Wirtschaft | Inflazione

Tempi duri per combattere l'inflazione

Bollette e benzina alle stelle, il rincaro che non inizia con la guerra in Ucraina, gli effetti sul bilancio familiare altoatesino.
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Foto: AFI IPL

Il clima è di grande incertezza. Il conflitto in Ucraina amplifica i rincari dell’energia e delle materie prime, con un conseguente impatto sul tessuto economico del nostro Paese. Cosa resterà del potere d’acquisto delle famiglie se la guerra dovesse continuare a lungo? Ne abbiamo parlato con Stefan Perini, Direttore dell’IPL | Istituto Promozione Lavoratori.

salto.bz: Direttore, l’invasione russa dell’Ucraina ha fatto impennare la crisi energetica e grava sulla ripresa economica. Posto che il rincaro non è iniziato con la guerra in corso, come vede lo scenario attorno a sé?

Stefan Perini: In primis va detto che la guerra in Ucraina è una catastrofe umanitaria; piena solidarietà, quindi, al Paese invaso e alla sua popolazione. In secondo luogo, le contingenze hanno, inevitabilmente, anche ripercussioni sull’economia e sulle società europee. L’impennata dei prezzi energetici - a partire dal petrolio e dal gas - e delle materie prime non nasce con il conflitto in atto: l’inflazione ha, infatti, iniziato a galoppare già a partire dalla seconda metà del 2021, e precisamente dal mese di settembre. Lo scoppio della guerra e le successive sanzioni inflitte alla Russia, principale esportatore di gas, hanno giocoforza aggravato questa situazione.
C’è anche da dire che gli esperti avevano già messo in conto un certo incremento dei prezzi.

Lo scoppio della guerra e le successive sanzioni inflitte alla Russia, principale esportatore di gas, hanno giocoforza aggravato questa situazione.

Nello specifico?

Si concordava sul fatto che durante il processo di normalizzazione della crisi sanitaria dovuta alla pandemia di Covid-19 l’economia si sarebbe di nuovo ravvivata e nel corso di questa ripresa ci sarebbe stato un aumento dei prezzi alla produzione, con la crescita della domanda unita all’esigenza di riempire i magazzini.
Soffermandoci sulla provincia di Bolzano, ciò che ci sorprende è che, secondo gli ultimi dati, risalenti ad aprile 2022, l’inflazione è passata nel giro di 9 mesi dal 2% circa all’8,1%. Il rischio è che questo incremento non sia più solo un fattore transitorio, ma che possa divenire strutturale. In pratica stiamo uscendo dalla crisi pandemica per entrarne in un’altra – ossia in una crisi energetica.

Oltre a bollette e benzina (complice la dipendenza energetica italiana dalla Russia) l’ascesa dei prezzi riguarda appunto le materie prime e a catena il mondo dell’edilizia e delle costruzioni, i trasporti, la logistica, i generi alimentari. 

Per ora il fenomeno è ancora e soprattutto ascrivibile all’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime, ma il rischio è che a poco a poco questa ondata inflattiva si ripercuota su altre categorie di prodotti. Un’inflazione a questi livelli comporta una significativa perdita di potere d’acquisto per il consumatore finale. La produzione di beni primari rischia di subire una contrazione e a preoccupare particolar-mente sono gli eventuali razionamenti sul gas e sull’energia. Certo, si possono modificare nel frattempo alcune abitudini di consumo ma non a tal punto da riuscire a schivare questa attuale fiammata dei prezzi. E sono le classi meno abbienti, come attesta anche l’Istat, a farne maggiormente le spese. Da qui anche la richiesta delle parti sociali di ammortizzare gli effetti dal caro-bollette per i ceti meno abbienti e – in generale – di aumentare gli stipendi.

Le sue previsioni, a questo punto?

Dunque, c’è uno scenario negativo e uno positivo. 
Il primo è che la guerra in Ucraina duri a lungo, si intensifichi, e che le sanzioni destabilizzino i mercati mondiali. 
Il secondo scenario, in cui confido, è che il conflitto si risolva diplomaticamente, si profili entro quest’anno una soluzione pacifica dello stesso e i paesi europei, cooperando maggiormente fra di loro, riescano a garantire l’approvvigionamento energetico dei propri territori, diversificando le fonti. In un contesto come quest’ultimo l’inflazione potrebbe già scendere sotto il 5% a partire dall’autunno di quest’anno. 

