Gesellschaft | Violenza di genere

“Dalla manager all'operaia”

"Il nostro è un luogo di riferimento pubblico, è il centro antiviolenza, dove le donne possono trovare consulenza psicosociale e legale gratuite" Le operatrici del centro antiviolenza GEA di Bolzano raccontano il sostegno alle donne nel nostro territorio.
violenza di genere gea
Foto: Seehauserfoto
  • La violenza di genere non è un emergenza, ma un fenomeno strutturale che colpisce anche il nostro territorio, come dimostra l'aumento di denunce in questo ambito. La cooperativa GEA è nata come associazione nel 1999 e da allora gestisce il servizio Casa delle Donne. Due operatrici hanno raccontato come avviene l'accoglienza e che tipo di supporto viene offerto a chi contatta il centro antiviolenza. 

    SALTO: A livello locale si assiste ad un aumento delle denunce legate al fenomeno della violenza di genere. È anche un aumento della casistica?

    Operatrici GEA: La denuncia è la punta dell'Iceberg. Più di che aumento dei casi è un aumento di consapevolezza da parte delle donne. Negli anni l'opinione pubblica è diventata molto più sensibile e ci sono tanti servizi collegati all'aiuto delle donne, che sono più in grado di riconoscere la violenza. Lo vediamo anche qui al centro e le colleghe che lavorano negli altri centri in provincia ci riportano le stesse cose. 

  • I dati raccolti da GEA sulle forme di violenza subite da chi si rivolge al centro. Foto: GEA

    Quali casi vi trovate ad affrontare più frequentemente come centro antiviolenza?

    Principalmente si tratta di situazioni di violenza domestica. Quasi la totalità delle donne subisce violenza psicologica, in combinazione a violenza economica, sessuale, fisica e le altre forme. Ultimamente abbiamo assistito ad un aumento dei casi di stalking che emergono nel momento in cui la donna decide di lasciare l'uomo o comunque quando lui sente che sta perdendo il controllo. 

    A livello numerico, quante persone si rivolgono al centro antiviolenza?

    Da gennaio sono circa 115 le donne che si sono rivolte per la prima volta al nostro centro, è molto di più rispetto all'anno scorso, quando le nuove consulenze sono state in totale 225 e circa in 120 hanno proseguito il percorso. 

    “Le donne, se non sono adeguatamente accompagnate ed informate, a fare quello che probabilmente faremmo tutti: quando hai paura di qualcosa cerchi di fare poco o niente, sperando che la situazione si plachi da sola. ”.

    Che tipo di servizi offrite alle donne che si rivolgono al vostro centro?

    Il nostro è un luogo di riferimento pubblico, è il centro antiviolenza, dove le donne possono trovare consulenza psicosociale e legale gratuite. Ci possono anche essere situazioni in cui la donna ha anche bisogno dell’accoglienza nella struttura protetta. 

     

  • Una delle sale di consulenza all'interno del centro antiviolenza Foto: Seehauserfoto
  • Come si procede in questo caso?

    Ci sono due tipi di accoglienze, una è quella d'emergenza, che capita molto spesso nell'ultimo periodo. Si tratta di donne che vengono qui, a bussare alla porta del centro Gea con le valigie, pronte per essere accolte. Scappano da situazioni gravi, capita che arrivino anche con le ciabatte, due o tre bambini appresso, con veramente le cose minime, lo stretto indispensabile. Ci sono anche casi di donne che seguiamo in consulenza che esprimono o vengono informate della possibilità di essere accolte in una struttura protetta perché in una situazione di pericolo, in quel caso l’accoglienza viene programmata. 

    Che disponibilità ha la struttura?

    La casa delle donne di Bolzano dispone di sei unità abitative, che è molto poco rispetto al bacino d'utenza che ha Bolzano e infatti molto spesso la struttura è al completo. In questo preciso istante, negli ultimi dieci giorni, tutte le altre case sono occupate, non c'è un posto libero, e quindi ricorriamo alla soluzione di un albergo. Abbiamo creato i nostri contatti e per fortuna la maggior parte delle volte le strutture che conosciamo hanno disponibilità, ma non è sempre così. Nei periodi di grande affluenza turistica, come adesso, abbiamo avuto difficoltà a trovare posti disponibili, abbiamo fatto due o tre telefonate e si parla di prezzi assurdi.

