Il viaggio di uno scoop
Occhi puntati sul Sudtirolo. È rimbalzata in fretta, perfino oltre i confini europei, l’inchiesta di salto.bz, firmata da Christoph Franceschini, sull’ingente quantitativo di mascherine importate in Alto Adige dalla Cina - tramite l’Austria, con l’intermediazione del gruppo Oberalp di Bolzano - che non hanno ottenuto la certificazione CE di standard europeo (ma lo scandalo acquista intanto nuovi contorni).
Come ormai noto, infatti, il laboratorio viennese del Ministero della Difesa austriaco, incaricato della valutazione del materiale protettivo, ha sentenziato: “Si sconsiglia di mettere in circolazione o utilizzare queste mascherine” a causa di difetti di fabbricazione che possono far scivolare la mascherina o addirittura lacerarla.
La notizia, oltre a essere stata ripresa da testate nazionali come Il Fatto Quotidiano, ha trovato ampio spazio anche sui media austriaci. La prima a rilanciare lo scoop è stata la rivista Profil, a seguire il quotidiano Der Standard e Die Presse oltre alla radiotelevisione pubblica Orf (anche nella versione online). Sulle mascherine “inutilizzabili” ha scritto anche il settimanale di Amburgo Der Spiegel, e anche quello americano Washington Examiner che ha riportato l’esempio di vari paesi che hanno ricevuto equipaggiamento protettivo difettoso dalla Cina.
Nel frattempo la procura di Bolzano si sta occupando del caso del rifornimento delle mascherine provenienti dalla Repubblica popolare cinese: ”Non è un'indagine penale, ma un fascicolo relativo a fatti non costituenti reato", ha precisato la procura all'Ansa aggiungendo che “si tratta di un accesso dei carabinieri del Nas di Trento per acquisire della documentazione, che ha origine da due esposti, uno del maggiore sindacato dei medici ospedalieri sulla 'perdurante mancanza di dispositivi di protezione individuali Dpi per il personale medico sanitario', e l'altro del Codacons sulle speculazioni dei prezzi di mascherine e gel igienizzante”.