Il decreto legge “Aiuti” tutela a sufficienza il potere d’acquisto delle famiglie?

Gli aiuti messi in campo non sono di tipo strutturale, sono interventi “spot” che hanno lo scopo di mitigare l’impatto del caro energia su famiglie e imprese. La misura più consistente è stata quella del taglio delle accise su carburante e gasolio che consente ai consumatori di tirare almeno un sospiro di sollievo. L’esecutivo ha anche deciso di aumentare la tassa sugli extraprofitti delle imprese energetiche, fissandola al 15%. Inoltre, per contrastare il caro bollette di luce e gas, sparirà la voce sugli oneri di sistema. Nel “DL Aiuti” c’è anche il bonus di 200 euro che verrà pagato, una tantum, agli italiani che hanno un reddito annuo inferiore a 35.000 euro lordi. L’auspicio è che nel frattempo i prezzi di mercato si calmierino in modo tale da non dover più ricorrere a questi interventi extra. La sola riforma strutturale del welfare, per inciso, è stata quella dell’introduzione dell’assegno unico famigliare.
In Alto Adige, invece, l’unico intervento compiuto dalla Giunta provinciale per far fronte agli aumenti dei costi energetici è stata l’introduzione di un bonus una tantum di 500 euro che le famiglie a basso reddito, già beneficiarie del contributo per le spese abitative accessorie, ha ricevuto a maggio. Una misura-tampone che onestamente è poco mirata e lascia il tempo che trova. 

La misura più consistente è stata quella del taglio delle accise su carburante e gasolio che consente ai consumatori di tirare almeno un sospiro di sollievo.

Esiste il pericolo di finire in una nuova bolla speculativa?

Quello che ci chiediamo, come Istituto Promozione Lavoratori, è se la grande carenza di materie prime e di prodotti energetici sia reale al 100% o se la speculazione giochi un ruolo determinante in questa partita. Ci domandiamo se le relative autorità di controllo facciano in questa situazione tutto ciò che devono. Appare del resto quantomeno curioso che manchi praticamente tutto in questo momento, dal legname ai chip, ai prodotti energetici di ogni tipo. Se uno scenario del genere era spiegabile nel pieno della crisi sanitaria in quanto allora interi rami dell’economia erano fermi, adesso qualche dubbio sorge spontaneo, dato che in Europa e nel resto del mondo la produzione è sostanzialmente tornata ai livelli pre-pandemia, fatta eccezione per qualche paese asiatico.

A causa del rincaro delle materie prime è a rischio, peraltro, anche la realizzazione delle opere previste dal PNRR.

Il periodo entro il quale i progetti legati al PNRR devono essere ultimati - entro il 2026 - è un arco di tempo piuttosto breve. Mettere rapidamente in campo opere davvero innovative nel settore della digitalizzazione, della mobilità, del sociale ecc., è una sfida molto ardua poiché si va a toccare un punto debole dell’Italia, soprattutto delle regioni più disagiate – la cosiddetta capacità amministrativa nel gestirle. Non solo i tempi sono molto stretti, ma bisogna anche fare i conti con la limitata disponibilità di personale specializzato che curi i relativi bandi. 
Con molta probabilità sono stati tirati fuori dal cassetto progetti rimasti in stand-by perché all’epoca non c’erano stanziamenti sufficienti per poterli sviluppare, e quindi dal punto di vista del carattere innovativo suscitano qualche perplessità. Ricordiamoci poi che l’erogazione dei fondi europei del PNRR è vincolata a delle condizioni, ovvero ad alcune riforme a livello nazionale, in particolare quella del fisco, della giustizia e della pubblica amministrazione, su cui la Commissione dovrà dare il suo benestare. Si tratta, de facto, di una lotta contro il tempo.

Non solo i tempi sono molto stretti, ma bisogna anche fare i conti con la limitata disponibilità di personale specializzato che curi i relativi bandi.