Umwelt | Climate change

“La sostenibilità passa dalle comunità”

A Bolzano è iniziato “Climate Action Works!” per riflettere sulla giustizia climatica, tra i partecipanti l'attivista filippina Daryl Leyesa: “Dare voce a comunità rurali, lavoratori sfruttati, persone con disabilità, donne”.
Daryl Leyesa
Foto: Climate Action Alto Adige
  • Possono i cambiamenti climatici inasprire le disuguaglianze sociali? Mentre spesso nei vari consessi internazionali gli accordi finiscono per procrastinare azioni decisive nella lotta all’inquinamento, gli effetti del riscaldamento globale colpiscono in maniera diversa le nazioni, deteriorando ulteriormente le già precarie condizioni dei paesi in via di sviluppo. Gli Stati del G20 sono responsabili di oltre ¾ delle emissioni globali, che colpiscono fortemente anche i paesi in via di sviluppo: secondo le stime, infatti, nel 2019 l’1% più ricco dell'umanità è stato responsabile del 16% delle emissioni di CO2 derivanti dai consumi a livello globale, una quota simile alle emissioni generate dal 66% più povero. Tra le sfide del prossimo futuro diventa, quindi, imprescindibile considerare non solo la lotta per l’ambiente, ma anche quelle ad essa indissolubilmente legate, come la giustizia sociale, la solidarietà intergenerazionale e la redistribuzione della ricchezza. A questi temi sono dedicati gli incontri del progetto Climate Action Works!-Climate Justice, organizzato da Climate Action Alto Adige, insieme al giornale di strada Zebra, partner del progetto.
    Gli incontri hanno preso il via martedì (17 settembre) e andranno avanti per tutto l’autunno, tra webinar e conferenze con attivisti del Sud globale, come Alberto Acosta, economista, politico ed intellettuale ecuadoriano, Mensa Kwami Tsedze, senegalese, direttore per l’Africa del programma Earth Guardians e Daryl Leyesa, attivista dell’organizzazione contadina PARAGON e della Coalizione nazionale delle donne rurali delle Filippine (PKKK), che a SALTO racconta la sua battaglia. 

    SALTO: Qual è l’impatto  del cambiamento climatico sulle comunità rurali? 

    Daryl Leyesa: Molteplici sono i fattori che colpiscono le popolazioni rurali: in ogni ambito assistiamo ad una diminuzione di biodiversità, cibo, risorse idriche…si stima che con l’aumento di un solo grado centigrado la produzione di riso diminuisca del 10%. Tale aumento delle temperature genera inoltre un proliferare di varie malattie come tifo, malaria e colera, senza considerare gli eventi estremi direttamente collegati al cambiamento climatico, il solo tifone Haiyan ha causato 6000 morti accertate nelle Filippine, un paese composto da più di 7000 isole, sempre più esposto agli eventi climatici estremi. 

  • Land grabbing nelle Filippine: "La conversione illegale dei terreni non si ferma, grazie ad un governo connivente che non protegge i propri cittadini" Foto: Oxfam International

    Anche il land grabbing delle multinazionali costituisce un fattore importante nella storia delle Filippine? 

    Le loro azioni continuano ad interessare tutto il territorio, dalle compagnie petrolifere che attraverso i progetti di estrazione contribuiscono al riscaldamento globale, alle grandi imprese del cibo che disboscano ettari di foresta per le coltivazioni intensive, alle aziende del turismo che con i resort hanno impoverito le nostre coste, distruggendo le barriere naturali come le mangrovie e acuendo l’erosione dei litorali. La conversione illegale dei terreni non si ferma, grazie ad un governo connivente che non protegge i propri cittadini, emblematico è il caso della diga Kaliwa Dam, progettata per essere costruita nelle montagne della Sierra Madre sull’isola di Luzon, dove vivono le tribù Dumagat, destinati a vedere sommersa la loro terra composta da 93 ettari di foresta. 

    Nelle Filippine però molti sono i progetti di conservazione? 

