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Ah, l'occupazione del Monopolio!

Sandra Montali faceva parte del gruppo che occupava nel 1979 la casa abbandonata "Monopolio" in via Dante a Bolzano: "Provo a recuperare qualche immagine..."
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Foto: Reinhard Knopp

Provo a ricordare. Avevo trent'anni, stavo gia insegnando italiano nelle scuole tedesche, vivevo in una WG, teorizzavo una vita nomade senza nessun possesso. Non avevamo il tele­fono e quando c'era un'emergenza la signora Bonatta dal piano di sopra batteva sul tubo del gas per avvertire che c'era una telefonata...

Era l'ottobre 1979 e la palazzina liberty del Monopolio Tabacchi era abbandonata. Ci dormiva qualche senzatetto e il comune progettava di abbatterla per fare un parcheggio. L'idea di occuparla e trasformarla in un cen­tro interculturale e interetnico, in un'epoca in cui si teorizzava la divisione come dogma po­litico conservatore, mi entusiasmò subito. Provo a recuperare qualche immagine.


La prima scena: nel cortile a strappare le piante per ore. Risultato: mal di schiena. Un ricordo emozionante: la prima notte di occupazione. Una trentina di sacchi a pelo per terra, tanto umido. Una lampada a petrolio. Alex (Langer) da una parte e dall'altra Freddy, il barbone che non si capacitava del fatto che noi giovani volessimo dormire. Cosi, alle 4 del mattino, suonava la fisarmonica che gli avevamo regalato per svegliarci e tenerci compagnia. E al mattino, dopo la notte movimentata, lavarsi con l'acqua fredda del rubinetto in cortile. E poi le feste e gli spettacoli. La gente che veniva tutti i giorni era veramente di tutti i tipi: vicini curiosi, emarginati, impiegati, sindacalisti, studenti, professionisti, giovani e vecchi, ex sessantottini e disimpegnati, italiani e tedeschi; magari per la prima volta insieme in un luogo d'incontro aperto e autogestito.

Gli artisti venivano a esibirsi gratis per appoggiare l'idea. E anche loro erano di tutti i tipi. Non mancava niente. Dalla musica suonata con strumenti medioevali al teatro sperimentale. Quelli del Kulturzentrum disegnavano e stampavano in serigrafia i manifesti e i volan­tini per le varie iniziative. A volte andavo al laboratorio di via Druso a dare una mano e mi divertivo, perché erano persone geniali e molto diverse tra loro: Christian e Peter o Jakob e Franz, i meranesi geniali e provocatori. I teatranti del gruppo Prometeo portavano spettacoli di mimo e acrobazia ed erano stati loro a comunicare alla citta l'inizio dell'occupazione con un corteo circense, in cui Graziano sputava fuoco, e c'era persino un cavallo bianco sui trampoli. Credo fossero stati sempre loro a invitare da Milano un ar­tista fuoriuscito argentino, César. Ho ancora negli occhi il flash del suo spettacolo da solo, nudo e bellissimo, occhi verdi, il pubblico in cerchio intorno, tutti affascinati e turbati dal dramma che rappresentava.

 

Ma c'erano anche le feste per bambini, dove tutti cantavano, ballavano, dipingevano, decoravano la casa di murales. E Radio Popolare, dal furgone giallo di Christian piazzato nel cortile, trasmetteva in diretta i concerti, che andavano dal canzoniere popolare dell'Arbeitersinggruppe, ai cantautori bolzanini doc e persino il gruppo folk degli Ohrwürmer, arrivati addirittura da Innsbruck.

Ma naturalmente c'erano anche le assemblee politiche, per progettare le richieste d'autorizzazione alla gestione dell'edificio, da presen­tare al Comune con la firma di 24 associazioni culturali. Si organizzavano raccolte di firme e adesioni di solidarietà al progetto, in cui coinvolgere tutta la città.
E poi le assemblee per risolvere i problemi della gestione quotidiana, in cui si tentava di coordinare le diverse iniziative, compresi i lavori di restauro della casa, tra cui l'epica gara per riparare il tetto contro il maltempo autunnale.
Ma si discuteva anche se poter escludere qualcuno e, ad esempio, non far entrare la droga, in modo da non dare adito alla possibilità di essere sgombrati dalla polizia come luogo di spaccio. Non facile nell'atmosfera li­bertaria che si respirava. C'erano Irmtraud e Betty soprannominate le mamme perché cercavano di portare del buon senso nella tendenziale anarchia del tutto.

