Se fossi un terremotato
Davanti alle immagini di 100.000 persone che perdono la casa per il terremoto, penso: e se fosse capitato a me? Cosa farei, e cosa mi aspetterei, facessero gli altri per me? Perdere la casa e tutti i beni materiali, vuol dire ripartire da zero. Ce la potrei fare? La prima risposta che mi viene è che non vorrei carità e che guarderei oltre la pur necessaria solidarietà dei primi giorni. Mi darebbero fastidio le interviste, la retorica, le promesse delle Istituzioni: vorrei sapere di cosa ho diritto. Al terremoto, come alle tante e sempre più frequenti calamità naturali, alla disperazione delle persone colpite non si possono più riproporre le solite formule paternalistiche delle raccolte straordinarie di fondi, i più svariati conti correnti di solidarietà, la beneficenza. E nemmeno le ipotesi di politiche straordinarie di bilancio che finiscono in nuove imposte o, sempre più spesso, in interventi economici a debito delle generazioni future. È tempo di pensare a qualcosa di permanente, di reciproco, che possa servire a chiunque venga colpito da (purtroppo) nuove catastrofi. Un aiuto reciproco sistematico, un mutuo aiuto su base nazionale, o meglio europea. In altre parole una nuova mutualità. Un fondo ad adesione volontaria, sempre disponibile nei casi di calamità e costantemente finanziato dai suoi soci. Se fossi (o se sarò) un terremotato, vorrei poter aver diritto alle prestazioni di questo fondo mutualistico e non dover dipendere dalla generosità dello Stato e dei concittadini. Anche se preferisco comunque pensare ad aver pagato i contributi per tutta la vita al fondo, senza mai averlo dovuto utilizzare.
(www.albertostenico.it)