Society | Zebra
Magdalena tra gli squali
Foto: Georg Hofer
Sin da quando ne ha memoria, la 32enne Magdalena Gschnitzer ha sempre avuto a cuore il nostro pianeta. Quest’anno, assieme all’organizzazione internazionale “Sea Shepherd” che si occupa della salvaguardia della fauna marina, ha trascorso sei mesi in America centrale, dove si è battuta per proteggere gli squali. Originaria della Val d’Isarco, l’ambientalista si descrive come una giramondo, che investe per preservare la bellezza della terra il più possibile intatta per le generazioni che verranno. Per fare questo però, ci vuole un po’ di follia.
Come è diventata un’attivista?
Magdalena Gschnitzer: Da tempo sentivo dentro di me una spinta a fare qualcosa di buono. Tutto è cambiato quando ho iniziato a fare immersioni. Sono diventata vegetariana dopo essere riuscita a liberare un pesce persico dalla rete in cui era rimasto intrappolato. Quando si aiuta un animale in difficoltà e lo si guarda negli occhi, tutto cambia all’improvviso. Oggi sono vegana e cerco di prendere le mie decisioni nuocendo il meno possibile agli animali, al pianeta e alle persone. Ha molto più senso cercare di vivere in armonia con la natura, piuttosto che opporsi ad essa.
Come mai ha deciso di sposare la campagna Operation Treasured Islands della Sea Shepherd, da gennaio a luglio di quest’anno?
Ogni anno vengono uccisi più di 100 milioni di squali, tra i quali anche moltissime specie protette in pericolo di estinzione. Questo avviene per via delle loro pinne, che vengono tagliate quando l’animale è ancora in vita. In America centrale ho documentato principalmente la pesca legale e illegale degli squali e, con l’aiuto di un drone, sono riuscita ad osservare ciò che accadeva a Puntarenas in Costa Rica. La cattura degli squali è molto più frequente di quanto si pensi e, per di più, avviene in un paese che si pubblicizza a livello mondiale come ecologico. La Costa Rica però non è la sola ad essere coinvolta. Le pinne di squalo vengono esportate in Asia, dove vengono servite sotto forma di un’insipida zuppa che arriva a costare fino a 100 dollari al piatto.
Avete collaborato con le autorità della Costa Rica?
Gli interessi politici ed economici hanno reso molto difficile una collaborazione con le autorità. Dato che la Costa Rica ricava molto denaro dal commercio di pinne di squalo, una vera cooperazione risultava impossibile e per questo ho agito soprattutto con l’ausilio di telecamere nascoste.
È riuscita ad avvicinarsi agli squali?
Certo, noi sub professionisti abbiamo nuotato con gli squali per poter riprendere il loro comportamento, mostrare la loro bellezza, ma anche per sottolineare come la pesca incontrollata influisca in maniera decisiva sulla loro esistenza.
Cosa succederebbe se dovessero estinguersi?
Se tutti gli squali morissero, moriremmo anche noi esseri umani. Gli squali infatti, stando in cima alla catena alimentare, si cibano degli animali morti e malati, tengono sotto controllo i banchi di pesci e fungono da “dottori” dei mari. Se dovessero scomparire si creerebbe uno squilibrio tale da portare alla diffusione delle zone morte nel mare.
Come si svolgeva una giornata tipo nelle acque dell’America centrale?
Normalmente iniziava alle 8 con una prima riunione. A bordo c’erano diversi turni, infatti anche la notte era necessario che qualcuno tenesse la barca sulla giusta rotta, controllando che non andasse alla deriva. Spesso abbiamo lavorato anche 24 ore di fila, mentre altri giorni capitava che ci fosse poco da fare, quindi pulivamo la barca.
Quale esperienza l’ha segnata di più?Sicuramente l’arresto da parte dei militari danesi e la prigionia sulle Isole Faroe, nel 2014.
Cosa le ha dato i brividi?
