Tra vichinghi e galli ad Anterselva
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Vivere in Alto Adige e non aver mai vissuto da vicino il magico weekend di Anterselva? Sarebbe come dire di essere stati a Roma e non aver visto il Papa affacciarsi alla finestra degli appartamenti apostolici per la recita dell’Angelus. Che il paragone possa non scandalizzare alcuno, per l’ardore dell’accostamento. Ma la realtà dei fatti rimane comunque una. E consolidata.
Chi è delle nostre parti non può dire di amare lo sport e le grandi adunanze che è in grado di raccogliere a sé, senza aver mai vissuto - almeno una volta nella vita - la magnifica esperienza dell’immersione nella settimana della Coppa del Mondo di biathlon ad Anterselva.
L’occasione, per chi vi scrive, è finalmente giunta in questi giorni di fine gennaio. E solo il caso ha voluto che quella vissuta nell’arena di Anterselva sia stata la “consecutio perfetta”. Ovvero: la successione immediata di due fatti, come cita l’ultima edizione della Treccani.
Martedì 21, sulle nevi di San Vigilio di Marebbe. Ad ammirare l’impresa di Alice Robinson nello slalom gigante femminile di Coppa del Mondo di sci alpino.
Sabato 25, su quelle del tempio del biathlon in Italia, ad assistere ed applaudire in prima persona la dominante stagione degli atleti francesi, nel quarto appuntamento stagionale del calendario per gli specialisti della tecnica libera e della carabina di piccolo calibro.
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Il lungo weekend allo stadio di Anterselva, giusto per dare una collocazione temporale al programma della tappa italiana di Coppa, era iniziato già da giovedì scorso. Con la sprint femminile. L’inizio dell’interminabile monologo della fenomenale Lou Jeanmonnot, la francesina volante, in grado di combattere praticamente da sola con il cronometro. Come di gestire le posizioni di partenza nel secondo round della 10 chilometri ad inseguimento del sabato.
Venerdì, la variopinta tribù del biathlon era esplosa sulle tribune dello stadio e lungo le erte salite a fianco di Malga Huber. Ad infiammare l’atmosfera, lo spettacolare duello nella sprint maschile deciso da Tarjei Boe su Sturla Laegreid, due dei prediletti figli di quella Norvegia, che vive e palpita sugli sci da fondo.
I due assi norvegesi, al traguardo, sono stati separati dall’inezia di 4 decimi di secondo. Alle loro spalle, Tommaso Giacomel, il trionfatore della mass start di una settimana prima, a Ruhpolding. Giunto, da brillantissimo terzo, sulla linea del fotofinish. A soli 2 secondi dall’imprendibile coppia scandinava.
Sabato, la giornata era iniziata in un calderone dove stupore ed emozione stavano cuocendo a fuoco lento. Assieme a Charly Pistoi, amico di sempre e miglior reagente che si possa avere accanto, quando si vestono i panni del cacciatore di eventi sportivi, avevamo già preso contatto col Mondo di Anterselva nell’estate del 2023. Prendendo parte assieme a Dario Puppo, inconfondibile e rinomata voce del biathlon per Eurosport, ad una visita guidata della fantastica Antholz Biathlon Arena. Al culmine della quale vi era stata l’elettrizzante prova di tiro. Eseguita a terra ed assistita dalla guida, depositaria di tutti i segreti di questo mitologico impianto.
Quel clamoroso “cinque su cinque” ex-aequo, dalla piazzola numero 2 del poligono di tiro, ci convinse che una simbolica rivincita andasse presa durante il primo inverno utile a colmare la lacuna. E, finalmente!, il cerchio della sfida si è chiuso.
Di buon mattino, poco oltre Rasun Anterselva, la strada di accesso viene chiusa al traffico. Che viene veicolato nella sconfinata area del “parcheggio continentale”. Quello dove avviene, giusto per intenderci, il primo contatto tra adoratori di questo sport, provenienti da ogni angolo d’Europa.
