L’Autobrennero in mostra a Trento
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Nell’antichità le pergamene erano un supporto prezioso. E se un testo, un codice, andava riscritto o corretto non si gettavano certo nel cestino. L’unico modo per riciclarle era grattare fisicamente la superficie e redigere il nuovo contenuto, che andava così a sostituire ma non a cancellare del tutto il segno precedente, di cui restava traccia fisica. Questa prodotto, in filologia, è un palinsesto. Un concetto che l’architettura ha fatto proprio trasferendolo al paesaggio, analizzabile, in quest’ottica, come la stratificazione degli interventi dell’uomo e della natura nei secoli. Proprio Palinsesti è il titolo di una delle due sezioni della mostra “Autostrada del Brennero. Architetture e paesaggi” che ha aperto i battenti venerdì 29 settembre alle Gallerie di Piedicastello, a Trento.
L’esposizione, promossa da Autostrada del Brennero SpA e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano ha, tra i suoi obiettivi,quello di dimostrare come l’A22 sia anch’essa, alla fine un testo, costantemente scritto e riscritto, un palinsesto appunto dentro il palinsesto territoriale. Lo fa, in questa sezione ospitata all’interno della Galleria Bianca, attraverso rilievi e progetti, fotografie e filmati, disposti, come una densa quadreria, secondo la loro effettiva sequenza geografica, tra la Pianura Padana e le Alpi. Un’autostrada può del resto essere studiata con i metodi con cui s’indaga ogni altra opera del territorio, riconoscendo le fasi di progettazione, costruzione e manutenzione che si sono susseguite nel tempo. E l’Autobrennero, con suoi 1.300 metri di dislivello, collocata a cavallo delle Alpi e dunque ponte tra Mediterraneo e Mare del Nord, è un caso di studio particolarmente complesso e interessante. I documenti che testimoniano questa successione, dagli anni Sessanta ad oggi, mettono in rilievo il complesso equilibrio tra le necessità di trasformare e di conservare l’insieme costituito dall’infrastruttura e dai territori attraversati. Alla progettazione e alla costruzione dei 314 chilometri in cui si articola l’Autostrada del Brennero hanno contribuito importanti autori: da Pietro Porcinai (1910-1986), cui fu affidato nel 1965 un incarico di consulenza per l’inserimento paesaggistico dell’infrastruttura, ai fratelli Bruno (1925-1988) e Lino Gentilini (1933-2001), che furono coinvolti nelle prime soluzioni e poi nella realizzazione delle opere d’arte maggiori; da Costantino Dardi (1936-1991), cui si deve il progetto dell’area di servizio di Garda Ovest, ai tecnici della società concessionaria, che hanno realizzato nuove opere e garantito l’efficienza di quelle originali. Le tracce di queste azioni sono impresse nel lungo diagramma che localizza, in sezione e in pianta e a due scale di riferimento (1:10.000 per le distanze e 1:500 per le altezze e le profondità), i nodi e le opere d'arte maggiori presenti oggi lungo il tracciato. La seconda sezione della mostra è invece dedicata alle Mappe, dove si concretizza il tentativo di tradurre la lineraità del tracciato in modalità narrative. Alle pareti si trovano le fotografie realizzate da Giovanni Hänninen, che documentano l’accelerazione delle trasformazioni realizzate ai bordi dell’autostrada nella ‘megalopoli padana’, il persistente disegno dei suoli ai lati dei fiumi Adige e Isarco, l’apparente fissità del contesto alpino. A pavimento è riprodotto il tracciato autostradale (in scala 1:10.000), cui si riferiscono, nel centro della sala, i 15 modelli tridimensionali, che rappresentano (in scala 1 :2000) il territorio disposto nel raggio di 500 metri dalle 22 aree di servizio dell’A22. Su uno degli schermi sono proiettate le carte tematiche, che Marco Voltini ha elaborato utilizzando le risorse dei sistemi informativi geografici (GIS), per rilanciare dal punto di vista dell’osservazione 'in volo', quanto le fotografie avevano colto 'a terra'.
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L’esposizione, che ha potuto contare sulla collaborazione dell’Alta Scuola politecnica Fondazione Ing. Lino Gentilini ed è stata curata da Andrea Gritti, Elena Fontanella e Claudia Zanda (Dipartimento di Architettura e Studi e Urbani del Politecnico di Milano) sarà visitabile fino al 4 febbraio 2024.