Kunst | Arte in dialogo

ARTES per due

SKB ARTES ospita due mostre: "The Paris Syndrome – an investigation on material, process and change" di Arianna Moroder e "the end is not the end" di Gino Alberti
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Foto: Andreas Heiler / SKB
  • Due mostre personali, di due artisti diversi, che si sfiorano ma non si toccano, sono allestite a Bolzano, negli spazi del SKB. Un tentativo di descrivere entrambe.

  • Mostra "The Paris Syndrome – an investigation on material, process and change" di Arianna Moroder, un'opera esposta Foto: Andreas Heiler / SKB
  • Da Parigi.....

    La sindrome di Parigi è un po’ il contrario della sindrome di Stendhal. Da una parte l'emozione incontenibile che colpisce improvvisamente chi si trova di fronte alla bellezza di un’opera o un luogo d'arte. Dall'altra la patologica delusione del viaggiatore che non ritrova nella Parigi reale, il fascino della Ville lumière idealizzata che si aspettava.
    La ‘sindrome di Parigi’ compare nel titolo della mostra di Arianna Moroder The Paris Syndrome – an investigation on material, process and change, la prima delle due esposizioni curate da Lisa Trockner e allestite negli spazi del Südtiroler Künstlerbund dal 19 luglio al 31 agosto 2024.
     

    E ancora un calendario, per ogni giorno una carta, realizzato con un mazzo di carte preso a un mercatino di Parigi...


    Paris Syndrome è solo una parte del nome che Arianna Moroder ha dato alla sua mostra personale, un resoconto della residenza artistica di tre mesi, da luglio a settembre 2023, presso la Cité Internationale des Arts di Parigi, e non deve trarre in inganno. La seconda parte del titolo dell’esposizione: an investigation on material, process and change, chiarisce infatti che si tratta di un'indagine sul materiale, il processo, l'opportunità e il cambiamento.

  • Mostra "The Paris Syndrome – an investigation on material, process and change" di Arianna Moroder, particolare Foto: Andreas Heiler / SKB
  • L’arte di Arianna Moroder non si riduce all’incanto o alla delusione, o allo stesso conflitto interiore, che affligge solitamente gli artisti e che lei non esclude, ma su cui non si sofferma. Il suo è un approccio attivo, che si confronta costantemente con i materiali, la loro fragilità o resistenza. La sfida interiore si traduce e risolve sempre nell’atto creativo, nel paziente lavoro di combinare, ritagliare, forare e cucire insieme, con fili sottilissimi di cotone o di rame, singoli pezzi e svariati oggetti recuperati, di materiale diverso, dalla carta velina alla terracotta, in un collage che collage non è. Oppure sono grossi frammenti di asfalto di un cantiere, forati e legati insieme con fiocchi di lana grezza cardata, o piccoli sassi raccolti a Versailles e uniti in un rosario laico. 

  • Mostra "The Paris Syndrome – an investigation on material, process and change" di Arianna Moroder, un particolare dell'allestimento Foto: Andreas Heiler / SKB

    E ancora un calendario, per ogni giorno una carta, realizzato con un mazzo di carte preso a un mercatino di Parigi, sulle quali l’artista traccia segni che danno una dimensione diversa, personale ai singoli giorni antecedenti alla mostra. E di nuovo le carte dei tarocchi riprodotte in grande formato e disegnate con tracciature personali ispirate alle figure dei tre simboli usciti dalla lettura, più giocosa che cartomantica, prima e dopo il soggiorno della residenza artistica. 
    Grandi fogli di carta velina, con segni di matita colorata, pensati forse per altri progetti, sono lasciati invece appesi come drappi e rivelano una resistenza inattesa del materiale, richiamano un’assonanza al tessuto, che è il materiale su cui l’artista si è specializzata in progettazione e design tessile, nei suoi studi artistici a Milano, Amsterdam e Berlino. 
    Su altri fogli di carta ricorre un intaglio, una griglia di fori regolari, che li rende una rete, uno schema riproposto più volte, quasi ossessivamente, da Arianna Moroder, anche su un sottile supporto creato in terracotta, dove i pezzi ritagliati sono di nuovo riutilizzati e pazientemente e cocciutamente riassemblati su carta per dare nuove suggestioni (Negativ/ Negativi 1-3, 2023).

  • Mostra "The Paris Syndrome – an investigation on material, process and change" di Arianna Moroder, un particolare dell'allestimento2 Foto: Andreas Heiler / SKB
  • Il tessile che aleggia nell'abitudine del tagliare e ricucire insieme, torna materialmente nel tessuto leggero su cui è stampato in grande formato un disegno, inciso prima su lastra, e riprodotto anche in versioni più piccole, con geometrie e intrecci concentrici a formare una stella fissa, che funge da punto di orientamento nel viaggio. Nel viaggio, nell'esplorazione di Arianna Moroder che raccoglie nella mostra le ricerche artistiche di un anno a partire dalla residenza di studio a Parigi, sono compresi carottaggi industriali di cemento e un tubo metallico, su cui ancora una volta è ritagliata laboriosamente la griglia che identifica molti dei suoi lavori, e una candela votiva allungata, fatta con scarti di cera, accomunati tutti dalla forma cilindrica verticale. Lo scarto di significato nasce forse dalla storia personale degli oggetti, il loro valore oggettivo è dato in prevalenza non da un contenuto semantico simbolico, ma dallo stesso gesto artistico di Arianna Moroder che conduce costantemente alla sua pratica insistente del recupero, che evidenzia il materiale, la composizione, la forma, l'esperienza dell'artista e mette in dialogo l'oggetto con l'osservatore finale.

