Politik | Elezioni a Bolzano

I sei samurai

La campagna elettorale è iniziata.
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  • Sono sei alla fine i candidati sindaco di Bolzano.

    Konder, Gennaccaro, Corrarati, Andriollo, Lucchi e Cologna. Manca quello che molti reputano essere stato il sindaco ombra della precedente legislatura, il signor Hager, attualmente impegnato in affari giudiziari.

    I programmi con cui si stanno presentando i candidati non sono, a dire la verità, per ora particolarmente entusiasmanti. Molti slogan sono ripetuti più o meno identici da destra, centro, e sinistra, e qualcosa di realmente distintivo ancora non è emerso. Probabilmente converrà fare un punto più avanti, quando la campagna elettorale entrerà nel vivo.

    Non è facile dire chi vincerà. Dipenderà verosimilmente dal vento che tirerà a Roma e dagli accordi con la Svp a livello nazionale, anche se i candidati più papabili, Andriollo e Corrarati, sono stati scelti in virtù della loro morbidezza negoziale con il partito di raccolta locale e sono sostanzialmente intercambiabili nel Sudtirolo che ha formalmente sdoganato il governo con Fratelli d’Italia.

    I candidati hanno delle competenze variegate. Qualcuno dichiara di essere uomo di un generico fare, cosa che peraltro affermava anche il vecchio Caramaschi con malcelato orgoglio, qualcun altro è cultore delle arti, qualcun altro ancora ha esperienza di banca o di avvocatura.  

    A giudicare dal modo con cui sono stati selezionati dai diversi partiti (escluso il vecchio Angelo Gennaccaro che è il deus ex machina della lista che porta il suo nome e si è candidato di prima persona) sorge però quale dubbio sul fatto che sarà la volta buona che Bolzano eleggerà un sindaco della riconciliazione, e la città potrà uscire finalmente dal tunnel delle alleanze forzate e della convivenza mai davvero interamente digerita.

    Mettendo ordine nei vecchi scatoloni di libri in soffitta, mi è capitato oggi di trovare un bellissimo fascicolo monografico della rivista Föhn Heft 6-7 del 1980, intitolato 'Südtirol 1939-45. Option, Umsiedlung, Widerstand'. L’introduzione scritta da Leopold Steurer, uno dei capostipiti della brillante scuola di storici provinciali che si è imposta a partire dagli anni settanta, inizia con la famosa citazione di T. W. Adorno: 'cosa significa rielaborare il passato?'  

    Il fascicolo contiene documenti, fotografie, testimonianze e commenti ai fatti drammatici che hanno coniato la storia della provincia di Bolzano nel periodo del fascismo e della seconda guerra mondiale e rappresenta una pietra miliare della conoscenza di chiunque voglia affrontare in modo degno la questione sudtirolese. Bolzano di questa questione è stato snodo cruciale, con l’industrializzazione della zona industriale e l’italianizzazione della città. Al tempo stesso, il capoluogo resta ancora simbolo di un periodo storico mai interamente elaborato e che continua a riapparire come un fantasma da ogni angolo buio e in ogni momento. 

    Quando il notabile Steger non più tardi di qualche settimana fa respingeva a nome della SVP, la proposta avanzata dall'assessore Fattor (ora rientrato nei ranghi) di costruire nuove abitazioni per calmierare i prezzi e frenare la fuga dei giovani dal capoluogo, affermando che a ciò avrebbe pensato il declino demografico, non faceva altro che esprimere per l’ennesima volta l’insofferenza di una parte della popolazione e della politica provinciale nei confronti di una città vista ancora oggi come un corpo estraneo nella vecchia Heimat.

    Un certo oltranzismo sudtirolese sia di destra (SF, Freiheitlichen, destra SVP) che di sinistra (zona Brennerbasidemokratie e Kann Südtirol Staat) insiste da sempre molto sulla scarsa capacità da parte dei cosiddetti ‘italiani’, (categoria piuttosto invero informe che raccoglie tutte le persone che parlano l’idioma di Dante indipendentemente da conoscenze linguistiche suppletive, professione, orientamenti politici e sessuali, eccetera) di capire cosa abbia significato per la popolazione sociale l’annessione e il fascismo. Che una ampia fascia di popolazione italofona non sia stata capace di porsi queste domande è indubitabilmente vero.  

    Tuttavia, la stessa scarsa capacità di lettura si ritrova oggi anche in un’ampia fascia di popolazione tedescofona che continua ancora oggi a vedere l’italianizzazione come un mero processo coloniale e non anche come un’immigrazione di lavoratori poveri e profughi mossi dall’intento di trovare occupazione e sfuggire da condizioni di deprivazione senza nessuna volontà bellicosa nei confronti degli autoctoni. Motivi e aspettative dell’invasione forse erano più complesse di quanto si sia raccontato e anche le aspettative odierne di una parte della popolazione italiana di continuare a vivere a Bolzano a condizioni dignitose non sono direttamente assimilabili alle mire di conquista dei fascisti. 

    Di questi temi, sottaciuti, evitati e stigmatizzati ogni volta che ne si parla (invero assai infantilmente), la futura scelta del sindaco del capoluogo dovrebbe tenere di massimo conto. 

    Il sindaco di Bolzano è il sindaco di una città particolare e la sua principale dote dovrebbe essere di capace di traghettare fuori il capoluogo dalle incrostazioni e dalle ferite ancora vive del passato. 

