Society | Ehrenzeichen
Aldo e la sua croce (al merito)
Foto: Youtube
A questo punto dovremmo stare zitti, perché non sta bene sperticarsi in lode degli amici. Invece, proprio perché gli siamo amici e conosciamo il suo percorso, è il caso di raccontarla, la storia di Aldo Mazza e di come sia arrivato a ottenere il prestigioso riconoscimento Ehrenzeichen des Landes Tirol.
Prima di arrivare in Alto Adige/Südtirol, quasi mezzo secolo fa, Aldo Mazza non sapeva nulla di questa terra, a differenza di altri che vi arrivano con in tasca l’analisi già bella e confezionata. Si trasferì qui da Salerno perché nella città dove abitava aveva conosciuto una ragazza sudtirolese, Ulli, che divenne sua moglie e madre dei loro quattro figli. Ci fu dunque una forte motivazione di natura affettiva alla base della sua scelta e di tutto ciò che essa comportava: inserirsi in un nuovo ambiente, dove si parla una lingua sconosciuta, dove le abitudini, i comportamenti, i riferimenti culturali sono diversi da quelli in cui si è vissuti.
Fra tanti segnali preoccupanti, ci piace interpretarla come un incoraggiamento, oltre che come riconoscimento. Il Tirolo ufficiale e quello “altro” non sono poi così distanti.
Aldo entra in un nuovo mondo, portandovi non poco del suo mondo. Sospendere il giudizio, chiedersi perché, fare dei passi verso l'altro furono le sue prime “buone pratiche”: da raccomandare ancora oggi a chi soffre di frettolosità nel giudizio. E questo è stato il suo impegno per così dire personale e privato, in famiglia, con gli amici, i conoscenti. Corrispondente a questo è l’impegno sociale e politico in un contesto, l’Alto Adige/ Südtirol degli anni Settanta, che spingeva nella direzione opposta a quella che Aldo voleva percorrere: la persona deve identificarsi con il gruppo e i gruppi devono stare separati. Come molti altri giovani di allora manifestò contro le “gabbie etniche”, profilandosi come uno dei rappresentanti più credibili dell’“l'altro Sudtirolo”. A differenza di molti compagni di strada però, Aldo fu tra i primi a capire che l'ideologia non basta. Non è sufficiente proclamare la convivenza per essere in grado di convivere su un piano di pari dignità con chi è diverso da te. Il contesto politico deve creare le condizioni adeguate; ma poi occorre l’impegno personale: prospettiva più faticosa e perciò non considerata o addirittura snobbata dagli antagonisti e dagli “altrovisti”, coloro che attribuiscono al sistema la responsabilità delle proprie insufficienze.
La pratica della convivenza o, se vogliamo usare un'espressione più enfatica, l'arte dello stare insieme tra persone di lingua e cultura diversa: ecco il campo nel quale Aldo ha speso le sue energie intellettuali.
La pratica della convivenza o, se vogliamo usare un'espressione più enfatica, l'arte dello stare insieme tra persone di lingua e cultura diversa: ecco il campo nel quale Aldo ha speso le sue energie intellettuali. Lo ha fatto come insegnante di italiano nelle scuole tedesche, poi come autore di libri e manuali didattici, poi come fondatore e direttore di alphabeta: scuola di lingue, agenzia di formazione insegnanti, casa editrice. Un percorso più che trentennale, lungo il quale ha trovato, motivato, raccolto e organizzato altre intelligenze, stimolando la ricerca e la produzione di studi sui temi imposti dalla pratica quotidiana: come si impara? come si insegna? cosa favorisce l'apprendimento? cosa lo scoraggia e lo impedisce? cosa fa scattare l’interesse e dunque la motivazione? come può lavorare il discente? di quali sussidi può servirsi?... La riflessione mette al centro un punto cruciale: una lingua non è solo un sistema di comunicazione; non basta conoscere parole e grammatica; non è solo questione di traduzione. Ogni lingua è portatrice di una cultura. E dunque non si apprende (e non si insegna) una lingua senza aprirsi a quella cultura.
Tutto questo patrimonio di idee e di pratiche è confluito in alphabeta, che ha dato a decine di migliaia di persone l'opportunità di avvicinarsi ad una lingua e a una cultura senza fastidio e noia, ma con piacere e entusiasmo.
Ogni lingua è portatrice di una cultura. E dunque non si apprende (e non si insegna) una lingua senza aprirsi a quella cultura.
Questa è l'opera per la quale la Landesregierung tirolese ha voluto assegnare ad Aldo il riconoscimento del Tiroler Adler. Facile immaginare che la segnalazione sia venuta da Bolzano e ciò ha una certa importanza, crediamo. Dieci anni fa, per non dire prima ancora, sarebbe stato impensabile. Il Tirolo ufficiale, a nord e a sud del Brennero, nel giorno della ricorrenza della fucilazione dell'eroe locale Andreas Hofer, con la sua coreografia di Schützen, bande musicali, bandiere biancorosse, gonfaloni carichi di medaglie; il Tirolo geloso custode della propria diversità, il Tirolo che spesso si comporta come se questa terra fosse fatta solo di tirolesi premia l'impegno di un intellettuale nato in Calabria, vissuto a Salerno, maturato nel confronto con l'Alto Adige/Südtirol. Si dirà che la decisione lascia il tempo che trova. Ma fra tanti segnali preoccupanti, ci piace interpretarla come un incoraggiamento, oltre che come riconoscimento. Il Tirolo ufficiale e quello “altro” non sono poi così distanti.
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Complimenti Aldo e
Complimenti Aldo ...e complimenti anche a chi a deciso di conferirgli questa onorificenza.