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Politics | Avvenne domani

Il Lager come vicino di casa

La memoria negata e la memoria ritrovata. Affare complicato, ricordare, specie quando lo si declina in un angolo della terra come l’Alto Adige dove le memorie

Affare complicato questo della memoria, specie quando lo si declina in un angolo della terra come l’Alto Adige dove le memorie sono tante, non di rado aggrovigliate l’una all’altra in un viluppo inestricabile.

Accade così che quando il calendario, ormai stracolmo di ricorrenze, propone una giornata che alla memoria è intitolata e che, a Bolzano, segna la fine di un anno intero che avrebbe dovuto essere vissuto su questo tema, restino comunque da illuminare alcuni passaggi, da aprire certe pagine che qualcuno, ancora oggi probabilmente, vorrebbe restassero chiuse.

Proviamoci.

La prima suggestione, molto forte, arriva da uno dei disegni esposti in questi giorni e purtroppo solo fino al 31 gennaio alla Galleria Domenicani. È una mostra particolare. Al piano terra i drappi molto grandi disegnati dal polacco Marian Kolodziej, un sopravvissuto ai campi, sprofondano chi li osserva in un abisso di angoscia, di rapporto col male assoluto, di soppressione dei più elementari fattori di umanità. È il racconto per immagini di un oltraggio contro l’uomo.

Al piano interrato c’è la raccolta degli schizzi, annotati su un taccuino, da una giovane internata nel Lager di Bolzano. La veronese Aura Pasa annota frammenti di vita quotidiana all’interno del campo, il lavoro nei laboratori di sartoria, i contatti fugaci con chi arriva da altre zone del campo, la routine quotidiana con gli interminabili appelli nel cortile durante i quali, per ore, i prigionieri sono costretti a togliere e a rimettere il berretto sulla testa. C’è posto perfino, nei disegni, per qualche attimo di buonumore dietro il quale però l’orrore non smette di far capolino, se è vero che, come racconta Aura Pasa, un buon motivo per festeggiare era quello dovuto alla mancata partenza di un treno per la Germania. Uno di quei treni che, come i prigionieri di Bolzano avevano ben presto intuito, portavano verso nord un carico umano che non avrebbe più fatto ritorno.

C’è un disegno in particolare, tra quelli esposti, che mi ha colpito in maniera fortissima. Ci sono gli internati schierati nel cortile che assistono ad una funzione religiosa che, magnanimamente, i padroni del Lager hanno permesso ad un sacerdote di celebrare. Mentre ascoltano la messa, però, sentono i rumori della tortura cui viene sottoposto, dalle belve come Seifert e Titho, in una cella vicina un prigioniero.

La quasi normalità di un momento di preghiera e l’orrore assoluto della violenza più selvaggia distano solo poche decine di metri. Non riesco a non pensare, allora, al fatto che, appena al di là del muro e dei reticolati, non molto più lontani, c’erano, allora, le case, le strade, i negozi, i fabbricati agricoli nella campagna.

Il campo di Bolzano non era sepolto nel buio di una foresta polacca. Era parte di una città ed era un campo aperto, nel senso che alcuni prigionieri uscivano regolarmente per andare a lavorare, per sgombrare le macerie dei bombardamenti, per lavare le lenzuola negli ospedali militari.

Davanti agli occhi di tutti. E se all’esterno dei coraggiosi avevano creato una rete di sostegno e di supporto agli internati, non mancavano coloro che riuscivano a spingere il proprio odio vigliacco sino al punto di insultarli. Il fatto di ignorare quel che avveniva a poca distanza dalle proprie finestre era probabilmente allora una triste necessità di sopravvivenza. Un habitus mentale che si è prolungato, però, ben oltre il giorno dopo il quale di pericoli, nel dire di aver visto, di aver saputo, di ricordare, non sarebbe più stato un rischio.

Bolzano ha recuperato, grazie al lavoro preziosissimo svolto dall’Archivio Storico la propria memoria e la ricostruita in modo tale da essere diventato un esempio anche per altre comunità attraverso le quali è passato il demonio nello sterminio. Per molto tempo, però, con la memoria è stata soffocata, negata, demolita nella mente delle persone così come furono demolite le baracche del campo di via Resia.

Ancora la memoria.

L’altra sera al Centro Trevi, nel corso della semplice cerimonia con la quale è stata ufficializzata la donazione di un fondo librario costituito da oltre 700 volumi e trasferito dall’avvocato Arnaldo Loner alla Biblioteca Claudia Augusta, un fondo che raccoglie tutta l’inestimabile collezione di libri e documenti che il legale bolzanino, rappresentante di parte civile in nome del Comune di Bolzano del processo contro Michael Seifert, ha raccolto sul tema dello sterminio nazifascista, ha preso brevemente la parola anche l’ex sindaco di Bolzano Giovanni Salghetti Drioli.