Ci pensa poi un interminabile sciame di shuttle a sbarcare gli appassionati proprio ai piedi della Antholz Arena. Il primo controllo dei biglietti, prima di Malga Huber e dell’annesso viale dello shopping, certifica il personale ed attesissimo ingresso nell’Olimpo.
Ad accogliere il nostro arrivo, una muta di tifosi norvegesi, il viso dipinto di rosso e di blu, pacifici e chiassosi, nel rispetto del protocollo di questo splendido sport, non si esime dall’essere immortalata davanti agli spot dedicati al marketing. Che potrebbe nuocere alla vista dei puristi del Tempio. Ma è, inevitabilmente, una componente fondamentale per gestirne il mantenimento.
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L’enorme tendone dedicato al relax, alla ristorazione ed all’intrattenimento della tribù del biathlon è quanto di più accogliente si possa immaginare.
Prima della 10 chilometri ad inseguimento femminile, prevista per le ore 13, è meglio riempire il serbatoio in vista della nostra salita lungo il sentiero verso la tribuna dello stadio. Un buon piatto caldo ed una birra ristoratrice, serviti in tempi record, è quanto di meglio si possa aver bisogno.
Dopo pranzo, la salita dei gradoni verso la piccionaia della tribuna si rivela un digestivo alquanto indicato. Come la scelta di collocarci proprio nelle file più vicine al cielo di Anterselva. Quelle, da dove, si possono tenere sotto controllo tutti i punti salienti del tracciato.
Le protagoniste della pursuit femminile entrano nei corridoi della partenza. Separate unicamente dai singoli distacchi accumulati alle spalle dell’imprendibile Lou Jeanmonnot.
La ragazza di Rasun, Dorothea Wierer, partirà come quarta. Avendo accumulato giovedì “solo” 28 secondi di ritardo dalla campionessa francese. “Doro” ha iniziato più che discretamente la stagione. Come testimoniato dai suoi piazzamenti nelle tappe precedenti. Dovrà gestire molto bene il dinamismo sugli sci con il controllo al poligono. Ma già essere nuovamente qui, da protagonista, è un balsamo per il cuore suo. E dei tantissimi suoi sostenitori.
Trenta secondi alla partenza della pursuit.
Il tifo dalla tribuna, lo speaker e la musica che hanno squarciato per ore la quiete di queste straordinarie montagne, ammutoliscono in modo sincronizzato.
Un quieto battito di cuore, sapientemente orchestrato dalla regia di un’organizzazione al di sopra di ogni sospetto, viene passato negli altoparlanti. A dividere gli ultimi secondi prima dello scatto di Lou Jeanmonnot.
La francese è seguita sette secondi dopo dalla tedesca Seline Grotian. E diciassette dall’altra germanica: Franziska Preuss. È il momento anche della Wierer. E l’arena esplode.
Per trequarti, la dominatrice della prova è impeccabile. Tanto da potersi concedere un singolo errore al poligono nel quarto passaggio. Jeanmonnot ha dato appuntamento a tutte. Solo dopo aver varcato il traguardo, in un tripudio a noi sconosciuto.
Wierer, invece, lascia proprio al poligono la manciata di probabilità che la vigilia le aveva attribuito. Sette errori sono davvero troppi per poter ambire ad un piazzamento tra le migliori.
L’onore delle azzurre viene salvaguardato da Martina Trabucchi, impeccabile al tiro e diciannovesima al traguardo. Di una prova il cui podio recita: Jeanmonnot, Simon, Preuss.
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La tribuna è un vero e proprio potpourri di razze e di colori. Uno spettacolo animato dalle bandiere e dagli originali abbigliamenti che gli appassionati sono soliti usare, nelle circostanze legate al biathlon. Il vincitore assoluto in originalità, con ampio distacco, è un tifoso francese, già parecchio abbondante di suo. Indossante gli inconfondibili panni di Obelix, l’eroe gallico che accompagna Asterix nelle sue scorribande contro i romani. Che qui ad Anterselva viene fermato ogni due secondi - col pretesto di un selfie - non da centurioni di Cesare. Ma da orde di tedeschi, svizzeri e norvegesi.