    “Sì ma è il papà dei bambini, sì ma dai siete una bella famiglia”… sono frasi che scoraggiano molte donne dal chiedere aiuto.

    Avete anche uno sportello telefonico con un numero verde sempre attivo. Quante telefonate ricevete?

    È inquantificabile, tantissime. Bisogna considerare che non si tratta sempre di nuovi contatti, accompagniamo per telefono tante situazioni e seguire una donna vuol dire anche farlo nel tempo, dando la possibilità di avere sempre un luogo in cui poter ricevere risposta ed aiuto. 

    Quanto dura un percorso?

    Fino a qualche anno fa i progetti si chiudevano dopo 3, 4, 5 volte, adesso le tempistiche si sono allungate, le esigenze si sono anche trasformate.

  • L'ingresso del centro antiviolenza. Foto: Seehauserfoto
  • Come leggete l’evoluzione di questo fenomeno?

    Essendo percorsi molto complessi, le donne sentono il bisogno di un confronto, di non stare da sole, perché purtroppo una situazione di violenza non termina quando esci dal rapporto violento, anzi, può succedere che le situazioni si complichino e diventino più pericolose. Agire in un modo tutelante diventa fondamentale e spesso la paura porta le donne, se non sono adeguatamente accompagnate ed informate, a fare quello che probabilmente faremmo tutti: quando hai paura di qualcosa cerchi di fare poco o niente, sperando che la situazione si plachi da sola. 

    In che modo diventa più pericolosa?

    Se inizi a sfuggire da questo potere e controllo è da prevedere che aumenti la pericolosità e che l’uomo metta in atto delle strategie nuove. Capita anche che il maltrattante si mostri cambiato, che dica “Vado da un psicologo, ho capito di aver sbagliato, mi dispiace, so di averti fatto tanto male, io senza di te non posso vivere”. Capita che sentendo queste frasi si scelga di rimanere perché si pensa di vedere il cambiamento che si sperava, ma, non appena si torna nel rapporto, si rientra nella stessa dinamica e tornano le violenze. A questo servono i percorsi, ad aiutare le donne in questi momenti di bisogno e fare sentire loro di non essere da sole. Spesso la violenza di genere comporta delle forme di isolamento, fa parte della dinamica: più tu rimani da sola più io ho il controllo sulla tua vita. Se io mi sento sola, non ho a chi appoggiarmi, devo ricostruire tutto. 

    “Anche la provenienza da un alto ceto sociale genera forti pregiudizi, più volte le donne che subiscono violenza in questi contesti hanno la grande paura che nessuno le crederà”.

    Si parla spesso della violenza di genere come di un fenomeno trasversale, che tocca chiunque, ogni tipo di donna, a prescindere dall'età, dalla provenienza, dal ceto sociale. Lo riscontrate nel vostro servizio?

    È proprio così, la cultura della violenza è un fenomeno trasversale, lo riscontriamo da anni. Abbiamo avuto in accoglienza ragazze giovanissime come donne di 80 anni, abbiamo lavorato con donne manager, avvocate, operaie, donne analfabete. È chiaro che spesso chi proviene da altre culture ha meno risorse, con queste persone si fa un lavoro diverso. Ma, al contrario di quanto si potrebbe pensare, anche la provenienza da un alto ceto sociale genera forti pregiudizi. Più volte le donne che subiscono violenza in questi contesti hanno la grande paura che nessuno le crederà. Si pensa che una donna che subisce violenza sia un certo tipo di donna, e che il maltrattante sia un certo tipo di uomo, immaginarsi un uomo violento pensando a un personaggio pubblico che è anche conosciuto a livello sociale, che ha un lavoro importante, che magari ha un certo potere economico, ci viene forse un po' difficile.

  • I dati del centro antiviolenza su come le donne vengono a conoscenza del sevizio. Foto: GEA

    Secondo i dati forniti dalle forze dell’ordine, a livello locale il fenomeno dello stalking è sempre più diffuso. Come valutate questa forma di violenza? 

    Lo stalking è molto particolare perché dà la sensazione di non essere più al sicuro in nessun luogo della tua vita, né all'interno della casa, né fuori, né davanti al lavoro. Con lo stalking la valutazione del rischio è spesso molto alta, perché in molti casi precede i femminicidi. Diventa tutto estremamente faticoso, anche perché una situazione di stalking può durare molto tempo, anche due anni. Va detto che una volta le tutele erano limitate, anche perché non esisteva la legge contro lo stalking. Adesso invece le protezioni che vengono date sono molto funzionali. Il divieto di avvicinamento, il divieto di contatto, soprattutto il braccialetto, danno la sensazione di più sicurezza.