Fu l’amministrazione da lui diretta a volere con forza la partecipazione attiva a quel processo, nato come diversi altri dalla scoperta dell’armadio della vergogna, nel quale erano contenuti i fascicoli, dimenticati anch’essi per decenni, sulle stragi nazifasciste perpetrate in Italia. Salghetti ha rievocato un clima politico che si riallaccia perfettamente a quell’operazione “notte e nebbia” che per decenni ha avvolto la memoria del Campo di via Resia. Ha ricordato come sia stato difficile superare le obiezioni di chi sosteneva che la città avrebbe dovuto tenersi fuori dalla vicenda giudiziaria, che erano fatti e avvenimenti lontani ormai nel tempo, opportunamente dimenticati, da non rievocare per non riaprire ferite dolorose. Fu difficile, ha detto l’ex sindaco, anche dare la dignità di monumento all’unico pezzetto di muro rimasto a ricordare il luogo di morte e di sofferenze.

La strada scelta, ha affermato con la consueta passione civile nella sua orazione Arnaldo Loner, è stata e dovrà essere anche in futuro quella di coltivare invece la memoria e magari di cominciare a capire perché essa fu così pervicacemente e duramente negata.

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Alberto Stenico Sat, 01/28/2023 - 14:09

Lo stesso Sindaco di Bolzano, Giovanni Salghetti, aveva rinominato piazza della vittoria, come PIAZZA DELLA PACE. Questo nuovo nome beneaugurante è stato poi rimosso per volere della grande maggioranza dei bolzanini. Correva l'anno 2002, relativamente vicino a noi. A Bolzano, una storia condivisa è ancora molto lontana, se mai arriverà.

Sat, 01/28/2023 - 14:09 Permalink
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Hartmuth Staffler Sat, 01/28/2023 - 21:12

Da die SVP in Bozen überhaupt nichts entscheiden kann, ist diese Behauptung natürlich nur ein Versuch, der deutschsprachigen Bevölkerung die Verantwortung für ein Fehlverhalten zuzuweisen, das ausschließlich von italienischen Parteien zu verantworten wäre, worauf man aber vergeblich hoffen wird. Die haben sich ja für die Erhaltung des faschistischen Siegesdenkmales und des Mussolini-Denkmales am Finanzamt ausgesprochen. Ich habe nie gehört, dass sich der PCI-Senator Bertoldi gegen das Mussolini-Denkmal ausgesprochen hätte. Das war auch für ihn heilig.

Sat, 01/28/2023 - 21:12 Permalink
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Josef Fulterer Sun, 01/29/2023 - 06:39

"Der Unfall von 2002 mit der Umbennung des Siegesplatzes als Friedensplatz," ist ein auch leidiges Beispiel dafür, wie sich Menschen zu mehr als fraglichem politischem Verhalten verleiten lassen.
"Auch im Lager Bozen war es nicht der Hitler selber, der die Insassen gequählt und für die Weiterleitung in die Todes-KZ ausgewählt hat."

Sun, 01/29/2023 - 06:39 Permalink
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Manfred Klotz Sun, 01/29/2023 - 08:08

Credo che la sua foga anti-tedesca le stia giocando un altro brutto scherzo. Stante le maggioranze in Consiglio comunale, la SVP non sarebbe mai stata in grado di decidere la demolizione del muro. Tuttavia le ricordo un aspetto molto più importante: dal 1960 al 1968 ciò che rimase del Lager era stato demolito per erigervi condomini per impiegati statali. La cancellazione della memoria ha quindi origini diverse.
Vero è che nei primi anni 2000, se ricordo bene, l'allora vicesindaco Ladinser criticò la (secondo lui) eccessiva attenzione creata attorno al muro del Lager di Bolzano (gestito da persone su diretto incarico del regime nazista,cioè Karl Friedrich Titho, già commandante del lager di Fossoli e Hans Haage) come tentativo di sviare l'attenzione dalla deleteria politica di assimilazione durante il fascismo. Ma questa affermazione di dubbio valore non implicava un tentativo di abbattere il muro.

Sun, 01/29/2023 - 08:08 Permalink
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Johannes A. Sun, 01/29/2023 - 21:57

Sarebbe una bella iniziativa di togliere tutti monumenti fascisti e nazisti che esistono tuttora nel Sustirolo (mettendoli in un museo) e rimpiazzarli con dei monumenti per i morti nei lager. Una vittoria simbolica contro il nazifascismo.

Temo che tantissimi italiani siano contrari e tale proposta e Mussolini che con le leggi razziali spianò la strada ai lager, saluta tuttora felice dal suo cavallo...

Sun, 01/29/2023 - 21:57 Permalink
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Johannes A. Sun, 01/29/2023 - 21:59

Forse lo sterminio degli ebrei da parte di Mussolini e Hitler?

Le leggi razziali non le hanno scritte a Berlino o Londra.

Sun, 01/29/2023 - 21:59 Permalink