Gesellschaft | Violenza contro donne

Storie quotidiane

Secondo i dati dell'ONU la violenza subita dal partner o da un altro familiare è la prima causa di morte delle donne fra i 16 e 44 anni. Ma c'è anche una violenza senza urla e senza botte. Un commento di Liliana Di Fede.

Sembra incredibile, ma è proprio così. Fa specie pensare che statisticamente una donna corre più rischi a stare con il proprio partner che non a causa di malattie, incidenti o, addirittura, guerre.

Ho deciso di raccontarvi due storie di violenza. Una violenza senza urla, senza botte e che, per questo, rende facile alle persone di far finta di niente e di voltarsi dall'altra parte. Una violenza senza poi tanto scandalo, ma che distrugge comunque. A. è sposata da molti anni, ha una bella casa, un marito benestante, "non le manca niente". Non ha accesso al conto corrente, il marito le dà giorno per giorno i soldi per la spesa, anzi spesso porta lui la spesa a casa e immancabilmente l'accompagna, anche se lei deve comperarsi solo un paio di scarpe. Del resto di che si può lamentare, le basta solo chiedere. Chiedere, appunto, come un'eterna bambina, che va guidata e "controllata".

M. è anche lei "ben maritata" e lavora nell'azienda di famiglia. Il rapporto con il marito pian, piano si sgretola e lei gli comunica la sua volontà di separarsi e di rifarsi una vita. Lui non riesce ad accettare questa decisione e reagisce. L'aria al lavoro diventa immediatamente irrespirabile e così lei lascia il suo posto in azienda. Le prosciuga i conti correnti. Lei non si aspettava una reazione del genere e non è preparata.
Mentre ancora vive con il marito, resta senza un soldo in tasca, una volta in casa non le resta neppure di che mangiare. Lui spera così di convincerla a cambiare idea. Gli amici, tutti in comune, restano vicini al partner più forte. Inizia lo sciacallaggio sulla sua persona: le vengono falsamente rimproverati problemi psichiatrici, ipotetici amanti, di essere una cattiva madre. Le si crea il vuoto intorno. Con coraggio e determinazione arriva comunque alla separazione e lentamente, con grande fatica, si costruisce una nuova vita.

La violenza ha tante forme, ma tutte hanno un minimo comune denominatore: la mancanza di rispetto e il senso di solitudine ed abbandono che spesso le persone che subiscono violenza provano. Prendere coscienza, imparare a reagire alla mancanza di rispetto, alle umiliazioni, alla violenza, che può assumere le forme più striscianti, non è solo un processo individuale della persona interessata, ma è un processo culturale che coinvolge tutte e tutti noi. Questo è il senso delle passeggiate antiviolenza e delle altre iniziative delle ultime settimane.