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"Bostrico? La foresta si riprenderà"

Il coleottero che fa tremare l'industria del legno da qualche anno è studiato nei laboratori dell'Istituto di Bioeconomia (Cnr) di San Michele all’Adige. Negri: “A livello socio-economico è chiaro che spaventi, ma è un fenomeno naturale. Vaia l'ha alimentato".
Bostrico primo piano
Foto: SALTO
  • Il problema è noto: il bostrico dell’abete rosso sta colpendo in modo massiccio le foreste del Trentino Alto Adige. Proprio nei giorni scorsi, a puntare ancora una volta il dito contro il coleottero è stata la Magnifica Comunità di Fiemme, che ha sottolineato come quasi la metà del bosco che gestisce è stata devastata prima da Vaia e poi dall’infestazione. 

    Per l’industria del legno, per il turismo e per il paesaggio, quindi, il bostrico rappresenta una seria minaccia. Ormai da qualche anno, il coleottero è studiato anche dai ricercatori dell’Istituto per la Bioeconomia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr). Nei laboratori di San Michele all’Adige, infatti, gli scienziati monitorano una colonia di bostrichi, prendendo in considerazione diversi parametri vitali, come la loro respirazione. “Ad esempio – spiega a SALTO Martino Negri, dell’Istituto di Bioeconomia – abbiamo notato che, con il lieve aumento della temperatura, causato dal cambiamento climatico, nell’arco di un anno ci sono fino a tre generazioni di bostrico. Un dato notevole che fa capire la velocità con cui l’insetto si riproduce”. E questo accade anche in Alto Adige? “Presumibilmente sì, accadendo in Trentino”.  Secondo Negri, è chiaro che per i protagonisti della filiera del legno l’evento sia epocale ma, precisa, “questo non significa che lo sia per la natura. Noi ricercatori proviamo ad avere una visione globale del fenomeno con uno sguardo sul medio periodo. Ed è giusto che i rappresentati del mondo economico si preoccupino, anche perché, al contrario della processionaria del pino, che viene catturata grazia ai feromoni, non esistono misure di contrasto al bostrico presenti sul mercato”. 

  • Il bostrico: è presente da tempo, ma l'equilibrio dell'ecosistema si è rotto e l'"epidemia" avanza. Foto: Unser Bruneck
  • L’impatto dell’insetto, d’altra parte, è evidente anche ad occhio nudo. “Guardando i boschi – continua Negri – si notano facilmente delle zone verdi, delle zone giallastre e altre che presentano alberi secchi e spogli. Dunque anche le piante vicine a quelle malate sono sotto attacco. Magari i prossimi anni saranno quelle rossicce a essere secche”.  Secondo quanto afferma Negri, però, questi cambiamenti fanno parte della natura. “Bisogna accettarli e vedere cosa succede. Chiaro che l’essere umano non tragga nessun vantaggio da questa manifestazione naturale, non è ‘gratis’, anzi. Però l’insetto era già presente in natura ed è diventato invasivo perché si è rotto l’equilibrio, ma il bostrico fa parte della biodiversità. È come se ora ci fosse un’epidemia: per l’essere umano, che basa la propria economia anche sul legno e che vuole vedere determinati paesaggi, è negativo, perché impattante, ma a livello ambientale non si tratta di un pericolo”. 

    Penso che tra 40 anni, nei luoghi della tempesta di Vaia, ci sarà un nuovo bosco e la cicatrice sarà rimarginata.

    E cosa succederà nel periodo successivo al bostrico? “Dobbiamo considerare – dice ancora Negri - che nel 1914, al confine tra l’Italia e Impero austro-ungarico, scomparvero i boschi, perché la guerra distrusse tutto. Ma la natura, in molto meno di 100 anni, è tornata rigogliosa, ed ora ci sono i boschi. E la guerra non era certo un fenomeno naturale. Io penso che tra 40 anni, nei luoghi della tempesta di Vaia, ci sarà un nuovo bosco. Certo, sarà differente, perché magari ci saranno meno abeti rossi, ed alcuni abeti rossi saranno mescolati con i bianchi e i faggi. Si potrà discutere della bellezza, ma è un fattore estetico. Quindi torneranno le foreste con nuove piante giovani, quindi anche più resistenti".

    E sul grido d’allarme della categoria, Negri conclude: “È interessante, perché arriva da una comunità che vive anche con i proventi del bosco. Quindi si basa su dei fattori sociali ed economici molto concreti. Però credo sia una visione che si concentra sul breve periodo. Nel medio periodo (neppure troppo lungo) la cicatrice sarà rimarginata”.