La storia infinita delle mascherine si arricchisce di un nuovo capitolo, ancora più paradossale se si pensa che riguarda due soggetti provinciali. Da una parte infatti ci sono le Terme di Merano, struttura posseduta pressoché interamente (quasi il 99%) dalla Provincia di Bolzano, e dall’altra il presidente della Provincia stessa, Arno Kompatscher. Ebbene, in merito all’utilizzo di protezioni delle vie respiratorie all’interno della struttura balneare, le versioni non potrebbero essere più discordanti e un chiarimento interno sarebbe oltremodo necessario. Ma andiamo con ordine.
Lo scorso 25 maggio le Terme di Merano riaprono il parco termale con le piscine esterne, mentre quelle interne così come le saune rimangono chiuse. Dai servizi televisivi del primo giorno si apprende che, contrariamente a tutte le linee guida finora diffuse a livello nazionale e provinciale, anche in acqua è obbligatorio indossare la mascherina in vicinanza di altre persone. Non solo: viene fuori anche che all’interno del parco termale si deve circolare con una mascherina vera e propria: le protezioni alternative, come foulard e scaldacollo, non sono consentite. Nei giorni successivi poi si aggiunge la notizia che alcuni negozi non fanno entrare le persone con lo scaldacollo. Per capirne di più abbiamo chiesto lumi direttamente al presidente provinciale Arno Kompatscher, estensore della legge provinciale dell’8 maggio che indica le misure antivirus da adottare in Alto Adige e che sono prevalenti rispetto alla normativa nazionale.
Presidente Kompatscher, alcuni esercizi commerciali e le Terme di Merano vietano l'accesso a chi porta uno scaldacollo: cosa dice al riguardo? Possono farlo?
“Come già detto, i cittadini possono coprire le proprie vie respiratorie anche con uno scaldacollo e non è quindi necessario l’utilizzo di una mascherina chirurgica in queste situazioni. Posso assicurarle che lo stesso vale per le Terme di Merano”.
A questo punto ci viene il dubbio che il servizio televisivo fosse errato o che il regolamento nel frattempo fosse cambiato. Allora per verificare come stanno le cose, abbiamo telefonato alla struttura termale meranese. Al cortese centralinista abbiamo chiesto: è vero che da voi non sono accettati gli scaldacollo come protezione per naso e bocca?
“Sì, è vero. L’ingresso al parco termale è consentito solo con mascherine. Gli scaldacollo non sono ammessi”.
Torniamo al Landeshauptmann.
Presidente, sempre le Terme di Merano impongono addirittura l'uso della mascherina in piscina: cosa dice al riguardo? Possono farlo?
“Voglio precisare che le Terme di Merano non impongono l’uso della mascherina in piscina. Per le piscine (anche quelle termali) valgono infatti le misure specifiche contenute nell’allegato A della legge provinciale 4/2020, che prevedono il distanziamento interpersonale e il contingentamento del numero di utenti, che devono indossare una protezione delle vie respiratorie solamente quando non possano tenere la distanza interpersonale di almeno 2 metri dagli altri avventori, seguendo esattamente lo stesso principio applicato in ogni altra situazione sociale. In ogni caso, tali protezioni delle vie respiratorie, per ragioni igieniche, vanno tolte prima di entrare in acqua”.
Kompatscher insomma non solo nega che sussista l’obbligo delle mascherine in piscina, ma addirittura impone di toglierle prima di entrare in acqua per ragioni igieniche.
Torniamo allora dal centralinista di Terme Merano: è vero che le mascherine vanno indossate anche in acqua?
“In acqua valgono le stesse regole di quando si sta sul prato: quindi se non c’è nessuno entro i due metri di distanza, la mascherina si può togliere, altrimenti in vicinanza di altre persone è obbligatorio indossarla. Se un ospite non ha una mascherina idonea per l’acqua, può comprarla da noi a 6 euro”.
Sembra evidente a questo punto la necessità di un chiarimento tra la dirigenza delle Terme di Merano e il proprietario della struttura, ossia la Provincia.
Al presidente provinciale abbiamo chiesto anche di chiarire un dubbio, sempre in merito alle mascherine. Nelle campagne informative della Provincia si continua a dire che scaldacollo e altri tessuti a trama fitta sono equivalenti alle mascherine come protezione di naso e bocca per i semplici cittadini. Però nell'ultima delibera di Giunta del 26 maggio si indicano solo le mascherine (chirurgiche o lavabili) come protezione delle vie respiratorie.
Presidente, non ritiene che sarebbe opportuno modificare le normative per adeguarle a quanto viene comunicato dalla Provincia tramite gli altri canali?
“La c.d. “fase 2”, in Alto Adige, è regolata in primo luogo dalla Legge Provinciale 4/2020. È questa, nello specifico, la normativa a cui mi riferivo in conferenza stampa. La legge prevede infatti che i cittadini indossino protezioni delle vie respiratorie in tutte le situazioni della vita sociale in cui non sia possibile mantenere dal prossimo una distanza interpersonale di almeno 2 metri, con la dovuta eccezione fatta per le persone tra loro conviventi. In questo senso, viene lasciata relativa autonomia ai cittadini nello scegliere la protezione che preferiscono (scaldacollo, mascherine artigianali, foulard, mascherine certificate…), a patto che sia in grado di coprire naso e bocca. Differente è il caso delle prescrizioni dirette alle attività economiche, che prevedono specifici dispositivi di protezione a seconda del rischio comportato dalle diverse attività. Credo quindi che i contenuti delle campagne informative dirette ai cittadini siano corretti”.
Prendiamo atto della risposta ma rimane il fatto che neanche nella legge provinciale dell’8 maggio (allegato A - Misure generali - punto I. 5) c’è traccia di scaldacollo e similari, ma si parla solo di mascherine, chirurgiche o lavabili. L’unico accenno a “protezione equivalenti” è collegato alle visiere protettive. C’è da sperare invece che si riferisca alle mascherine, e soprattutto che la pensino così anche gli addetti al controllo. Perché come sempre a fare fede non sono le parole dette ma quelle scritte.