    Quando una donna vi chiama per raccontarvi che sta subendo questo tipo di violenza, come affrontare la situazione? 

    Prima di tutto chiediamo se la donna ha già avuto contatti con le forze dell'ordine, poi facciamo una valutazione del rischio. 

  • Uno degli spazi all'interno del centro antiviolenza. Foto: Seehauserfoto
  • In che cosa consiste? 

    Si tratta di una serie di domande in cui si chiede alla donna quando e quanto spesso ha visto il maltrattante, quante volte le scrive, come le scrive, se è minaccioso, se ha possesso di un'arma, se è stato violento con i bambini, con gli animali domestici. Queste domande ci permettono di fare una valutazione sul tipo di rischio che la donna corre. 

    Che tipologia di rischio è più frequente? 

    Di tutto, ma ultimamente ci sono capitate diverse situazioni ad altissimo rischio. Lavoriamo da tanti anni in questo ambito, rispettivamente da 20 e da 25, non siamo operatrici che sono alle prime armi. Ogni giorno pensi di averle sentite tutte, eppure tutti i giorni ti stupisci.

    Se parliamo di prevenzione, quali sono, secondo voi, le misure da adottare?

    Questi fenomeni nascono da dinamiche profondamente radicate nella nostra società. Quando parliamo di violenza di genere non possiamo non parlare di pregiudizi e di quanto questi rendano difficile per la donna stessa riconoscere la situazione di violenza. Tutto inizia con una coppia che si conosce, che si innamora, solo pian piano emergono gli atti violenti, un uomo violento non è riconoscibile perché ha un punto nero sulla faccia. 

  • Foto: GEA

    Di che tipo di pregiudizi parliamo?

    Ancora oggi le donne si sentono in colpa a causa dei messaggi tra le righe che vengono dati dagli stessi media. Anche nei casi di femminicidio, che sono le situazioni più estreme, viene data tanta rilevanza alle giustificazioni dell’autore del reato. Lo si sente ancora nelle risposte che le donne ricevono dall'amica o dalla cerchia di conoscenti: “sì ma è il papà dei bambini, sì ma dai siete una bella famiglia”… sono frasi che scoraggiano molte donne dal chiedere aiuto, anche perché una donna in una situazione di violenza raramente parla in modo chiaro di quanto le succede; magari lancia dei “sassolini”, degli indizi, e le risposte che riceve o le rendono più facile intraprendere un percorso o lo rendono molto difficile.

    È possibile uscirne? 

    Certamente, tantissime donne ci riescono. Sopravvivere ad una situazione di violenza vuol dire avere delle risorse interne molto importanti. Abbiamo visto molte donne rinascere e ritrovare loro stesse. Noi teniamo molto all'autodeterminazione, l’approccio secondo cui è la donna che decide cosa fare, se rientrare a casa, se denunciare, se dare un'altra possibilità. Essere comunque state in un centro antiviolenza, avere fatto un percorso di fuori uscita dalla violenza permette di avere nuovi strumenti per difendersi. Le donne che escono da qui sanno che, a prescindere dalle scelte, hanno comunque un posto che dà sempre la possibilità di cambiare e chiedere aiuto.

  • Il Centro d'Ascolto Antiviolenza GEA

    Il Centro d'Ascolto Antiviolenza è un luogo sicuro e gratuito, aperto a tutte le donne, dove puoi venire se subisci o hai subito violenza da tuo marito, dal tuo compagno, da un familiare, da amici, sul posto di lavoro, dove studi o per strada.  Troverai ascolto, sostegno e accoglienza senza essere giudicata. Potrai parlare liberamente di ciò che stai vivendo, anche senza dire il tuo nome. Avrai anche la possibilità di parlare con un’avvocata e avere informazioni sui servizi del territorio che ti possono aiutare.

    Il Centro si trova a Bolzano, in via del Ronco 21 (zona Europa).

    Numero verde gratuito:  800276433

    Gli orari di apertura del Centro d’Ascolto Antiviolenza sono i seguenti:

    Lunedì                 08.30 – 15.30

    Martedì               08.30 – 17.30                   

    Mercoledì          12.30 – 17.30

    Giovedì                13.00 – 18.00

    Venerdì               08.30 – 12.30