Durante questa campagna ho svolto parecchi compiti, tra cui responsabile dei media, fotografa, pilota dei droni, responsabile delle riprese subacquee e della postproduzione. Ciò che più mi ha dato i brividi è stato pilotare un drone, del valore di 2000 euro, mentre navigavamo a 15 nodi, per filmare la pesca illegale. Proprio nel mezzo dell’operazione, infatti, ho perso il segnale a ancora non so come sono riuscita a riportarlo a bordo. Anche agire sotto copertura mi ha recato non poca tensione.
Come vi siete cibati?
A bordo delle barche della Sea Shepherd si trasporta solamente cibo vegano, quindi il cuoco deve saper cucinare certi alimenti. Per un periodo sono stata la cuoca di bordo e ho cucinato Schlutzkrapfen, “Gulasch” con gli spatzle, lasagne e molto altro.
Fino ad oggi dove è stata in “missione“?
La mia prima campagna ha avuto luogo nel 2014, sulle isole Faroe, per salvare le balene pilota. Nel 2015 c’è stata la Seal Defense Campaign in Scozia, dopodiché ho pedalato tre mesi per più di 4.400 km, da Vancouver al confine messicano, per la mia campagna “Cycle for the ocean” per portare l’attenzione sulle problematiche degli oceani. Nello stesso anno c’è stata anche l’operazione Mare Nostrum nel Mediterraneo, durante la quale abbiamo tolto dal mare buste di plastica e reti fantasma. In seguito ho trascorso sei settimane a Taiji in Giappone, dove ho partecipato all’operazione Henkaku, con focus sui delfini. Con la Sea Shepherd e Ocean Quest, lo scorso anno, ho seguito il corso di formazione per curare le piante di corallo in Malesia, insegnando anche ai sub come piantarle. Dopo l’operazione Mare Nostrum II c’è stata la Treasured Island in America Centrale che mi ha portato in Costa Rica, Colombia, Panama, Messico e Ecuador per impedire la pesca degli squali.
Quale esperienza l’ha segnata di più?
Sicuramente l’arresto da parte dei militari danesi e la prigionia sulle Isole Faroe, nel 2014. Lì infatti, sebbene sia contro la normativa europea, è ancora permessa la caccia alle balene pilota. I momenti più belli invece, sono stati quelli in cui ho potuto liberare gli animali dalle reti che li imprigionavano che, dopo essere stati liberati, mi fissavano come se volessero ringraziarmi.
Che cosa la affascina degli animali?
Gli animali vivono in profonda armonia con la natura. Non hanno bisogno di chissà che per essere felici, mentre noi uomini spesso ci convinciamo del contrario. Gli animali si godono la vita ad un altro livello di coscienza. Il mio obiettivo sarebbe favorire questo legame con la natura anche da parte degli uomini.
Che cosa le colpisce di più del mare aperto?
La forza della natura è incredibile. A volte, mentre eravamo sulla barca, venivamo sbattuti da una parte all’altra. Sembrava di essere in una lavatrice. Altri giorni invece il mare era così calmo che ci si poteva persino specchiare. Di continuo arrivavano gruppi di delfini a salutarci, tartarughe e persino pesci volanti. Non si sa mai quale bellezza possa riservarti la natura, ma si impara presto a rispettarne anche la violenza.
Io desidero che le persone smettano di parlare delle cose brutte che accadono nel mondo e che comincino a fare qualcosa per evitarle. Cosa bisogna essere in grado di sopportare?
Cosa bisogna essere in grado di sopportare?
All’inizio avevo qualche problema con la forte oscillazione a bordo, ma poi sono arrivata persino a farmela piacere. Ho vissuto con 17 volontari*e in uno spazio molto stretto, tutti i giorni e tutte le ore. Ognuno di loro aveva una storia diversa, parlava un’altra lingua e aveva una propria personalità e, a volte, è stato difficile. Non c’è nessun tipo di privacy e non c’è la possibilità di andare a farsi una passeggiata. Malgrado fossimo tutti diversi però, siamo riusciti a lavorare bene.