    Una legge del 1992 ha istituito il National Integrated Protected Areas System, ampliato nel 2018. Grazie a tale atto oggi ci sono 247 aree protette nelle Filippine, ma questo non basta ad invertire la tendenza; uno dei problemi è l’uso strumentale dei regolamenti, che danno grande enfasi all’uso diversificato delle foreste e allo sviluppo industriale. Lo scontro tra i vari orientamenti del governo, poi, non garantisce protezione alle popolazioni indigene, espropriate dei propri territori per far spazio ai progetti estrattivi o agricoli, avallati dalle istituzioni. Nonostante la partecipazione delle comunità rurali sia prevista dagli accordi, spesso si assiste ad una loro osservanza superficiale, come nel caso delle udienze pubbliche, che tendono a marginalizzare le istanze di conservazione dei territori: durante il periodo della pandemia si è passati poi alla modalità online, escludendo tutti coloro che non hanno un accesso ad internet. 

     

    L’esperienza delle popolazioni che vivono in connessione con i propri territori è inestimabile.

     

    Le comunità rurali possono invece fare la differenza? 

    L’esperienza delle popolazioni che vivono in connessione con i propri territori è inestimabile, nella capacità di far crescere le piante, di produrre cibo, di proteggere la biodiversità e di conservare molte delle barriere naturali che forniscono una protezione fortissima alle catastrofi… tutte informazioni cruciali per una lotta sostenibile ai cambiamenti climatici. 

  • Un momento dei Climate Action Works!: "La lotta al cambiamento climatico passa per una forte partecipazione, soprattutto se si guarda a coloro che storicamente sono stati costretti al silenzio". Foto: climate action alto adige

    É necessario che le varie comunità comunichino tra di loro? 

    I contatti tra comunità sono di vitale importanza, soprattutto tra coloro che hanno esperienze simili, sperimentano le stesse ingiustizie e lottano contro progetti analoghi. Un’alleanza tra le comunità può diventare un argine fortissimo contro i progetti di sfruttamento, ma penso che sia fondamentale guardare anche ai cittadini e ai lavoratori. Spesso la retorica del progresso li costringe ad uno scontro e il miraggio di una maggiore stabilità diventa in realtà una rinuncia: la promessa di più benessere viene quasi sempre disattesa, non si guarda infatti alle necessità nazionali, soprattutto se si pensa alla produzione di cibo, quasi sempre destinata all’estero. 

    Le comunità rurali soffrono una mancanza di rappresentanza? 

    Come dicevo prima i processi poco trasparenti mirano ad escludere le comunità, ma la lotta al cambiamento climatico passa per una forte partecipazione, soprattutto se si guarda a coloro che storicamente sono stati costretti al silenzio: comunità rurali, lavoratori sfruttati, persone con disabilità, donne… una maggiore visibilità nazionale ed internazionale permetterebbe di fermare progetti di sfruttamento che sono finanziati a livello locale e di per far conoscere le alternative sostenibili. 

     

    Le donne si stanno sempre più mobilitando, attraverso organizzazioni e collettivi 

     

    Secondo i report proprio le donne sono maggiormente colpite dai cambiamenti climatici, ma allo stesso tempo sono le più impegnate nel loro contrasto? 

    Le donne delle comunità rurali si trovano a dover affrontare un ampio numero di discriminazioni, si stima che circa 1 donna su 4 nelle Filippine abbia subito abusi, ma anche l’accesso alla giustizia è particolarmente complicato e non sempre garantito. I cambiamenti climatici, poi, spingono le migrazioni, con un aumento significativo del rischio di sfruttamento e prostituzione, mentre le comunità perdono le custodi di tecniche sostenibili di resistenza ai disastri, durante i quali quasi mai si tiene conto delle necessità di salvaguardia dei diritti riproduttivi. Ma le donne si stanno sempre più mobilitando, attraverso organizzazioni e collettivi capaci di prendersi cura delle vittime di abusi nei villaggi, di lottare contro i progetti di sfruttamento, di promuovere l’agroeconomia sostenibile, distribuendo in maniera più equa le risorse. Con gli anni si assiste a leadership femminili sempre più proattive e questo rappresenta un fortissimo segnale di cambiamento verso le troppe questioni a lungo ignorate.