Che bel reportage, grazie…
Che bel reportage, grazie Simonetta
Alcune cose per fortuna non sono cambiate. I colori dell’autunno, ad esempio: le foglie di migliaia di alberi di un giallo intenso o un rosso vivido, sotto un cielo blu che sta regalando giornate autunnali di una bellezza commovente. Le case addobbate per Halloween, che qui era una cosa seria anche prima di diventare l’ennesimo festival del consumismo. Il calore e l’affetto dei vicini di casa che ritrovo e con i quali le conversazioni riprendono esattamente dove le avevamo lasciate sei anni fa, con tutta la facilità con la quale si fa conversazione con gli americani e con la confidenza che si sviluppa quando chi ti vive a fianco diventa la famiglia che in molti casi è da tutt’altra parte di questo immenso Paese.
Insieme ricordiamo lo shock della vittoria di Trump del 2016, inaspettata e quindi ancora più dolorosa, e le giornate passate a cercare di comprendere le ragioni dietro a un voto così in disaccordo con le fondamentali basi del credo americano. Ora la paura è palpabile, la preparazione al peggio visibile, e la ricerca di comprensione scomparsa. Resta il timore di un cambio di direzione radicale: non si tratta di quattro anni di Trump (ai primi quattro in fondo siamo sopravvissuti) ma di uno scossone forse irreversibile alla democrazia. E ora che anche il giornale di riferimento della città si rifiuta di dichiarare il sostegno per Kamala, dove finiremo? Due cari amici giornalisti sono fra i pochi che si sono rifiutati di cancellare l’abbonamento al Washington Post - il problema è che anche chi lo ha fatto (più di 250mila hanno già disdetto) difficilmente farà a meno dell’abbonamento a Amazon Prime, l’unica cosa che forse potrebbe dare davvero fastidio a Jeff Bezos che con i soldi della grande catena di distribuzione si è comprato il simbolo del giornalismo americano e che ora si rifiuta di indispettire Trump con un endorsement per Kamala.
Il sostegno di un giornale per quanto prestigioso come il Post non avrebbe comunque cambiato le sorti delle elezioni. Ma è l’ennesimo segnale di cambiamenti radicali in atto che hanno puntellato questa stagione elettorale, che forse sfocerà in una lunga stagione di risultati elettorali e di ricorsi elettorali… in città ci si prepara come si può, organizzando serate per seguire in diretta i risultati, pur sapendo che forse ci vorranno giorni per sapere come andrà a finire… Un amico racconta che nel suo ufficio raccomandano comprensione per gli impiegati che avranno difficoltà ad accettare i risultati - o troppa ansia in attesa di conoscerli. Un altro amico chiede a cena chi teme violenza, qui a Washington o in giro per gli USA - e la maggioranza (che era in città il giorno dell’assalto al Campidoglio) lo da per scontato. Chi ha vissuto sotto regimi autoritari si chiede come sia possibile che questo sia diventato un argomento di conversazione normale anche qui: la certezza che Trump contesterà qualsiasi risultato a lui non favorevole. Un gruppo di chiese metodiste organizza una vigilia a lume di candela lunedì, garantisce una chiesa aperta alla preghiera martedì, e un communal service of hope mercoledì. Forse non saranno le elezioni più importanti della storia del Paese ma no, non sono elezioni normali.
Tutte le analisi e i sondaggi sottolineano quella che è già una variabile molto distinta di questa tornata elettorale: il più significativo scarto di voto tra uomini e donne nella storia delle elezioni americane. Trenta punti percentuali di differenza, che diventano 43 se al gender si somma il college degree. Le donne stanno anche votando in massa in questo periodo di early voting - negli stati ancora contesi le donne sorpassano gli uomini di 10 punti percentuali. Potrebbe essere un buon segno per i democratici - ma in realtà sono talmente tante le variabili da tenere in considerazione che è difficile avere certezze.
Kamala Harris non ha puntato sulla prima donna presidente come messaggio principale della sua campagna. Ma potrebbero essere proprio le donne ad farla arrivare li.
