Society | Il RACCONTO

Un ideale e l'autogestione del '75

All'interno della scuola più "politicizzata" del tempo, il Liceo Torricelli, la classe 4a C sognava un nuovo modo di fare lezione. Il racconto dell'autogestione del 1975.
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Foto: Liceo Torricelli YouTube

Febbraio, marzo e aprile sono stati mesi di grande fermento per molte scuole superiori italiane. In città come Milano e Bologna, durante le settimane precedenti alle vacanze di Pasqua di quest'anno, intere classi di studenti hanno deciso di occupare i propri istituti, richiamando l’attenzione su tematiche come la salute mentale, le disuguaglianze sociali ed economiche tra i propri coetanei e la continua ricerca del merito che, secondo gli occupanti, caratterizza il sistema scolastico italiano. Diversamente da quanto spesso accade in altre città del nostro Paese, a Bolzano non si assiste a questa forma di protesta da decenni e, a livello politico, non sono presenti neppure numerosi collettivi studenteschi né, tantomeno, universitari.
Dopo il racconto di una delle più grandi occupazioni avvenute nel capoluogo, precisamente al Liceo Scientifico Torricelli nel ’68, e i ricordi di quegli anni riassunti in un’intervista a Rosetta Infelise Fronza, ripercorriamo un altro grande evento ancora impresso nella memoria di alcuni bolzanini, che ha avuto come protagonisti gli studenti della classe IV C del Torricelli: l’autogestione dell’aprile 1975.

Ci riunimmo una domenica per scrivere un documento molto duro. Lunedì 7 aprile ’75 sarebbe iniziata la nostra autogestione. 

Qualche anno prima, nel ’73, avvenne il colpo di Stato in Cile. Un episodio che alcuni studenti del Liceo Scientifico presero come spunto per far nascere il progetto di controinformazione, mutato negli anni nel “centro d’informazione”, o comitato di lotta, come lo chiamarono loro. A differenza di altre scuole, però, il Torricelli non ebbe stretti legami con i partiti politici, ma non per questo fu meno politicizzato, anzi. “In quegli anni – racconta a Salto.bz Tiziano Andriolli, a lungo educatore a Bolzano e, al tempo, membro della classe IV C – quando scioperavano i movimenti operai era inevitabile che scioperassero anche gli studenti. Ci si guardava intorno e si prendeva posizione anche in merito alle tematiche extrascolastiche. C'era una sentita partecipazione agli sviluppi democratici del Paese”.

E così, da quella scuola lontana dal Centro cittadino e vicina ai quartieri più popolari del capoluogo, la classe di Andriolli sognava un nuovo modo di fare lezione in classe. Spinti da un ideale, quello per una scuola che avesse “un approccio più democratico al sapere e una didattica più moderna”, la IV C del ’75 ruppe gli schemi consolidati del sistema scolastico. “Ci riunimmo una domenica per scrivere un documento molto duro. Lunedì 7 aprile ’75 sarebbe iniziata la nostra autogestione”, racconta Tiziano Andriolli.

Lavori di gruppo, discussioni, tesine e approfondimenti. Desideravamo che la scuola avesse un approccio più democratico al sapere

Già da tempo sta maturando in noi una coscienza critica nei confronti della scuola, intesa come istituzione tendente a deresponsabilizzare l’individuo. Avendo capito come i contenuti, la metodologia e la selezione siano strumenti per riprodurre l’ideologia della società capitalista, abbiamo deciso di prendere posizione di chiaro rifiuto di tutto ciò.
Scrivevano così gli studenti della classe nel documento presentato ai propri docenti, utilizzando senza dubbio un linguaggio tipico di quella stagione: il lessico marxista.
Abbiamo quindi deciso di gestire le lezioni in maniera autonoma e che ci daremo un voto in base al livello minimo ottenuto dalla classe per ogni materia, voto che potrà essere alzato per i singoli, ma non assolutamente abbassato. Voto che gli studenti definivano come “arma di ritorsione e ricatto”.

“Il primo incontro con ogni insegnante si basò sul confronto. Trovammo alcuni professori disponibili al dialogo - tra cui risulta anche Rosetta Infelise Fronza - mentre da altri ricevemmo un rifiuto totale. Concretamente – continua Andriolli – l’autogestione si basava sulla creazione di lavori di gruppo, discussioni, tesine e approfondimenti. Desideravamo che la scuola avesse un approccio più democratico al sapere e prendesse in considerazione anche l’attualità, alla base ci doveva essere la formulazione di un nuovo rapporto tra studenti e insegnanti”.

Se mi pento di averlo fatto? Assolutamente no. Fu una cosa significativa che segnò molti di noi e molti altri giovani del periodo

“Devo ammettere che alcune posizioni espresse nel primo documento in seguito divennero più ponderate e meno istintive, come quelle legata ai voti. Come si è concluso l’anno? Siamo andati avanti con l'autogestione fino a giugno. Il nostro scrutinio fu il più lungo di quelli tenuti in quell’anno e 23 di noi furono rimandati a settembre di tre materie, gli unici in tutto il Liceo. I docenti di alcune materie, invece, ci resero partecipi nella discussione riguardo ai criteri di valutazione".
L’entusiasmo e la determinazione degli alunni di quella classe contagiò anche altri studenti e, per un periodo, si creò un’assemblea permanente durante l’orario didattico. “Scegliemmo di non iniziare un’occupazione della scuola, per non passare dalla parte dell’illegalità, però la nostra proposta si allargò, ricevendo attenzione dai media locali. Si mobilitarono numerosi studenti e docenti, e prese vita un’assemblea permanente durante la quale discutemmo di tematiche di attualità”. Quegli studenti, ribaltando il sistema scolastico, riuscirono a portare avanti una loro idea di scuola.
“Se mi pento di averlo fatto? Assolutamente no. Fu una cosa significativa che segnò molti di noi e molti altri giovani del periodo, che ancora oggi ricordano la nostra iniziativa con affetto. Noi ci credevamo e continuiamo a farlo tuttora”.