In un tripudio di attività collaterali, che riempiono in modo azzeccato il lasso di tempo che separano la pursuit dalla staffetta maschile, la neve davanti alla tribuna dello stadio comincia a riempirsi dei protagonisti della prova a squadre. Anche questa sarà prevedibilmente terra di conquista per il team transalpino. Già vincitore, prima di questa, delle tre precedenti staffette di Coppa del Mondo.
Solo Germania e Norvegia hanno chance quasi certe di podio. Mentre l’Italia potrebbe approfittare della pista di casa per fungere da guastafeste.
Allo sparo del cronometrista il gruppo degli staffettisti viaggiano velocemente a nascondersi tra le fronde del bosco. L’avvio di massa, notoriamente, è quanto di più tattico ci possa essere in una prova di biathlon. Le gerarchie, ed una prima generosa scrematura del gruppo, verranno decise al primo passaggio al poligono. La Francia, da qui, vola via inseguita dalla sola Norvegia. Dietro, l’Italia trova la solita generosa spinta del pubblico per risalire preziose posizioni in classifica.
Anche i norvegesi pagano dazio al tiro, così come i tedeschi, permettendo alla Francia di andarsene indisturbata. Dopo un ottimo Daniele Cappellari al lancio, l’Italia vede davanti a sé il gruppo all’inseguimento dei transalpini. Lukas Hofer rinforza la posizione, riuscendo ad attestarsi dietro Francia e Norvegia. Anche Elia Zeni rimane aggrappato in qualche modo ai top team. Ed il passaggio del testimone a Tommaso Giacomel ravviva ulteriormente il sogno azzurro.
Tommaso, però, non è impeccabile al tiro. Ma anche se al poligono deve ricorrere a qualche ricarica, si gioca il podio con ceki e svedesi.
Sebastian Samuelsson, è il vero protagonista della quarta frazione, facendo risalire la Svezia in classifica in modo straordinario. La tribuna si infiamma quando Samuelsson mette la Norvegia nel mirino. Giacomel è alle spalle della coppia scandinava ma troppo distante per competere con loro a causa di un errore di troppo al poligono.
Quando Emilien Jacquelin taglia il traguardo alzando la mano indicante le quattro vittorie consecutive, le odi francesi vengono soffocate dall’incitamento dello stadio indirizzato verso i due protagonisti lanciati verso uno sprint memorabile. Samuelsson sembra prevalere nell’ultima salita, mangiando parecchi metri di svantaggio sull’ultimo staffettista norvegese: Vetle Christiansen.
Nella discesa verso il traguardo, però, Christiansen può accendere un cero al suo skiman. In grado di preparare gli sci del suo assistito come meglio non avrebbe potuto. Salvando così il secondo posto della Norvegia. Quarta l’Italia, di un Giacomel visibilmente contrariato per gli errori al tiro. Ci fosse stato anche lui nell’emozionante sprint con gli scandinavi, probabilmente lo stadio sarebbe imploso.
Memori dei consigli di qualche vecchio lupo di montagna di queste parti, subito dopo la conclusione della staffetta lanciamo lo scatto verso l’esterno delle tribune. In modo da non rimanere imbottigliati nella ciclopica transumanza in movimento verso l’uscita dell’Arena.
Non ci si può proprio esimere - però - dal buttare un occhio all’interno del tendone delle libagioni. Scoprendo, lasciandoci quasi esterrefatti, quanto esso sia praticamente inaccessibile. Ovvero, quante migliaia di fans abbiano preferito un boccale di birra gelata - e le note scatenate di una band alquanto navigata in materia - allo spettacolo offerto dalla prova a squadre.
Il biathlon non ama le mezze misure. Inutile cercare di biasimarlo.
Resterà quel potente veicolatore di masse che tutti conosciamo. Un vero e proprio melting pot. Anche nelle sue esternazioni più perentorie. È ora di immettersi nuovamente nel fiume dei fans. E di tornare a casa. Le prove di Anterselva in programma domenica le gustiamo in tivù.
Tra uno stratosferico Jannik Sinner ed il solito appassionante dualismo tra la Goggia e la Brignone.
«tempio nazionale»... really?
«tempio nazionale»... really?