O almeno così abbiamo potuto sognare per qualche ora sabato scorso, insieme a migliaia di donne chiamate a Washington dalle organizzatrici del Women’s March, che a gennaio 2017, subito dopo la vittoria di Trump, riempì le strade della capitale. Questa volta hanno radunato un folla non immensa ma molto colorata e gioiosa, che con molta determinazione, molto humor, e molta partecipazione di gatti, ormai diventati un simbolo onnipresente della campagna, ha lanciato un messaggio molto chiaro: We won’t go back. Non torniamo indietro. Non torniamo indietro sull’aborto e sui nostri diritti.
Messaggio forte e chiaro, con la speranza che, nel segreto dell’urna, tutte le donne d’America lo inviino a Donald Trump - whether he likes it or not, che gli piaccia o meno.
Sono arrivata a Washington una settimana prima delle elezioni, e tutti gli amici e conoscenti avevano già votato - insieme a 75 milioni di elettori americani. Votare in anticipo di persona o via posta è una tradizione americana praticamente da sempre - un sistema, quello dell’early voting, nato per facilitare soldati e contadini che non solo ha resistito al tempo (con regole molto diverse fra i diversi stati) ma è stato rinvigorito nel 2020 dalla pandemia che lo ha consacrato a forma preferita di voto per milioni di persone - forse in maniera permanente. Occorre ricordare che qui si vota sempre il martedì: ricordo colleghi frustrati che passavano molte ore prima o dopo il lavoro in fila per votare.
Quello che nel 2020 è stata una necessità dettata dall’emergenza media nel 2024 è diventata quindi una comodità ovvia, offerta (sempre con alcune differenze) praticamente da tutti gli stati: soltanto in New Hampshire, Mississippi e Alabama non si può. La flessibilità di poter votare senza folla, nella giornata più comoda, o di farlo per posta (ricevendo in molti stati automaticamente la scheda elettorale a casa), è stata sfruttata ampiamente - forse sarebbe sorprendente il contrario. Alle mie domande sui timori di frode ho raccolto sguardi stupiti: lo abbiamo fatto spesso, il sistema funziona, è comodo, dov’è il problema? In effetti, nonostante Trump abbia seminato i dubbi sul sistema, è stato proprio il partito Repubblicano quest’anno a puntare moltissimo sul voto anticipato, invitando i suoi elettori (che storicamente non lo facevano) a mettersi in file presto a farlo in tutti gli stati ancora contesi.
A Washington 25 seggi elettorali hanno aperto il 28 ottobre e chiuso ieri (domenica 3 novembre), mentre restano a disposizione 55 mail ballot drop boxes - cassette postali che fino a martedì raccoglieranno le schede (che si possono anche spedire per posta e che sono valide se timbrate entro il 5 novembre). Le cassette (o meglio i cassoni) sono all’aperto, davanti a biblioteche o centri civici; sono chiuse con un lucchetto e le schede vengono raccolte due volte al giorno da funzionari elettorali e portate al sicuro: verranno contate il giorno delle elezioni. I funzionari con cui parlo sembrano anche loro un pochino stupiti dalle mie domande sulla sicurezza delle schede. Raccontano che quest’anno c’è molto interesse mediatico per un sistema che ha sempre funzionato. D’altronde il contratto sociale americano è ancora molto basato sulla fiducia (in molti stati ad es. non serve avere un documento di identità per votare) - un sistema che viene messo a dura prova quando fomentare il sospetto è la forma principale di azione di una parte politica. Se sopravviverà: è questa la posta in palio di questo voto.
Benvenuti quindi non a una giornata elettorale ma a una stagione elettorale nella quale vengono ora calcolate anche le giornate che serviranno per avere i risultati : in molti pensano che non si conosceranno prima di diversi giorni e che, in ogni caso, i ricorsi già pronti da parte repubblicana forzeranno una lunga, drammatica attesa. Se e come il voto anticipato stia favorendo Trump o Harris è oggetto di lunghissime analisi dei pollster: se votano di più le donne, le zone rurali, quelli con un college degree, quelli registrati come democratici o repubblicani, quelli nei sette stati che decideranno le elezioni. Per tutti gli altri di anticipato c’ è solo l’aumento infinito dell’ansia.
Che bel reportage, grazie Simonetta