“Il vero problema è la sovrapproduzione”
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Nel quadro del Green Deal europeo e del pacchetto sull’economia circolare, il settore tessile è considerato tra i peggiori per l’impatto ambientale lungo l’intero ciclo di vita del prodotto. Il Sudtirolo non fa eccezione. “In Alto Adige ogni anno circa 5.000 tonnellate di capi finiscono nel rifiuto residuo, senza che sia possibile distinguere chiaramente cosa sia ancora riutilizzabile e cosa invece sia materiale non recuperabile”, spiega Giulio Angelucci, direttore dell’ufficio gestione rifiuti della Provincia, intervenuto al convegno “Alte Kleidung? Idee nuove!” di ieri (14 novembre). “A queste si aggiungono 3.000 tonnellate raccolte separatamente: circa 2.000 dalla Caritas e circa 1.000 dai grandi Comuni, come Bolzano e Merano”, spiega l’esperto.
Le soluzioni che messe in campo partono dall’Unione europea. Come già analizzato da SALTO, con il recepimento della Direttiva UE 2018/851, l’Italia dovrà adottare un sistema di responsabilità estesa del produttore (EPR) per i rifiuti tessili, come avviene già per altre tipologie di rifiuti. Ma questo stistema, giudicato lodevole, potrebbe portare comunque a delle storture. “Se anche ciò che oggi viene consegnato al no-profit dovesse essere ricondotto nella categoria dei rifiuti, finirebbe in impianti spesso situati fuori regione, con il rischio di indebolire sistemi locali efficienti e radicati. Su questo è la politica locale che deve intervenire”, spiega Angelucci.
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Dobbiamo consumare di meno
Secondo l’esperto, il vero nodo della questione è la sovraproduzione: oggi il settore tessile utilizza 97% di fibre vergini per produrre nuovi capi e solo il 3% di fibre riciclate, di cui appena l’1% proviene dal riciclo di abiti usati. “Anche un lieve aumento del riciclo sarebbe inutile se, allo stesso tempo, raddoppiano le quantità prodotte e immesse sul mercato”, spiega Angelucci.
Il cambio che va fatto parte, infatti, da una riflessione culturale. Secondo Angelucci non basta insegnare tecniche di riciclo, occorre ripensare i valori che guidano il consumo: “L’idea che serve sempre un vestito nuovo è profondamente radicata e alimentata da piattaforme e modalità di acquisto digitali che spingono all’acquisto immediato, se non smontiamo questo concetto la situazione non migliorerà”.
“Serve valorizzare strumenti come i mercatini di scambio, dove le persone tornano a incontrarsi e attribuire valore agli oggetti al di fuori delle logiche del mercato”
La soluzione più efficace è quella di riutilizzare i vestiti che già possediamo a livello locale. “Serve valorizzare strumenti come i mercatini di scambio, dove le persone tornano a incontrarsi e attribuire valore agli oggetti al di fuori delle logiche del mercato”, spiega Angelucci. E le piattaforme di vendita dell'usato online come la celebre Vinted? “Rappresentano un contributo positivo sul fronte del riuso, ma sono comunque sistemi regolati dal mercato e con impatti ambientali legati al trasporto”, aggiunge.
Nel frattempo, fenomeno come l'avvento del vintage “di lusso” e il boom del fast fashion stanno modificando anche la qualità dell’usato disponibile. “Un esempio arriva dal mercato della Montagnola di Bologna, oggi molto ridimensionato rispetto al passato. I commercianti raccontano come facciano fatica a competere con i prezzi stracciati del fast fashion: se una camicia nuova costa 15 euro, è difficile vendere una camicia usata, anche se di seta, allo stesso prezzo. Nel frattempo, la qualità dei capi immessi sul mercato peggiora e, di conseguenza, peggiora anche quella dell’usato”, conclude Angelucci.
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“Alte Kleidung? Idee neue!”
Ieri a Bolzano si è tenuto il convegno “Alte Kleidung? Idee neue!”, dedicato alle sfide della transizione tessile in Alto Adige. Durante l'evento è stato affrontato l’impatto ambientale della moda, la gestione degli abiti usati e le opportunità del riuso locale, in un momento in cui la sospensione della raccolta gratuita da parte di Caritas rende il tema ancora più urgente. Esperte ed esperti analizzano il quadro globale e le ricadute locali, invitando a ripensare il valore dei vestiti attraverso scambio, riparazione e consumo più consapevole.
Foto: SALTO -
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