Si è mai ritrovata in situazioni pericolose?
I bracconieri del mare non si concedono pause, quindi anche noi eravamo sempre in azione. Molte volte abbiamo compiuto azioni pericolose, sia in mare, sia a terra. Tentando di fermare la pesca illegale in alcuni paesi latinoamericani ci siamo imbattuti non solo nella mafia della pesca, ma anche nei narcotrafficanti. Molto spesso infatti le carcasse degli squali vengono utilizzate per contrabbandare la cocaina, così da confondere i cani antidroga.
Che cosa pensano di lei le altre persone?
L’opinione degli altri è molto importante, ma più importante ancora è che le persone comprendano il mio impegno, magari per poter cambiare anche il loro comportamento. Io so che molti sono profondamente toccati da ciò che accade nel mondo, ma purtroppo nulla cambia davvero finché non cambiano il modo di pensare e le abitudini. Citando Jane Goodall: “Se tutti perdiamo la speranza, la speranza scompare. Senza speranza cadiamo tutti in una profonda apatia. C’è ancora molto per cui vale la pena lottare.” La mancanza di partecipazione è pericolosa. Le persone sanno che dovrebbero cambiare le cose, ma non fanno nulla per farlo. Io voglio credere che sempre più persone si impegneranno per un futuro migliore, tuttavia so di non poter contare solamente sulla speranza. Non abbiamo più tempo, non basta più sperare. È tempo di agire.
Che cosa la motiva?
Sono molto felice quando le persone mi scrivono per dirmi che supportano ciò che faccio. È bello vedere come le persone cambino e come non facciano più tutte quelle cose che reputavano “normali” e “naturali”, guardando oltre l’apparenza. Mi rende molto felice quando sono i bambini ad impegnarsi per cambiare le cose. Un paio di anni fa il mio figlioccio ha deciso di diventare vegetariano. Ha preso questa decisione da solo, in autonomia. Sono felice che si stia confrontando con questo tema.
Come si guadagna da vivere?
Quando sono a casa nelle pause tra una campagna e l’altra, lavoro come cameriera per risparmiare per il prossimo progetto. Ho cambiato le mie priorità, quindi spendo soldi solo quando è veramente necessario e per cose di cui ho veramente bisogno.
Cosa la spinge ad andare avanti?
I miei compagni d’équipe, i miei nipoti, la mia famiglia e i miei amici. Quando porto avanti i miei progetti penso agli animali che posso salvare e proteggere, ma anche a tutti i bambini, che non potranno vedere la bellezza del mondo con i loro occhi. Una volta che queste specie sono estinte, è per sempre!
Dove si vede tra dieci anni?
Ho moltissimi progetti. Al momento sto pianificando un mio documentario e sono alla ricerca di sponsor. Tra dieci anni mi vedrei molto bene in una piccola capanna smarrita nel bosco e devo dire che il mio progetto attuale mi sta portando proprio in quella direzione.
L’opinione degli altri è molto importante, ma più importante ancora è che le persone comprendano il mio impegno, magari per poter cambiare anche il loro comportamento.
Che cosa desidera?
Vorrei anche che i politici affrontassero queste problematiche non solo nel periodo elettorale. Vorrei arrivare al cuore delle persone e far sì che qualcosa cambi. Vorrei che le buste di plastica, le cannucce e tutta questa robaccia appartenessero al passato. È ora di prenderci la responsabilità delle nostre azioni, senza continuare a incolpare il nostro vicino per ciò che non funziona.
Che contributo possiamo dare come singoli?
Separare i rifiuti, riutilizzare i materiali, diminuire l’utilizzo di plastica e imballaggi, cambiare la propria alimentazione, acquistare alimenti biologici e regionali, utilizzare i mezzi pubblici e la bicicletta, fare volontariato o donare, scrivere lettere di denuncia ai politici e molto altro ancora!
Quest’intervista è tratta dal numero di novembre 2017 del giornale di strada zebra.
Please login to write a comment!