Renzi e il Cnel
Matteo Renzi è stato chiaro: “Aboliremo il Cnel”. E mentre pronunciava la sigla ha storto la bocca, come se avesse sulla lingua qualcosa di comicamente disgustoso. Ma cos’è questo “Ente”, assurto ormai a nuovo simbolo della “rottamazione” che il nuovo premier sta cercando di portare avanti a ritmi serrati?
“Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro – riferisce l’Enciclopedia Treccani – è organo di consulenza del Governo e del Parlamento in materia di economia e di lavoro (art. 99, co. 2, Cost.): il suo modello costituzionale di riferimento è rappresentato dal Consiglio economico del Reich (art. 165 Cost. Germania 1919), di cui riprende l’idea di una rappresentanza degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro. Tuttavia, mentre quest’ultimo organo faceva parte di un più articolato sistema di consigli, funzionale allo sviluppo della c.d. democrazia economica, assai ridotta è stata l’attività del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro nella storia repubblicana italiana, al punto che la dottrina si interroga, oggi come all’indomani della sua istituzione ad opera della l. n. 33/1957, sull’utilità della sua istituzione”.
Come si vede, mentre la “dottrina si interroga”, Renzi taglia corto. O taglia tout court. Il Cnel è un ente inutile? Sopprimiamolo. Una decisione che fa ripensare alla descrizione fatta da Raffaele La Capria (nel breve testo intitolato “Il posto alla Rai”, adesso ripubblicato nel libro “La bellezza di Roma”, Mondadori) della particolare attitudine, tutta romana, ad edificare una burocrazia autoreferenziale, fondata sulla mera apparenza: “Perché è solo l’Ente che gli dà l’id-Enti-tà, purché si identifichino. Naturalmente quando trattasi d’Ente inutile, basta identinutilificarsi”.
Riuscirà Renzi, per molti versi così arcitaliano, a compiere davvero la sua opera di sburocratizzazione e rinnovamento, a tagliare i rami secchi dell’amministrazione italiana? Che il Cnel, nella sua lunga storia, non abbia prodotto molto è palese anche a chi ci lavora. Ma sempre chi ci lavora, come ha documentato il Corriere della Sera in un bell’articolo di Lorenzo Salvia pubblicato ieri (1 aprile), non rinuncia a dotarsi di qualche attenuante: “Se finora il Cnel non ha fatto bene, non vuol dire che lo strumento è da buttare. Forse basta cambiare gli interpreti ma il Cnel non può essere mica sostituito da Twitter”, afferma Franco Massi, segretario generale dal 2011.
Intanto, l’idea più probabile è che la bellissima Villa Lubin, attuale sede dell’Ente, divenga un albergo di lusso. Un luogo cioè per chi magari si appresterà a puntare su una Roma da poco tornata a splendere di fama cinematografica grazie alla “Grande Bellezza” e al personaggio di Jep Gambardella. Un uomo che, parafrasandolo, non voleva essere semplicemente uno statista. Ma il re degli uomini di Stato. E che dunque non voleva solo partecipare alla sua riforma, ma avere anche il potere di far fallire tutto ciò che non si inquadrasse nella sua idea di riforma.