  • ....... A Palermo

    Nel percorso circolare degli spazi espositivi del SKB si passa, nella stanza attigua, direttamente alla seconda mostra the end is not the end dell'artista Gino Alberti, curata sempre da Lisa Trockner e aperta dal 19 luglio al 31 agosto 2024.
    La mostra personale di Gino Alberti occupa più stanze con un'ampia selezione di lavori di diverso formato. Il titolo the end is not the end riprende una frase scritta su uno dei suoi quadri esposti.

  • Mostra "the end is not the end" di Gino Alberti, particolare delle opere esposte Foto: Andreas Heiler / SKB
  • Realizzati a carboncino o inchiostro monocromatico i dipinti attirano l'osservatore in un loop di immagini in cui sono inserite frasi e singole parole in un gioco quasi fumettistico. Le parole si scontrano a volte con il soggetto del disegno, ne attutiscono ironicamente la componente drammatica o l'accentuano, a seconda dell'impulso o del concetto che esprimono. Sono comunque una parte imprescindibile nel personale processo comunicativo, inteso come gioco tra l'artista e l'osservatore. 
    Il gioco comincia però molto prima, già nella testa dell'autore: "Difficile rispondere se parto prima dall'immagine o dalle parole, nei miei quadri -cerca di far luce Gino Alberti- Del resto la nostra esperienza sensoriale umana non è mai lineare, nel giro di pochi secondi abbiamo tutti in testa una miriade di pensieri diversissimi tra loro, solo a posteriori costruiamo ciascuno le nostre storie".
     

    Im Raum der Gedanken gibt es weder Tür noch Fenster...
    Nella stanza dei pensieri non c'è ne porta ne finestra...


    La lettura dei singoli quadri non può essere quindi che frammentaria e personale. I continui rimandi, dal testo all'immagine e viceversa, impongono a chi osserva di tornare a guardare e rileggere il quadro, di costruire le proprie particolari assonanze, in un gioco infinito. E ogni volta pare di avvicinarsi alla soluzione di un rebus. 
    Nei grandi lavori a carboncino è spesso la superficie mossa del mare con il sempre mutevole gioco di luci all'orizzonte, il soggetto ricorrente di Gino Alberti. L'inquietudine romantica sembra l'approccio più naturale per leggere il quadro, ma l'artista scompiglia con le parole inserite nella composizione pittorica ogni soluzione banale e apre un pertugio nel flusso infinito dei suoi, e nostri, pensieri.

  • Mostra "the end is not the end" di Gino Alberti, particolare delle opere esposte2 Foto: Andreas Heiler / SKB

    "Im Raum der Gedanken gibt es weder Tür noch Fenster....Jeden Tag entziehe ich mich.. ein Stück weit von dem was ich dachte zu sein" (Nella stanza dei pensieri non c'è ne porta ne finestra....Ogni giorno mi allontano di un pezzo... da quello che pensavo di essere) si legge su uno dei disegni in grande formato col ricorrente paesaggio marino in bianco e nero. Nella stessa stanza una serie di lavori sempre a carboncino e con lo stesso tema, sono i più remoti tra quelli esposti nella mostra e risalgono agli ultimi dieci anni. 
    Attraversando la mostra si incontrano nella prossima stanza ancora due lavori in grande formato, più recenti. Realizzati a carboncino nel 2023, si distinguono per la presenza di figure umane di grandi dimensioni nel paesaggio naturale, alpino uno e fluviale l'altro, quasi a denunciare la sproporzione tra l'impatto dell'uomo e la natura ormai ridotta a sfondo per le nuove generazioni. 

  • Mostra "the end is not the end" di Gino Alberti, particolare dell'installazione tridimensionale Foto: Andreas Heiler / SKB
  • Seguono le stanze con i quadri più recenti, dove il rigore del bianco e nero dato dal carbone, è mitigato nel blu indigo della china acquarellata. "In qualche modo sono rimasto fedele al mare, questa volta usando il blu, il colore che per eccellenza mi ricorda il mare" - racconta Gino Alberti, che nel mare intorno a Palermo colloca misteriosamente l'origine e l'ispirazione dei suoi primi "psicogrammi", come definisce lui stesso il mix di immagine e parola a cui è approdato nel suo percorso artistico, a fianco dell'attività di illustratore di successo di libri per l'infanzia.
    La pennellata blu con l'effetto acquarellato della china diluita, dona più fluidità all'immagine rispetto al carboncino, e insieme alla tecnica cambiano anche i soggetti. Ci sono ancora barche, e animali, dal polipo alla balena, associati all'ambiente marino, ma sono affiancati ora anche da volti umani, vegetali e altre creature terrestri, da cui spuntano parole come germogli. 
    Sono appunti di viaggi mentali e reali, condensati nell'ultima stanza della mostra in una installazione di Gino Alberti site-specific. Una barca tridimensionale di carta, dipinta ancora una volta a carboncino, veleggia su una base circolare, in un mare fatto di parole e frasi che si rincorrono concentriche in sostituzione delle onde, e come le onde non hanno fine.