Storicamente parlando
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Durante quasi tutta la campagna elettorale Kamala Harris ha evitato di puntare sul fatto di essere una donna e sul fatto di essere una donna nera di origine indiana. Ma la scelta del suo quartier generale per martedì sera (il luogo dove attenderà i risultati elettorali) indica che ha ben presente il momento storico che sta affrontando. La candidata e tutto il suo team saranno a Howard University, una delle 101 università “storicamente afro-americane” - nate con lo scopo di servire le comunità afro-americane e rimaste per la maggior parte legate a queste comunità. Laurearsi in uno degli Historically black colleges and universities (HBCU) è fonte di orgoglio per molti Afroamericani e la scelta di Harris, che ha completato il bachelor a Howard nel 1986, indica l’importanza che dà alla sua Alma Mater e l’intenzione di mostrarsi al mondo in un luogo storico della comunità nera americana.
A un paio di giorni dal voto il vasto campus, nella zona nord ovest di Washington, si sta preparando al grande giorno; molte strade sono chiuse, pochi gli studenti in giro: le lezioni questa settimana sono online o cancellate (senza una data certa per la ripresa: nessuno può dire quando il risultato finale sarà effettivamente proclamato). Tutto intorno molti cantieri: nuovi edifici dell’università e molti nuovi palazzi: la zona dell’università, tradizionalmente nera, sta subendo come molti altri quartieri di Washington una feroce gentrificazione, con condomini di lusso che spuntano come funghi.
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Nella libreria del campus e lungo le vie che portano agli edifici storici dell’università i volti degli alunni più famosi salutano i passanti: il compianto Chadwick Boseman (il Black Panther dei film della Marvel, morto purtroppo giovanissimo) e l’attrice Taraji P. Henson; la scrittrice e Premio Nobel Toni Morrison; mentre le parole di Barack Obama e di Oprah Winfrey durante i loro discorsi ai laureandi appaiono tra i libri di Barnes & Nobles, per non dimenticare che, anche senza un laurea a Howard, sono due stelle del suo stesso firmamento.
Anche per la città sarà un momento storico, almeno a sentire la sindaca Muriel Bowser. La sera delle elezioni presidenziali la capitale è solitamente ignorata dai candidati alla presidenza, che attendono i risultati nelle loro circoscrizioni. Inoltre, Washington è un baluardo democratico e quindi, nel sistema che premia gli stati in bilico con decine di visite dei candidati e milioni di dollari di pubblicità elettorale, viene di solito lasciata in pace durante tutta la campagna - il suo momento arriva il 20 gennaio, il giorno dell’inaugurazione.
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Che Kamala Harris abbia scelto di rimanere in città è quindi già di per sé speciale - l’ultimo ad averlo fatto era stato Richard Nixon più di 50 anni fa - chiudendosi però in un hotel (e lo diciamo solo per dovere di cronaca, tralasciando qualsiasi impossibile parallelismo).
Kamala ha invece scelto non solo Washington ma un luogo simbolo come Howard in una città ancora molto divisa etnicamente. Una scelta che prova una ovvietà che la candidata non ha voluto rimarcare troppo in campagna elettorale: che la sua elezione sarebbe storica per le donne e per le comunità di colore di questo Paese e che per questo serve un luogo capace di riconoscerne la portata, sia per chi questa storia la conosce e l’ha vissuta sulla propria pelle, subendo spesso ingiustizie inenarrabili; sia per chi questa storia non la conosce o non la vuole vedere - quasi non fosse più rilevante che mai.
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