Konvent sul binario morto
L'esito del referendum di domenica è la pietra tombale sulla Convenzione per l'Autonomia? Non è un mistero, infatti, che la riforma della Costituzione targata Renzi-Boschi – bocciata in maniera bulgara dalle urne, eccezion fatta per quelle sudtirolesi, emiliano-romagnole e toscane – fosse direttamente collegata al processo di riforma degli Statuti. Tanto che una norma transitoria stabiliva come, se fosse entrato in vigore il nuovo testo costituzionale, il Titolo V riformato non si sarebbe applicato “alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano fino alla revisione dei rispettivi statuti sulla base di intese con le medesime Regioni e Province autonome”. Non solo. Già prima del referendum, nel suo periodico resoconto su facebook, il consigliere provinciale dei Verdi e membro del Konvent Riccardo Dello Sbarba lanciava un ulteriore allarme: “C'è una novità in arrivo dal Consiglio provinciale. Lo stesso presidente del Konvent Christian Tschurtschenthaler ha inserito nella finanziaria che va in aula tra dieci giorni una modifica alla legge istitutiva della Convenzione che ne cambia radicalmente il prodotto finale. La Convenzione, scappata di mano agli stessi partiti che l'hanno istituita, sovra-rappresentata sul fianco destro, assolutamente carente sul lato partecipativo, ora viene avviata sul binario morto”. Quale modifica comporterebbe un tale depotenziamento della Convenzione? “Da documento definitivo suddiviso in articoli e con relazione accompagnatoria, che rimanda a una sorta di ddl di riforma dello Statuto, si passa a documento contenente suggerimenti, cioè una specie di minestrone neppure di proposte, no – di semplici suggerimenti, parola che non ho mai trovato in nessuna legge.”
Convenzione überflüssig?
“Nella mia relazione al bilancio regionale (nella seduta di Consiglio post-Renxit) ho precisato che il Konvent non è superfluo” ha dichiarato ieri in conferenza stampa il presidente della Provincia Arno Kompatscher, “ha comunque senso che la Convenzione di Bolzano così come la Consulta di Trento vadano avanti, perché è ragionevole – e mi auguro – ci sia una condivisione tra tutti i soggetti coinvolti sugli obiettivi di un'eventuale e futura revisione dello Statuto d'Autonomia. Ovviamente non sara più così semplice porre in essere questa modifica, ora che sono cadute le premesse”. Se fosse stata approvata la riforma costituzionale di Renzi, avremmo avuto tali premesse? “Certo, con la clausola di garanzia e il principio dell’intesa il testo non sarebbe stato più modificabile da parte del Parlamento. Adesso bisogna raggiungere in qualche modo un risultato analogo, affinché eventuali nostre modifiche non abbiano ripercussioni negative. Solo se abbiamo questa garanzia, è consigliabile mettere mano allo Statuto, altrimenti non posso fidarmi di avviare in Parlamento una riforma dello Statuto perché potrebbero apportarvi modifiche senza l'intesa con noi. E alle condizioni attuali, chissà quando avremo un Parlamento che avrà voglia di discutere un disegno di legge costituzionale di riforma dello Statuto d'Autonomia...”
Francesco Palermo rammenta dalla Capitale i rischi di una mancata riforma dello Statuto: “Va a danno della nostra autonomia” spiega il senatore a Salto.bz, “perché alla lunga le competenze possono essere erose, soprattutto in via giurisprudenziale. L'esito del referendum potrebbe complicare il negoziato a Roma, che la clausola di salvaguardia avrebbe certamente facilitato, ma non tocca in alcun modo il lavoro da fare a livello locale. Sono due piani diversi e tali vanno tenuti. Si potrà anche ritenere di non aprire un negoziato con Roma (anche se sarebbe a mio avviso un errore, ma vedremo come sarà la situazione nella prossima legislatura) ma non produrre una proposta condivisa sul piano locale danneggia solo noi e la nostra credibilità. Quindi al momento il referendum non dovrebbe avere conseguenze. Se dovesse prevalere l'idea di accantonare tutto sarebbe un ennesimo grave errore di sottovalutazione della posta in gioco da parte della politica locale.”
Dal Trentino dove il "no" ha vinto, il Presidente del Consiglio provinciale Bruno Dorigatti fa sapere che il risultato del referendum è addirittura un motivo in più per proseguire i lavori: “L'affermazione del voto contrario all'ipotesi di riforma, se evidenzia da un lato la carenza di attenzioni al crescente disagio sociale, dall'altro palesa il rifiuto dell'elettorato di ciò che gli è apparso come una sorta di confuso progetto costituzionale” scrive in una nota l'esponente dei democratici trentini: “In quest'ottica, anche il lavoro della Consulta per il terzo Statuto d'autonomia non potrà che proseguire con maggior vigore, proprio con l'obiettivo di fornire strumenti nuovi e prospettive diverse al futuro che si sta costruendo”.