"Non c'entro con il caso Huawei"

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“Con questa faccenda non c’entro assolutamente niente. Ho firmato a suo tempo questa lettera perché mi è stato chiesto da un collega Forza Italia, ma la lettera non parla assolutamente di Huawei, sennò non l'avrei mai firmata, in tutta la vita mia non ho mai avuto un incontro con gente di Huawei e tantomeno ho ricevuto qualcosa da Huawei”. E’ più che mai risoluto nei toni Herbert Dorfmann. Il nome dell’eurodeputato Svp oggi (15 marzo) compare assieme a quello di altri sette colleghi sul quotidiano La Verità perché tra i firmatari di una lettera del 4 gennaio del 2021. La missiva è indirizzata ai commissari europei Margrethe Vestager, Valdis Dombrovskis e Thierry Breton e ha per oggetto “implementazione delle tecnologie di telecomunicazioni in Ue” e vi si descrive l’importanza della tecnologia 5G in termini di creazione di posti di lavoro, miglioramento dei servizi pubblici e sviluppo del Pil, nel settore della telemedicina e, in generale della connettività.
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Il quotidiano di destra parla della vicenda specificando a più riprese che i deputati in questione non sono coinvolti direttamente nella maxi-operazione con cui la polizia giudiziaria belga giovedì (13 marzo) ha perquisito case e uffici di 21 persone nel corso di un'indagine per presunta corruzione e che vede al centro il gigante hi tech cinese Huawei. Quasi tutti gli arrestati, va ricordato, sono comunque lobbisti legati al colosso asiatico, sospettati di aver corrotto diversi europarlamentari per favorire gli interessi dell'azienda nell'Unione. Le persone fermate sono accusate di aver influenzato, attraverso pratiche illecite, parlamentari europei attuali ed ex per favorire gli interessi commerciali di Huawei nel Vecchio continente.
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Ma “La Verità” ricorda anche il testo della missiva “chiude con il consueto augurio di dare ai nostri figli un futuro più brillante, ma senza mai citare Huawei o la concorrenza americana (la terza parte in questione). Ovviamente non serve citare il colosso cinese. Nella partita del 5G non ci sono altri player in ballo”, specifica il giornalista. A firmare la missiva di quattro anni fa sono otto deputati i cui nomi, secondo il quotidiano, si incrociano con quelli degli assistenti che, l’altro ieri, hanno subito la visita della polizia belga. C’è Fulvio Martusciello di Forza Italia, Giuseppe Milazzo all’epoca del Ppe, Herbert Dorfman della Svp, Aldo Patriciello (Fi), tre deputati romeni e, infine, Giuseppe Ferrandino del PD, che è il “bersaglio” principale dell’articolo.
“Ho firmato a suo tempo questa lettera – spiega a SALTO Herbert Dorfmann - perché mi è stato chiesto dal collega Capodelegazione di Forza Italia Martusciello se voglio firmare.La lettera parlava di copertura di 5G nelle zone rurali, che mi sembra un argomento importante. Si parlava di sfide come per esempio la medicina telematica che durante il Covid era particolarmente importante e questa è la ragione perché io ho firmato. La lettera non parla assolutamente di Huawei, sennò non l'avrei mai firmata, in tutta la vita mia non ho mai avuto un incontro con gente di Huawei e tantomeno ho ricevuto qualcosa da Huawei. Anzi in Parlamento ho votato sempre a favore di una posizione forte rispetto a Huawei, nel senso che sono a favore che questa azienda cinese non abbia il controllo delle nostre reti telematiche, quindi io sono lontano anni luce da questa faccenda e quini non sono neanche stato contattato dalle autorità belghe o da altri. Questa lettera è uscita negli ultimi giorni e ho l'impressione che l'indagine di per sé non c'entri assolutamente con questa lettera”. Come prova della totale buona fede Dorfmann invia a SALTO la mail che a suo tempo gli ha scritto la sua assistente, dicendo che è arrivata una richiesta da parte del capodelegazione di Forza Italia per la veloce implementazione del 5G. “Io ho risposto alla mia assistente che ero disposto a firmarla. Chi ha redatto però questa letta sinceramente non lo so (se lo chiede La Verità, ndr) so solo che l'ho ricevuta da Martusciello”.
Legiferando su tutte le materie di interesse economico che valgono poi per tutti i 27 Paesi aderti all’UE gli eurodeputati sono letteralmente assediati dai lobbisti. Una cosa “normale” al punto che il lobbying tradizionale è perfettamente legale nell'Unione europea ed è regolamentato da un apposito registro per la trasparenza. Secondo le norme, i lobbisti possono organizzare incontri informativi ed eventi, ma non possono offrire doni di valore significativo, vantaggi economici o benefici personali diretti agli eurodeputati in cambio di un'influenza sulle loro decisioni politiche. Nell’inchiesta di cui si è parlato nei giorni scorsi gli inquirenti ipotizzano invece che con le persone coinvolte ci sia stato uno scambio illecito a vantaggio di Huawei, in particolare riguardo l'implementazione delle reti 5G in Europa.
Negli ultimi due anni il nome di Herbert Dorfmann è finito in due articoli di SALTO dedicati al lobbismo. "Dorfmanns Club" esplora il coinvolgimento dell'esponente della Stella alpina nel Kangaroo Group, una lobby molto influente che supporta anche l'industria della difesa. Dorfmann è stato vicepresidente di questo gruppo e ne è un membro attivo. Per gli osservatori il gruppo che si chiama così perché "salta gli ostacoli" è utilizzato dalla lobby dell'industria della difesa per influenzare la politica di sicurezza e difesa dell'UE. Dorfmann ha spiegato la sua presenza nel Kangaroo Group sottolineando il ruolo cruciale che questa organizzazione svolge nel promuovere progetti concreti per il miglioramento delle politiche europee non nell'industria della difesa, ma anche nell'agricoltura, nello sviluppo rurale e nella sicurezza alimentare. Dorfmann in quel caso spiegò che il suo coinvolgimento nel Kangaroo Group gli permetteva di avere un'influenza positiva sulle decisioni politiche e di rappresentare meglio gli interessi dei suoi elettori a livello europeo.
Nel secondo articolo “Dorfmanns Freunde” si parla di una ricerca della piattaforma investigativa internazionale DeSmog secondo cui l’eurodeputato Svp ha contatti con l'industria agricola e le grandi aziende di pesticidi e fertilizzanti, come Bayer, BASF, Corteva, Syngenta, Yara e OCP Group, cosa che sarebbe in contrasto con l’obiettivo di rappresentare efficacemente gli interessi dei piccoli agricoltori e di promuovere la biodiversità.
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