Kultur | Salto Weekend
Dieci giorni frenetici
Foto: Bolzano Art Weeks
Sono stati dieci giorni frenetici, in giro per Bolzano alla scoperta dell'arte contemporanea e non solo. Questo è solo il racconto di alcune tappe, visto che gli eventi in questa seconda edizione di BAW erano almeno 150, disseminati in 70 location sparse per la città. Tanto che era difficile in questi giorni non imbattersi anche casualmente in una mostra o performance o talk identificata dal logo di BAW e segnalata sulla preziosissima mappa gialla e nera, cartacea e online, che aiuta a orientarsi nella giungla di eventi.
Giornate di scoperte, anche per me, di tour della città intrapresi da sola munita dell'iconica mappa di BAW o condivisi in parte con Nina Stricker, che BAW lo ha inventato e continua infaticabile a tessere la rete tra enti, istituzioni culturali e singoli artisti che lo rendono possibile.
Una scoperta è stata decisamente Archimod in zona industriale, scelto perché attirata dal nome che richiama l'architettura. Di più non sapevo. All'indirizzo di via Giotto 13, a due passi dalla fermata di Bolzano sud, corrisponde un edificio della Provincia autonoma che, dietro la facciata blindata e anonima, ospita insieme alla tipografia provinciale, ad altri uffici e archivi di dati tecnici, un vero e proprio gioiello.
Alloggiato al quarto piano Archimod è una raccolta dei plastici delle opere pubbliche realizzate in Alto Adige dagli anni Novanta, dove letteralmente si cammina sui modelli in scala, in parte molto belli, di opere come i ponti e il Museion stesso, il rifacimento del rifugio Sasso Nero, il complesso di Laimburg o l'impianto di termovalorizzazione di Bolzano, solo per citarne alcuni, conservati ed esposti in bacheche di vetro integrate nel pavimento.
Stefania Saracino, architetta della Ripartizione edilizia e servizio tecnico della Provincia, con competenza e passione ha accolto gli sparuti visitatori avventuratisi fin là, spiegando come l'archivio sia sempre accessibile al pubblico prenotandosi presso la segreteria della ripartizione, ha velocemente sottolineato il valore di un periodo particolarmente fecondo dell'architettura pubblica in Alto Adige considerata anche come veicolo culturale, e ha permesso di entrare nella grande stanza al terzo piano dove si trovano le decine e decine di plastici, ancora chiusi nelle rispettive scatole di legno, dell'impressionante fondo archivistico, ora acquisito dalla Provincia, dell'architetto brissinese Othmar Barth, considerato il pioniere dell'architettura contemporanea in Sudtirolo.
Dalla zona industriale al quartiere di Gries per un'incursione brevissima alla biblioteca Teßmann, inserita nel circuito di BAW con un angolo per la fruizione di audio con testi letterari sul tema della pandemia e riflessioni su una possibile "Neue Normalität (Nuova normalità)".
Poco più in là in via Fago, nella galleria L'angolo di Umberto Russo, un'altro imperdibile incontro con il progetto artistico di un giovane studente della Lub che ha indagato e rappresentato in maniera creativa il fenomeno del caporalato nel brindisino. Matteo Falcone ha usato la fotografia, la grafica e la stampa su tessuto, la scrittura poetica, inventandosi e dando il nome Amara a un personaggio, un ragazzino del Ghana che descrive in prima persona una giornata di lavoro nei campi di pomodoro: "Na sciurnata Amara", usando in un gioco di parole espressioni dialettali del luogo.
Il tutto per misurare e ridare un valore umano ai lavoratori migranti, fotografati da Falcone singolarmente, rannicchiati nei grandi cassoni verdi adoperati usualmente per contenere i pomodori e stabilire la paga (ma del tutto identici a quelli usati da queste parti per la raccolta delle mele, ed è un dettaglio che fa riflettere). Il valore dell'uomo è anche il titolo del progetto di Falcone, uno degli otto premiati quest'anno dal comitato technico-scientifico di BAW.