E infine la grande delusione, le ruspe mandate dal sindaco Bolognini a distruggere la casa dei nostri sogni con una violenza inimmaginabile, dato che non facevamo nulla di pericoloso, salvo turbare il rigido sistema di divisione etnica e permetterci iniziative cul­turali dal basso. Uno squallido parcheggio al posto del nostro progetto. Terribile! Ma allora che fare? Ci venne in mente di far vivere l'idea in un pezzo tea- trale. Ed eccoci al Teatro Comunale a fare le prove di Die Rundkopfe und Spitekopfe (Teste tonde e teste a punta), un pezzo didascalico di Brecht, in sé quasi irrapresentabile. Ma che divertimento!


45 non attori in scena (neanche la meta aveva esperienze teatrali precedenti), a costruire le maschere di cartapesta con Lena Ilgisonis, la bella scenografa russa. Il regista viennese Götz Fritsch che ci faceva imparare le parti recitando ognuno nella propria lingua. Le entusiasmanti prove per cantare in coro le belle musiche di Hanns Eisler. Io facevo la parte delle scritte brechtiane, trasformate in un'annunciatrice televisiva che riferiva sulle fasi del conflitto. Avevo un vestito d'epoca arancione con le frange e ballavo il charles­ton. Da dietro le quinte vedevo il gruppetto dei musicisti. La Susi suonava il piano con un vestito lungo e verde anni venti e poi c'era Benno, con la giacca buttata sulle spalle e il cappello, illuminato da un occhio di bue, che cantava die Ballade vom Wasserrad. Il pubblico aveva molta pazienza a sorbirsi tutta la storia, ma venivano soprattutto per solidarietà e per la stranezza di un pezzo recitato in due lingue. Avemmo un successo strepitoso!

 

In seguito un'altra esperienza, generata in qualche modo dal Monopolio, è stata per me quella della redazione di Tandem, la rivista bilingue, non tradotta, pensata insieme discutendo interminabilmente fino a tarda notte. Una fucina di idee ed esperienze giornalistiche.
E tutto questo aveva in comune il piacere di tentare progetti innovativi, di provare a im aginare una società bilingue in cui la comunicazione funzionasse con leggerezza. Per questo alcuni di noi decisero di affron­tare l'intercultura in altro modo, fondando la cooperativa di insegnanti di italiano e tedesco Alpha&Beta. L'idea di partenza era che per capirsi fosse meglio conoscere anche la lingua dell'altro, la sua cultura e la sua mentalità; con piacere e curiosità, come arricchimento e allargamento di prospettive e punti di vista.
Oggi più che mai le lingue, i diversi, gli incontri si sono moltiplicati e arricchiti. Per af­frontare la complessità occorrono fantasia, voglia di sperimentare, luoghi di incontro, progetti in comune, nuovi approcci e capacità di mettersi in discussione. Essere affascinati dalla diversità, non averne paura.

C'è ancora bisogno di lavorarci sopra, come allora.
Insieme


Salto in collaborazione con Edizioni Alpha Beta Verlag

 

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Sepp.Bacher So., 05.01.2020 - 10:24

Schöner Bericht Sandra! Schade, dass wir uns überhaupt nicht mehr zufällig begegnen; mindestens seit 20 Jahren. Schön auch, wie du ohne Polemik und ohne Ressentiment das so schön erzählt. Viele Details hatte ich nicht gewusst.
Schön wieder an den sympathischen Christian, den ich sehr möchte, weil er einerseits so genial und andererseits so Humor-voll war. Das glaube ich geht den heutigen militanten Links-alternativen ab. Kleine Stänkereien und a bißl Spöttel darf doch sein! Leider ist Christian all zu früh durch einen tödlichen Verkehrsunfall aus dem blühenden Leben gerissen worden!
Schön auch an die Arbeitersinggruppe und an Irmtraud erinnert worden zu sein. Da war auch dein (damaliger?) Partner Benno an vorderster Front mit dabei. Ich hatte eine Kassette von ihnen, die leider nach 40 Jahren nicht mehr funktioniert. Ich habe aber eine CD in der verschiedene Volkslieder für verschiedene Anlässe wiedergegeben werden, darin ist auch das Begräbnislied der Bergarbeiter von Ridnaun zu finden.
Ich grüße dich Sandra. Mach´s gut! Vielleicht begegnen wird doch mal wieder!?

So., 05.01.2020 - 10:24 Permalink