Politik | Ucraina

Escalation invece di pace

A un mese e mezzo dai colloqui in Alaska, la guerra in Ucraina continua senza tregua. Tra la nuova retorica americana e le mosse di Mosca lo scenario resta incerto. SALTO ha raccolto l’analisi del politologo ucraino Oleksii Kolesnykov.
Tina Hartung via unsplash
Foto: Tina Hartung via unsplash
  • In Ucraina la guerra non allenta la presa. Nella notte tra il 4 e il 5 ottobre 110 attivisti italiani di ritorno da Kharkiv hanno assistito dal treno sul quale viaggiavano a un massiccio bombardamento contro Leopoli. Il convoglio, parte della decima missione del Mean – Movimento europeo di azione non violenta che era nel paese per incontri con la società civile ucraina, è riuscito a raggiungere il confine polacco nonostante le esplosioni lungo il percorso. “Abbiamo provato quello che si prova in Ucraina tutti i giorni, ovvero vivere sempre con il terrore addosso, di dovere fuggire, di vedere esplodere la tua casa", ha detto all'ANSA Angelo Moretti del Mean.

    In questo contesto di guerra che non conosce tregua, la diplomazia internazionale fatica a trovare slancio. Dopo i colloqui in Alaska a metà agosto tra Stati Uniti e Russia le aspettative oscillano tra speranze e timori. Per comprendere meglio cosa significano questi sviluppi per l’Ucraina e per l’Europa, abbiamo parlato con il professore Oleksii Kolesnykov, politologo ucraino e visiting researcher all'EURAC che vive e lavora in Estonia, dove lo abbiamo raggiunto al telefono.

    “A un mese e mezzo dall’incontro in Alaska, il processo di pace mostra pochi progressi, a parte un importante scambio di prigionieri”, spiega Kolesnykov. “La Russia continua le offensive di terra e ha intensificato i bombardamenti aerei, mentre l’Ucraina colpisce l’industria petrolifera e militare russa e mantiene le linee difensive. Non ci sono stati negoziati ufficiali dopo l’ultimo incontro di Istanbul in estate, e il vicepresidente USA JD Vance ha recentemente confermato che la Russia ha rifiutato tutti i colloqui bilaterali e trilaterali.”

     

    “Vediamo un pericolo sempre maggiore di inasprimento della guerra, non progressi concreti verso la sua fine.”

     

    Secondo Kolesnykov, anche sul piano politico il quadro è cambiato. “La retorica di Donald Trump si è trasformata in modo sorprendente. Dalla sua precedente affermazione che l’Ucraina non aveva ‘carte in mano’, è passato a dichiarazioni secondo cui l’Ucraina può ‘riconquistare’ tutti i suoi territori e la Russia sarebbe solo una ‘tigre di carta’. Questo cambiamento coincide con le prime consegne di armi americane acquistate dagli alleati europei, e con provocazioni russe con droni e caccia in Polonia, nei Paesi baltici e in Scandinavia. Inoltre, l’inviato speciale USA per Ucraina e Russia, Keith Kellogg, ha confermato che Kiev ha il diritto di colpire in profondità dentro il territorio russo.”

    Tutto questo, osserva Kolesnykov, fa pensare più a un rischio crescente di escalation che a veri passi avanti verso la pace. “Vediamo un pericolo sempre maggiore di inasprimento della guerra, non progressi concreti verso la sua fine.”

  • Oleksii Kolesnykov

    Ha un dottorato di ricerca in Scienze Politiche ed è attualmente Research Fellow presso il Johan Skytte Institute of Political Studies dell’Università di Tartu, Estonia (dal 2023). In precedenza ha lavorato come docente e ricercatore all’Università Nazionale Yuriy Fedkovych di Černivci (Ucraina). Ha inoltre ricoperto il ruolo di analista politico e successivamente di direttore dell’Association for Community Self-Organisation Assistance, uno dei principali think tank ucraini dedicati alla governance locale, alla democrazia e alla partecipazione civica. Ha collaborato come esperto con il progetto europeo Association4U, sostenendo l’Ufficio del Vice Primo Ministro dell’Ucraina per l’Integrazione Europea ed Euro-Atlantica, nonché l’Ufficio Governativo per il Coordinamento dell’Integrazione Europea ed Euro-Atlantica.

  • Una tregua, non la pace

    Oleksii Kolesnykov: "L’Ucraina deve concentrarsi sui suoi cittadini, stabilizzare l’economia, costruire resilienza." Foto: privato

    Pur riconoscendo che le possibilità di una tregua sono leggermente aumentate, Kolesnykov resta scettico. “Entrambe le parti sono esauste”, afferma. “All’Ucraina mancano uomini e armi, mentre la Russia ha ottenuto guadagni territoriali minimi a un prezzo enorme. Questo crea incentivi a una pausa, ma Mosca continua a credere di poter ottenere di più nei prossimi mesi e avanza richieste che l’Ucraina non può accettare. Finché la Russia non abbassa le sue aspettative, un compromesso è improbabile. Al massimo, potremmo avere un cessate il fuoco, ma non una pace duratura.”

