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“...primum vivere, deinde philosophari”

Anna Kravtchenko torna a Bolzano. Per la stagione sinfonica della Haydn sarà la solista del Concerto per pianoforte n.1 di Shostakovich. L’intervista per SALTO.
anna kratchenko, pianista
Foto: Gabriele Bartoletti
  • 1992. Da cinque anni al Concorso Internazionale Ferruccio Busoni non viene assegnato il primo premio. Una giovanissima pianista ucraina incanta pubblico e giuria. All’unanimità il Primo Premio è per Anna Kravtchenko. Aveva 16 anni, e da allora è protagonista della scena musicale internazionale.

    SALTO: ha iniziato a suonare a 5 anni, a 16 ha incantato pubblico ed esperti, e ha iniziato una carriera straordinaria. Verso chi prova gratitudine per aver potuto esprimere così il suo innato talento? 

    Anna Kravtchenko: verso Dio e verso la mia famiglia che mi ha sostenuto.

    Il New York Times ha scritto di lei: "Il suono luminoso e le sue poetiche interpretazioni, a volte possono portare gli ascoltatori alle lacrime". Quando sceglie il repertorio, e infine sale sul palco, a cosa aspira?

    All'energia. La mia mente deve riuscire a vibrare  in sintonia con l' armonia sia quella musicale che quella della sala, per poter portare l'idea poetica nascosta nel brano al massimo.

    Cosa deve accadere perché lei sia felice di una sua interpretazione?

    Per rispondere a questa domanda mi viene in mente la frase: primum vivere deinde philosophari. Traducendo nel linguaggio musicale: prima il lavoro enorme, scavando nel minimo dettaglio. La conoscenza dà libertà. La libertà non fasulla, ma come frutto di divieti brillantemente superati, dà felicità. 

    Ci può descrivere il Concerto di Shostakovich con pochi aggettivi?

    Effervescente, naïf, struggente (il secondo movimento).

  • Anna Kravtchenko: sedicenne, poco prima di ottenere il Primo premio all'unanimità al Busoni aveva vinto il Concorso Internazionale Concertino di Praga. Foto: Gabriele Bartoletti
  • Nel corso o a margine di un suo concerto le è capitato un episodio buffo, o tragicomico, di cui ancora sorride?

    Sì, durante il mio recital al Teatro Piccinni di Bari, mentre suonavo la Polacca op.53 di Chopin, all'improvviso si è spenta la luce. Ho concluso tre ultime pagine completamente al buio. Era una esperienza divertente.

    Lei è stata docente per ben 15 anni presso l'Accademia Pianistica di Imola, dal 2013 è docente di pianoforte presso il Conservatorio della Svizzera Italiana a Lugano. Cosa la motiva a dedicare tante energie all’insegnamento?

    Mi piace comunicare. Perché quando si ha studiato molto, penso si è in obbligo di divulgare e condividere il proprio sapere. Fa parte del processo di evoluzione.

    Si immagina che una protagonista della scena musicale internazionale viva in una grande città, a Roma, Milano, Firenze, oppure a Parigi, Londra o New York. Lei ha scelto Rovereto per trascorrere buona parte del suo tempo. Cosa le piace della piccola città trentina?

    In realtà mi divido fra Lugano e Rovereto come habitat attuale. Potrei stare anche a New York, che è città di mille stimoli esterni, e mio padre ha la cittadinanza americana, ma io amo la musica. E per farla al massimo semplicemente ho bisogno di pace, della serenità della natura per concentrarmi al massimo. Diciamo per avere una pace per creare gli stimoli che hai dentro di te, ispirata alla natura piuttosto che disperdersi nell'eternità. Per poi partire a suonare nelle città grandi, ancora più forti, e tornare a casa caricati dagli stimoli, ma non viceversa.

    Pensa con Dostoevskij che “la bellezza salverà il mondo”? 

    A quello aspiriamo.