Gesellschaft | custodi Di Ricchezza

Schrockn

Al di fuori della Val Senales lo Schrockn è pressoché sconosciuto. Una tradizione raffinata che il Fascismo ha tentato di eliminare è oggi custodita nel borgo di Karthaus
Schrockn
Foto: Ricarda Schmidt

Lo Schrockn è una di quelle perle, piccole ma raffinate, del patrimonio culturale vivente, che rifulge nella penombra. Al di fuori della Val Senales è pressoché sconosciuta: di fatto, è una tradizione vissuta solo nel piccolo borgo di Certosa. Incontro Paul Schwienbacher, il più giovane degli Schrocker con i suoi 40 anni, per saperne di più.
“È un’usanza religiosa”, esordisce Paul, menzionando l’aspetto per lui fondamentale e prosegue: “Non si tratta di folklore né di soddisfare le aspettative dei turisti”. Poi mi spiega il semplice svolgimento: “Noi Schrocker raggiungiamo il campanile della chiesa, prendiamo una delle campane e cerchiamo di batterla contemporaneamente al resto del gruppo, seguendo le indicazioni del direttore”.
Paul stesso ha assunto 20 anni fa il ruolo di direttore tramandatogli da suo padre, il sacrestano della chiesa, e mi racconta: “Da bambino lo accompagnavo al campanile e ascoltavo i rintocchi. Svolgeva questo compito dal 1980. Dopo la sua morte, gli Schrocker avrebbero voluto smettere, hanno continuato solamente perché sono subentrato io”.

 


In passato questa tradizione aveva già rischiato di finire nel dimenticatoio: durante il fascismo, infatti, fu vietata per molti anni. Al termine di quel periodo buio, la gente cominciò a far rivivere lo Schrockn e questo la dice lunga sull’importanza che riveste per la nostra identità”, commenta Paul. “Negli ultimi tempi si è formata anche una piccola cerchia di persone, disposte a sponsorizzare i nostri grembiuli e presto anche i cappelli, curiosamente sono tutte donne.” Eppure finora questo costume è sempre stato prettamente al maschile, perché dopo la morte di uno Schrocker, toccava solitamente a uno dei suoi figli, come nel caso di Paul. “Naturalmente le donne non sono escluse, è solo che non hanno mai chiesto di partecipare sinora”, mi spiega. Attualmente, si contano cinque esecutori, un direttore e “tre sostituti, nel caso qualcuno non possa presentarsi”, aggiunge Paul.

 

Senza campane niente Schrockn

 

Nel frattempo, lo stesso Paul è diventano sacrestano della Chiesa di Sant’Anna, sopravvissuta all’incendio del 1924, che una volta era frequentata dalla servitù dell’Abbazia di Allerengelberg. In occasione delle festività del Corpus Domini, del Santo Patrono e del Sacro Cuore di Gesù, nel suo campanile si svolge lo Schrockn, la cui funzione principale è quella di attirare l’attenzione degli abitanti: “Il giorno prima della ricorrenza suoniamo alle 17, e poi di nuovo il giorno stesso della festa”. Per il Santo Patrono, il giorno di Sant’Anna, lo Schrockn è immancabilmente accompagnato dai petardi. “Noi possiamo suonare le campane a prescindere dalle condizioni meteorologiche, mentre i petardi vengono scoppiati solo con il bel tempo”, mi spiega Paul.

 

“In origine l’usanza si praticava più spesso”

 

Il momento esatto in cui è iniziato lo Schrockn si cela nell’oscurità della storia. L’unica cosa certa è che questa ricorrenza è andata scemando negli ultimi decenni, anche perché sono state abolite alcune festività religiose, come quella di San Pietro e Paolo. “Ogni volta che c’era una processione, eseguivamo lo Schrockn, ora invece ci limitiamo a tre volte l’anno”, afferma Paul dispiaciuto, perché questo numero potrebbe diminuire ulteriormente, in un futuro non troppo lontano. “Le tre parrocchie di Certosa, Monte S. Caterina e della Madonna di Senales sono già servite da un unico parroco. Presto, a causa della mancanza di personale ecclesiastico, le processioni per le festività probabilmente non si svolgeranno più a Certosa ogni anno, ma verranno fatte ruotare fra le tre località. Non possiamo farci niente, ma una cosa è sicura: quanto più raramente potremo esibirci, tanto maggiore sarà il coinvolgimento con cui lo faremo”.
“Lo Schrockn si può riproporre in qualsiasi campanile?”, chiedo a Paul, che ribatte: “No, è legato alle campane della chiesa di Sant’Anna, perché qui si può disattivare il meccanismo automatico che normalmente le fa suonare; ed è raro trovare campanili così”.

Durante il fascismo, lo Schrockn fu vietato per molti anni. Al termine di questo periodo buio, la gente cominciò a far rivivere questa usanza. Questo dice molto sul significato dello Schrockn per la nostra identità. Questa valenza identitaria si avverte ancora oggi

Alla mia ingenua domanda su come ci si esercita allo Schrockn e su come la popolazione locale possa distinguere tra prove e “performance” vera e propria, Paul fuga ogni dubbio. “Non ci sono prove, suoniamo sempre dal vivo e per una certa ricorrenza. A seconda della giornata, l’esecuzione può durare di più o di meno. Nel primo caso, in paese si pensa che vogliamo allontanare le nuvole, anche quando non ce ne sono”, dice ammiccando.
Ogni errore è udibile a chilometri di distanza ed è per questo che gli Schrocker fanno di tutto per non sbagliare. “Riceviamo spesso commenti dai residenti, come elogi o richiami, sempre a sfondo umoristico, naturalmente”, racconta Paul, “ma non finisce qui: chi sbaglia deve offrire un giro di bevute.” La pena si sconta subito dopo l’esecuzione presso la Gasthaus Grüner o la Goldene Rose, dove di consueto si riunisce il gruppo, che tradizionalmente riceve il “vino Schrocker” dai locandieri in segno di ringraziamento.