     

     

    "Il Paese deve concentrarsi sul riportare indietro la sua gente, sul costruire uno Stato moderno. Questa è la vera priorità".

     

    Per il professore, in realtà, la guerra non è mai stata solo una questione di territori. “È una guerra esistenziale. L’obiettivo reale della Russia era distruggere l’Ucraina come Stato. Dopo aver fallito, ora cerca successi simbolici da mostrare alla popolazione: il Donbass, per esempio. Ma i territori non sono sacri. La questione più grave sono le persone. Perdere cittadini è molto peggio che perdere terre. Uno Stato forte può recuperare i territori più tardi – come ha fatto l’Azerbaigian con il Karabakh dopo trent’anni – ma senza popolazione l’Ucraina non può sopravvivere.”

    Kolesnykov esprime grande preoccupazione per lo squilibrio demografico. “Il Paese deve concentrarsi sul riportare indietro la sua gente, sul coinvolgerla, sul costruire uno Stato moderno. Questa è la vera priorità.”

  • La dipendenza dall’Occidente

    Sul fronte politico, intanto, tutto resta congelato. Non si possono tenere elezioni sotto la legge marziale, anche se parlamento e presidenza hanno già superato la loro scadenza. “Un cessate il fuoco potrebbe aprire una finestra”, spiega. “Figure come Valerij Zaluzhnyj, ex comandante in capo dell’esercito, sono molto popolari. Se si candidasse, nessuno sa se punterebbe di più sulla pace o sulla guerra. Molto potrebbe cambiare. Ma finché la guerra continua, la vita politica resta sospesa.”

    La sopravvivenza dell’Ucraina, però, non dipende solo dalla politica interna. “Siamo totalmente dipendenti dalle armi americane”, dice Kolesnykov. “Senza i Patriot, i missili russi colpirebbero i loro bersagli. Questo dà a Trump un’enorme leva. Potrebbe cercare di forzare un accordo rapido, anche per ambizioni personali. Ma c’è un’alternativa: l’Europa può comprare le armi dagli USA e trasferirle a Kiev. Per Washington è redditizio, quindi sostenibile. Tuttavia, l’Ucraina non è riuscita a costruire un’economia di guerra. Dipendiamo completamente dal denaro e dalle armi occidentali, e questo ci rende vulnerabili.

    Dall’Estonia, Kolesnykov osserva come la guerra influenzi l’intera Europa. “Le ambizioni di Putin vanno oltre l’Ucraina. I Paesi baltici lo sanno bene e ci sostengono più di chiunque altro. Finché la Russia è impegnata in Ucraina, si sentono sicuri. Ma se il conflitto si congela, il rischio per loro cresce. L’articolo 5 della NATO non è più così affidabile come un tempo – l’opinione pubblica in alcuni Paesi europei dubita che si difenderebbe davvero, ad esempio, l’Estonia. Ecco perché qui ci si prepara seriamente: in Estonia i cittadini ricevono opuscoli con istruzioni per l’emergenza, esistono app di difesa civile, e i caccia sorvolano costantemente i cieli. L’Europa deve rafforzare le proprie capacità di difesa, perché sugli Stati Uniti di Trump non si può contare.”

     

    "I territori non sono sacri. Le persone lo sono."

     

    La diplomazia, sottolinea, resta comunque fondamentale. “Trump non può agire da solo. Le sanzioni e gli strumenti politici funzionano solo se USA ed Europa agiscono insieme. La compattezza europea durante la visita del presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy a Washington è stata molto importante: rende più difficile a Trump indebolire l’Ucraina. E se la diplomazia dovesse fallire, l’Europa può comunque sostenere Kiev acquistando armi negli Stati Uniti e trovando nuove fonti di finanziamento, ad esempio attraverso accordi sulle risorse minerarie ucraine.”

    In Europa, alcuni evocano modelli di autonomia – come quello dell’Alto Adige – per alcune regioni ukraine. Kolesnykov conosce bene la nostra regione, ma respinge l’idea: “È un modello bellissimo, ma lì non c’è un aggressore esterno. In Ucraina, la Russia sfrutta questioni culturali e religiose come strumenti di influenza. L’autonomia qui verrebbe solo manipolata da Mosca.”

    Alla fine dell'intervista, Kolesnykov torna al punto centrale. “I territori non sono sacri. Le persone lo sono. L’Ucraina deve concentrarsi sui suoi cittadini, stabilizzare l’economia, costruire resilienza. Solo così sarà abbastanza forte per affrontare il futuro.