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Gesellschaft | Maltrattamenti

Signor Degrado

Breve ricognizione nel parco della Stazione per controllare la situazione di decomposizione sociale condannata da tutti.

L'altra sera ho fatto un giro per piazza stazione, volevo vedere a che punto stava il “degrado”. Ho proprio detto questa frase – “voglio vedere a che punto sta il degrado” – , pensando a questa parola, a questo concetto non nei termini di una situazione, ma di una persona. Come se “degrado” fosse il nome proprio di una persona. E allora andare a vedere a che punto stava il “degrado” era un po' come se avessi voluto andare a vedere come stava il signor Degrado, qualcuno che sappiamo di trovare lì dove lo cerchiamo, e come facciamo con certi malati cronici, senza aspettarci un grosso miglioramento, ma neanche paventando un peggioramento molto drastico. Verso le dieci ho così parcheggiato la macchina davanti all'edicola del parco, in uno di quegli spazi in cui si può sostare al massimo quindici minuti. Appena ho spento i fari ho notato un gruppo di persone che, senza spingere troppo in avanti la mia percezione, ho identificato subito come “Nordafricani”. A seguire alcune mie pigre associazioni mentali, legate a una certa immagine ormai codificata in relazione alla provenienza. Erano tutti maschi, tutti giovani. Li ho guardati, mi hanno guardato. “Serve qualcosa?”, mi ha chiesto uno. Ho fatto cenno di no, ma sorridendo. Mi ha sorriso anche lui. Il parco, di sera, non è certo uno spazio che invoglia ad essere attraversato. Ci sono gruppi di persone, quasi tutte di colore, che occupano le panchine e parlano in lingue sconosciute. Ridono, si spingono, trafficano. Chi, come me, non è interessato a quel che fanno, potrebbe attribuire al loro stare insieme una caratteristica fastidiosa. Ma è più il fastidio derivante dal sentirsi soli in un contesto in cui, è evidente, dominano ormai logiche consolidate, che odorano di piccoli crimini e di vaghe minacce, anche se in prevalenza non accade nulla. Il signor Degrado l'ho incontrato all'interno del locale che affianca il famigerato bar Miami di via Perathoner, di recente fatto chiudere dal questore Giuseppe Racca. Mi si è avvicinato (stavo mangiando un Kebab) e mi ha detto se potevo aiutarlo ad acquistare un biglietto del treno per Fortezza, dove aveva la residenza. Un biglietto costa venti euro, mi ha detto. A me francamente la cifra pareva un po' esagerata, abbiamo cominciato a trattare. Io però gli ho detto anche che al massimo gli avrei dato due euro. E che la storia del biglietto mi pareva inventata. Allora lui mi ha chiesto se potessi trovargli un lavoro. “Vengo dal Senegal”, mi ha detto, “ma il vecchio che mi ha portato qui in Italia, per il quale lavoravo, è morto. Ora sono fuori e non so come fare”. Aveva lo sguardo furbo, si vedeva che non era vero. Ma se a lui non importa che si sappia la verità, perché dovrebbe importare a me? Gli ho dato due euro. La proprietaria del locale, che ha seguito la scena, mi ha fatto pagare due euro di meno il Kebab e la Coca. Sono tornato alla macchina bordeggiando il parco, nel frattempo popolatosi di altre ombre. Probabilmente non c'è nessuno interessato a migliorare questo luogo. I piccoli interessi truffaldini dei suoi ospiti coprono altri interessi, o quantomeno il disinteresse che le cose mutino davvero. Eppure il signor Degrado non sembra un tipo che pianti le tende a lungo, se trovasse altrove qualcosa di meglio da fare.