Politik | 4 novembre

Unitalia cerca di scordare la sconfitta elettorale commemorando i caduti

Stasera (4 novembre), alle ore 19.00, il movimento Unitalia torna sotto al Monumento di piazza Vittoria per celebrare alla sua maniera il 4 novembre. Avremo così la giusta irritazione dei concittadini di lingua tedesca e l’ennesima strumentalizzazione di un manufatto che, nell’attesa di essere completamente storicizzato, continua a essere caricato di un assai dubbio significato simbolico.

Sul sito dell’Esercito italiano si legge: “II 4 novembre 1918 aveva termine il 1° conflitto mondiale - la Grande Guerra - un evento che ha segnato in modo profondo e indelebile l'inizio del '900 e che ha determinato radicali mutamenti politici e sociali. La data, che celebra la fine vittoriosa della guerra, commemora la firma dell'armistizio siglato a Villa Giusti (Padova) con l'Impero austro-ungarico [in realtà la firma fu apposta il 3, ndr] ed è divenuta la giornata dedicata alle Forze Armate. In questa giornata s’intende ricordare, in special modo, tutti coloro che, anche giovanissimi, hanno sacrificato il bene supremo della vita per un ideale di Patria e di attaccamento al dovere: valori immutati nel tempo, per i militari di allora e quelli di oggi”.

Tra quei “radicali mutamenti politici e sociali” citati, è bene non scordare lo smembramento del territorio tirolese in tre tronconi – a meno di non voler considerare il Trentino e l’Alto Adige come effettivamente uniti – e soprattutto il duro conflitto etnico che ne risultò. Un conflitto per fortuna ormai risolto, eppure ancora capace di risvegliarsi in occasioni celebrative come quella odierna, allorché diventa inevitabile l’uso di certi simboli. Capita così che, invece di gettare acqua sul fuoco, pochi estremisti aspettino ogni anno con trepidazione l’occasione per gettarci il loro fiammiferino. Anche se pomposamente poi lo chiamano “fiamma”.

Recentemente sconfitto alle urne (non riuscendo cioè ad eleggere neppure Donato Seppi, il suo capolista), il movimento nazionalista Unitalia è rimasto forse l’unico, qui in Alto Adige, a presentarsi sotto il vecchio mausuleo fascista con la scusa della “celebrazione di tutti i caduti”. In realtà, l’unica cosa che qui si celebra è la propria grama sopravvivenza politica, ormai tutta concentrata in gesti rituali e dal supposto valore simbolico (non a caso, il punto più alto toccato dalla recente campagna elettorale fu il pagamento dell’affitto per tornare a riaprire la vecchia sede missina di via Locatelli). Si tratta di eventi in via d’estinzione, nonostante tutto. Forse neppure meritevoli di un particolare accanimento critico (i professionisti della critica, specialmente sul versante tedesco, non mancheranno di certo e ne sentiremo i lamenti per tutta la giornata, forse fino a domani). Piuttosto: valesse l’impegno dell’amministrazione pubblica – quello relativo cioè alla definitiva messa a punto del Monumento alla Vittoria come sede museale –, c’è da sperare che prima o poi venga anche emessa l’apposita ordinanza e il divieto di utilizzare lo spazio in questione allo scopo di eseguire manifestazioni del genere. La probabile raffica dei “me ne frego” in risposta, ancorché difficile da silenziare del tutto, varrebbe perlomeno la riscossione di una multa.