Non è un gioco
Una sala gioco è un luogo fuori dal tempo, dove non ci sono finestre né orologi. A scandire le ore che passano sono i suoni e le luci delle slot machine. Chi frequenta questo ambiente, solitamente, lo fa per due motivi: evadere da una quotidianità difficile o provare emozioni forti, legate alla possibilità di vincere. Il gioco però può diventare patologico.
I soldi “raccolti” dal gioco d’azzardo sono sempre di più: stando ai dati, in Italia, dal 2015 al 2019 l’ammontare delle puntate complessive dei giocatori è aumentato del 25 percento. Di pari passo, sono aumentati anche i soldi persi da parte dei giocatori. Paolo Bellettati, psicologo presso l’associazione Hands di Bolzano, afferma che “in Italia c’è una cultura legata all’azzardo e almeno l’80 percento della popolazione ne ha fatto esperienza. Sul totale dei giocatori pero, a sviluppare una patologia legata al gioco, è solo una piccola parte”. Bellettati evidenzia anche come “i giochi sono fatti apposta per far perdere il senso del limite, cosi che la persona rimanga a giocare più tempo possibile: il fine di questi giochi è il profitto, perlomeno per chi li produce e programma”. La sensazione che si prova stando di fronte a una slot machine è quella di sentirsi padroni del proprio destino. Il giocatore si abbandona ad uno schema, convinto di poterne controllare i risultati. Stefania Sepp, psicoterapeuta di Hands e parte dell’equipe dedicata all’azzardo, descrive il fenomeno della rincorsa della perdita, in cui “a fronte di una perdita di denaro scatta la necessita di giocare di nuovo per recuperare quanto perduto”. Un altro segnale di dipendenza, percepito da chi questo fenomeno lo vive personalmente, è la quantità di tempo dedicato alla giocata fisica, ma anche e soprattutto il tempo dedicato a pensare e rimuginare sulla prossima giocata.
Il debito
I campanelli d’allarme però non sono solo di tipo psicologico. Stefan Plaikner della Consulenza Debitori della Caritas racconta che uno dei segnali più visibili del problema è il sovraindebitamento. Questo avviene quando una persona arriva a giocare più soldi di quelli che possiede e si ritrova a non avere modo di pagare le bollette o l’affitto. “Il nostro supporto principale consiste nella salvaguardia della casa e delle spese per i bisogni primari” evidenzia Plaikner, ricordando l’episodio di un uomo che “si è giocato tutto lo stipendio in poche ore senza pagare l’affitto. Lui e la sua famiglia sarebbero stati sfrattati e quindi siamo intervenuti direttamente pagando la mensilità per lui”. Sanare il debito pero, non è sufficiente. Per questo la Consulenza Debitori fa parte della rete Azione Dipendenza Gioco della provincia di Bolzano, assieme a diverse realtà che mettono a disposizione le proprie competenze al fine di contrastare questo problema. Dal punto di vista pratico, Plaikner sottolinea che il compito della Consulenza Debitori è mettere la persona in condizione di proteggere i propri soldi dal gioco: “è necessario togliere al giocatore il bancomat, accordarsi con il datore di lavoro cosicché non possa chiedere acconti sullo stipendio, razionare i soldi che ha a disposizione togliendogli concretamente la possibilità di giocare”.
Comprendere e curare
Se si arriva al sovraindebitamento, la dipendenza da gioco è in fase avanzata. Come muoversi quando una persona mostra segni di dipendenza? Stefania Sepp dell’ambulatorio Hands afferma: “la prima cosa da fare è incontrare la persona, valutarsi (reciprocamente), dopodiché segue una diagnosi. Dobbiamo capire l’entità della problematica e le motivazioni che hanno portato la persona a perdere il controllo di fronte al gioco”. Fin dalla prima fase va, se possibile, coinvolta una persona di fiducia sui cui chi è in cura possa fare affidamento: nella prima fase, come affermato anche da Plaikner, c’è bisogno di una forma di controllo e di tutela sull’uso del denaro. Dopo questo primo passaggio, si decide se intraprendere un percorso di psicoterapia. A volte è necessario un periodo di isolamento al centro Bad Bachgart, dove i pazienti restano almeno otto settimane. Il percorso terapeutico è cucito addosso a ogni paziente e alle sue esigenze. All'ambulatorio Hands può arrivare il giocatore d’azzardo puro o quello che, assieme al gioco, soffre di altre dipendenze. Di fronte a casi con più dipendenze è necessario valutare qual è quella che innesca i comportamenti più pericolosi.
