari al mondo. E questo per sottolineare come cambiano facilmente gli equilibri geopolitici: al termine della seconda guerra mondiale gli Stati Uniti proibirono la ricostituzione dell’armata giapponese, ma in seguito alla guerra fredda gli è stato imposto. Si chiamano Forze di Pace e avevano deciso, per mantenere un po' di coerenza, di non dotarsi di missili a lunga gittata, per definizione necessari ad attaccare. Ma con l’esacerbarsi della tensione con la Corea del Nord sta cambiando anche quest’aspetto.


La seconda parte del libro contiene una raccolta di interviste ad esponenti del mondo pacifista, con l'obiettivo di mettere in connessione il rapporto tra l’apparato delle forze armate con questioni di stretta attualità come i cambiamenti climatici, il diritto internazionale, le guerre, i bilanci statali, la libertà individuale, il femminismo e molto altro ancora. Strategie, volutamente plurale, per ripudiare la polarizzazione che sta dominando il dibattito pubblico e mettendo in crisi anche una parte del mondo pacifista: “Durante le presentazioni mi fanno una serie di domande, la più gettonata è come risolverei la guerra in Ucraina. Ecco io non ho queste risposte e non le voglio nemmeno avere, perché sono e rimango un giornalista – ribadisce Bottazzo –. Io mi sono limitato a raccontare la storia di questi 24 paesi e queste domande le ho invece rivolte a chi poteva affrontare la questione privilegiando un determinato aspetto e individuando dei possibili percorsi da intraprendere, tutti con le loro contraddizioni. Tra questi – suggerisce il giornalista – c’è sicuramente il dare più spazio alla diplomazia, per esempio, cosa che nessuno sta facendo. Va inoltre però definito, cos’ è questa fantomatica pace che vogliamo raggiungere. Ebbene la pace non è assenza di guerra, ma un mondo dove tutti possono vivere e prosperare, stare bene e avere giustizia sociale, in un ambiente salubre. Come raggiungerla? Ci sono tante strade – conclude l’autore – prendere in considerazione la complessità può permetterci di intraprendere quella giusta”.