Un'altra tappa alla Casa della pesa/ Waag Haus in piazza della Mostra, fulcro di numerose iniziative e attività culturali per via delle diverse associazioni cittadine che vi hanno sede.
Nella cantina di Waag l'incontro con un altro dei progetti premiati, questa volta l'installazione Cul de sac di Stefano Bernardi. Anche qui un progetto artistico che oltre al valore estetico contiene e suggerisce una riflessione ecologica e sociale. Per il materiale povero adoperato: un sacco per l'immondizia riciclato e un tessuto termico per l'emergenza, entrambi cuciti e gonfiati d'aria, a muoversi e frusciare toccandosi, per poi afflosciarsi rumorosamente, e riprendere poi il movimento e il fruscio come a suggerire un respiro, forse cosmico.
Sempre al Waag in una sala apposita, ricavata a un piano alto, con le finestre questa volta sui tetti delle case storiche intorno, nello stesso giorno il talk Chi c'è, c'è! About Art Work a discutere di mediazione e di sistemi dell'arte nel panorama attuale, delle nuove tendenze e prospettive con esperti del settore, galleristi e docenti universitari.
Nelle altre giornate altri incontri e incursioni intraprese in modalità random, eppure altrettanto valide. Le opere della ceramista Veronika Thurin e i monili artistici di Gabi Veit, che ne riprendevano le forme, materializzandone quasi le ombre, in dialogo tra loro nella mostra Modelli e ombre alla TonHaus in via Roggia. E ancora l'inaugurazione dell'artista scandinavo Mats Bergquist alla galleria Antonella Cattani e scoprire che i suoi quadri monocromi dal bianco all'azzurro pitturato sul fondo di legno levigato e tondeggiante sono sensibili al tatto e invitano alla percezione attraverso il contatto delle mani più che soltanto visiva. The sensible practice, il nome di quest'altra mostra.
Tra le innumerevoli altre, un altro progetto vincitore curato da Simone Salvatore Melis che ha messo in dialogo i quadri in piccolo formato del pittore milanese Enzo Forese con le opere di Cecilia Mentasti di Varese, quattro sistemi di strutture leggere tra arte e design, pensati per accogliere i lavori in formato tascabile di Forese e prendersene cura. Una delicata Serenata che nella cornice di Castel Hortenberg, altra tappa del circuito BAW, acquista una connotazione quasi romantica.
Simbolico per il processo di mutamento di significato che un contenitore come BAW può innescare, diventa lo spostamento dell'opera Terminus di Stefano Cagol, creata nel 2015 per la biennale di land art Smach. Spostata per BAW dalle Dolomiti, dove era posizionata a rappresentare una pietra fittizia di confine, al giardino del Parkhotel Mondschein, un luogo della città che grazie alla gestione attuale mostra un'apertura verso l'arte, la cultura e la musica che contrasta con la durezza e ottusità, altri tipi di confini che esistono a Bolzano, rendendo un poco più vivibile la città.
Questa è solo una selezione degli eventi che ho visitato e sicuramente qualcun altro poteva fare o ha fatto altri tour altrettanto interessanti, visitando in questi giorni altre mostre e gli atelier degli artisti aperti per l'occasione.
Ma BAW non è ancora concluso, c'è ancora la giornata di oggi per dedicarsi all'incontro e al confronto con la stessa città attraverso la fruizione e scoperta dell'arte contemporanea. Segnaliamo tra tutte l'iniziativa Le piazze dei saperi, un gioco di comunità per intrecciare relazioni nelle vie e piazze del quartiere Don Bosco Europa-Novacella, nella zona ovest della città, ideato dal collettivo Fantasma. Dalle 10 fino alle 18 si può partecipare al gioco non competitivo, con lo scopo di costruire un archivio di saperi della comunità. Punti di partenza dei percorsi ogni 15 minuti, rispettivamente Piazza Lino Ziller e la Terrazza Lungo Isarco, per concludersi poi con una performance in Piazza Don Rauzi.
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