Giocatori e giocatrici
Nell’immaginario comune, il giocatore è uomo. “Dieci anni fa si diceva che su 10 giocatori una o due potevano essere donne” dice la dottoressa Sepp. “Allo stato attuale siamo quasi alla parità, con la differenza che una donna su 10 viene a chiedere aiuto”. È molto difficile, infatti, che una donna ammetta una dipendenza di questo tipo, a causa del maggiore stigma sociale. “Le donne cercano di cavarsela da sole” prosegue Sepp, “inoltre spesso hanno un passato di abusi psicologici e sessuali”. All'ambulatorio Hands è molto raro avere a che fare con minori con questo tipo di problema, anche se “sta iniziando ad arrivare qualche ragazzo sui 20 anni che intorno ai 16 anni ha iniziato con le scommesse o il poker, quindi online” racconta la dottoressa. La famiglia è fondamentale nel percorso di cura e riabilitazione della dipendenza da gioco, anche se “solitamente il familiare si accorge del problema quando ormai è quasi troppo tardi”, afferma Sepp. Col senno di poi, dirà che si era reso conto che qualcosa non andava, ma l’ultima cosa a cui si pensa è che il problema sia riconducibile al gioco. Per chi vive questa dipendenza, tenere in piedi un castello di menzogne di fronte alle persone più care costa insonnia e disturbi d’ansia. Sepp aggiunge che “la caratteristica generale di questa dipendenza è la negazione, la convinzione di poter controllare la situazione e infine di fare la grande vincita che risolve ogni problema”. La sofferenza c’è da entrambe le parti, sia per chi vive la dipendenza e sia per le persone care che devono capire come relazionarsi a questo problema.
Come il gioco diventa azzardo
Oltre alla suddivisione per sesso, età, polidipendenza ed eventuali patologie psichiatriche, generalmente i tipi di giocatore si suddividono in “giocatori per azione” o “giocatori per fuga”. I primi cercano l’adrenalina e la sfida (scommesse, giochi da casino), i secondi un’occasione per evadere dalle difficolta di tutti i giorni, ad esempio con le slot machine, che fanno entrare il giocatore in una vera e propria bolla. A far scattare la pericolosità del gioco, secondo Bellettati, sono due elementi: la velocita e il tempo che intercorre dal momento in cui si giocano dei soldi al momento in cui si conosce il risultato della giocata. “Pensiamo al lotto, passato da una giocata settimanale di tanti anni fa al “10 e lotto” di oggi, con un’estrazione automatica ogni cinque minuti. Questa accelerazione vale per tutti i tipi di gioco” afferma lo psicoterapeuta. La slot machine è un esempio perfetto di questo meccanismo. La lotteria tradizionale invece, dove si compra un biglietto oggi e si conosce il risultato dopo un mese, difficilmente causa dipendenza. Negli ultimi quattro anni l’online, dove si può trovare qualunque forma di azzardo, è cresciuto a livello di incassi del 70 percento. Per le persone più ai margini, sottolinea Bellettati, le sale scommesse sono molto attraenti: chi e senza dimora può accedervi, passare la giornata e fare piccole scommesse. “Negli ultimi anni, i luoghi dove giocare sono aumentati a vista d’occhio” ammette Sepp, “l’investimento è evidente”.
Il covid e il 2020
L’impatto del 2020 e delle restrizioni è stato violento sulla dipendenza da gioco d’azzardo. In Alto Adige, le sale gioco sono rimaste chiuse per sette mesi, con un crollo dell’azzardo su rete fisica. Molti giocatori sono stati costretti a smettere: “I nostri pazienti erano entusiasti della cosa e si rendevano conto del benessere ritrovato” evidenzia Bellettati, anche se questo è avvenuto solo per una minoranza. Gli altri, non appena si è riaperta la possibilità di giocare, hanno recuperato il tempo perso. Il 5 percento dei giocatori è passato all’online, mentre chi già aveva fatto esperienza di gioco virtuale non ha mai smesso. Visto il forte impatto economico della crisi sanitaria, alcuni hanno cercato di rifarsi una vita dopo aver perso il lavoro, giocando tutto ciò che avevano e finendo col perderlo. Anche alla Consulenza Debitori questo e stato evidente, sottolinea Plaikner: "Abbiamo dato molti aiuti economici,' il 30 percento in più”.
Quali prospettive?
Il gioco d’azzardo è monopolio dello Stato e causa dipendenza, un po’ come avviene per il tabacco. Lo Stato ci guadagna, ma allo stesso tempo il sistema sanitario nazionale si deve fare carico di chi di gioco si ammala. La dottoressa Sepp evidenza che “lo Stato ha bisogno di incassare questi soldi. L’indotto totale è paragonato ad una manovra finanziaria: lo scorso anno, nelle casse dello Stato sono entrati 10 miliardi di euro” e, conclude, “anche lo Stato è dipendente dal gioco d’azzardo”. In Alto Adige, afferma il dottor Bellettati, sono stati 666 milioni i soldi raccolti dall’azzardo. “Il dato è in linea con la media italiana, la giocata pro capite è di 1350 euro a testa” sottolinea lo psicoterapeuta. In provincia c’è stato un impegno politico, soprattutto da parte di alcuni comuni, che ha fatto sì che le slot machine fossero tolte dai bar o che le sale giochi venissero allontanate dal centro storico. Queste misure sembrano pero arrivate troppo tardi perché, nel mentre, la proliferazione dell’offerta era già avvenuta. Il 2020 ha messo parzialmente in pausa il problema, ma non lo ha risolto. Come prevenire il fenomeno? Secondo gli intervistati, la cosa più importante è parlarne, non in termini patologici o moralisti, ma quanto più possibile con chiarezza e leggerezza. Fondamentale, nel momento in cui la famiglia o la persona stessa sospetta di avere un problema, è parlarne con qualcuno e chiedere supporto. Non farlo sarebbe un azzardo.
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