Alcide e l'Autonomia
Uomo schivo ma determinato, grande amico di Aldo Moro e in ottimi rapporti con Silvius Magnago, Alcide Berloffa è il “padre” italiano dell’Autonomia altoatesina. A lui è dedicato il documentario di Franz Oberkofler che sarà proiettato oggi al centro Trevi alle 17 (6 aprile) nell’ambito del Bolzano Film Festival. La consulenza storica è stata a cura di Giorgio Mezzalira.
Per fare capire lo spessore del personaggio, riproduciamo qui una sola domanda di un'intervista al figlio Paolo Berloffa pubblicata su salto.bz l’anno scorso in vista dell’inaugurazione dell’area dedicata al politico democristiano nel parco della Stazione.
Salto.bz: “La scuola che non deve perdere di vista l’obiettivo primo della preparazione di cittadini bilingui destinati a vivere ed operare in una zona mistilingue”. Questa sembra una frase di Christian Tommasini del 2017 ed invece è stata pronunciata da suo padre nel 1961 in Commissione dei 19. Così come questa: “La scuola deve salvaguardare gli interessi culturali delle minoranze linguistiche e formare cittadini preparati alla convivenza pacifica e fruttuosa nell’ambito locale e in quello nazionale ed aperti alla visione delle future e più vaste comunità democratiche europee”. E allora l’Unione europea era ancora un’idea più che una realtà.
Paolo Berloffa: L’ideale di creare dei giovani sudtirolesi che fossero slegati dai nazionalismi era già allora sentita come una necessità. In Italia si disse si è fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani. Qui valeva lo stesso: l‘autonomia era fatta, bisognava creare una comunità autonomistica sudtirolese-altoatesina in cui tutti potessero tenere la loro identità e costruire un futuro comune. La posizione langeriana, per fare un raffronto, prevedeva invece il superamento delle identità e una fusione tra le culture, che, essendo i rapporti numerici tra i gruppi molto differenti, avrebbe portato un gruppo a prevalere sull’altro.
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