    Ci sono diversi requisiti per candidarsi a questo ruolo che potrebbero essere un buon metro di misura per valutare la statura politica dei sei candidati.

    Il primo è la lingua. Per comprendere l’altro bisogna entrare nel suo mondo e nella sua storia attravesro il linguaggio, lo si può fare con diversi livelli di completezza, ma non è questo il punto. Un sindaco che intenda governare Bolzano o come in uno dei simpatici sketch apparsi sui social media afferma il candidato Andriollo ‘voglia camminare insieme alla comunità cittadina’ deve mostrare interesse per la lingua altrui perché inevitabilmente il linguaggio è la chiave di ingresso nella cultura, nelle aspettative e nelle preoccupazioni dell’altro. Come sono messi i sei candidati in termini di competenze linguistiche? Sono gli italiani capaci di leggere un libro di Steurer o di Gatterer in tedesco? E i candidati tedeschi sanno decifrare un volume di storie dei lavoratori immigrati nelle grandi fabbriche o nelle centrali elettriche raccolti dagli storici della Fabbrica del Tempo? Leggono la stampa nell’altra lingua? Sanno parlare nella lingua madre con un anziano italiano o tedesco? Sarebbe interessante saperlo, idem magari dei segretari dei partiti che hanno condotto il processo di selezione dei candidati. Non occorre un certificato C2 o un C1 di seconda lingua, basterebbe la capacità di leggere e parlare a un livello che dimostra che esaltare l’autonomia e la convivenza nella comunità bolzanina non è un vuoto slogan per appiattirsi sulla linea politica dominante. 

    Un secondo requisito è non solo la capacità di conoscere, ma la conoscenza della cultura e della storia dell’altro, non declinata in modo retorico come blocco omogeneo di valori e credenze (cosa che notoriamente nessuna cultura è). Ai sei candidati andrebbe somministrata una prova di conoscenza per capire quanto conoscono davvero dei loro concittadini o se semplicemente ci hanno vissuto per anni a fianco senza mai domandarsi chi erano e cosa volevano veramente. Per esempio al signor Gennaccaro si potrebbe chiedere cosa sono le opzioni e al signor Konder quale era la situazione nel basso Veneto negli anni venti e trenta. Chi supererà un test di domande di base può candidare e chi invece non ha le conoscenze, deve fare un passo indietro. 

    Il terzo requisito è la conoscenza della città. Gli studi di sociologia urbana in questo caso aiutano molto per snellire la procedura di verifica. Di nuovo al candidato della Svp si dovrebbe chiedere se è mai andato in Via Sassari o via Cagliari e se ha mai parlato con qualcuno degli abitanti di Casanova. Analoga domanda si potrebbe rivolgere agli altri candidati a cui affidare il compito di descrivere la distribuzione delle problematiche sociali (tasso di anzianità tassi di dipendenza, percentuale minori presi in carico dai servizi sociali) nei diversi quartieri. Se per esempio uno dei candidati rispondesse che tali problematiche sono eguali in tutte le parti della città andrebbe fatto ritirare qualora sapesse riconoscere la multiforme caratterizzazione sociale della popolazione sarebbe promosso. 

    Allo stato attuale, il dibattito sul futuro della città capoluogo della provincia più autonoma di Europa non risulta essersi ancora confrontato con questi temi. L’immagine della prima fase di campagna elettorale è ancora quella di candidati che cercano di raccogliere voti tra le loro fasce di elettorato stando attenti a non creare suscettibilità da parte dei futuri possibili alleati. La frequenza degli auguri di compleanno sui social network rivolti a tutti i membri delle diverse coalizioni da parte dei futuri candidati sindaco (e anche consiglieri e aspiranti assessori) dà la misura dello stato dell’arte.

    L’unico elemento di discontinuità rispetto alle precedenti tornate elettorali sono le bugie di Caramaschi che aveva solennemente annunciato all’inizio della sua carriera politica di reputare sufficiente un solo mandato per dedicarsi alla città, mentre se avesse potuto alle fine si sarebbe proposto anche per il terzo. Ma è probabile che promesse da marinaio arriveranno anche questa volta capienti, e abbastanza velocemente. Resta il fatto che governare Bolzano, per la storia della città e i fatti che ne hanno accompagnato lo sviluppo, è una responsabilità un po' più grande di quella di un amministratore di condominio, e che certe questioni vanno prese se si vuole cambiare le cose seriamente.  

     

     

     

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Simonetta Lucchi Mo., 10.03.2025 - 00:37

Evidentemente, non è facile farsi capire. Eppure, proprio questi erano i concetti del mio pensiero. Scritti anche in miei numerosi articoli e libri, e così presentati: bisogna connettersi con tutti, anche linguisticamente. Bisogna conoscere la cultura, non solo la lingua dell'altro, questo quante volte l'ho ripetuto, anche qui su Salto. Il fatto di conoscere tre lingue - nel mio caso anche il ladino, studiato con attenzione, - e averle insegnate tutte e tre per decenni, lo testimonia. La preoccupazione del futuro della città, le proposte per renderla più attrattiva per i giovani, attraverso una nuova visione dell'arte, della nostra storia, del superamento di rigide contrapposizioni ormai obsolete. La conoscenza urbanistica e sociale di tutti i quartieri della città, non solo Casanova ma anche gli altri. La necessità di valorizzarli ma conoscendone i problemi degli anziani, dei giovani, dei fragili, cosa che può fare soprattutto chi ci ha vissuto. La necessità di fare scelte coraggiose e controcorrente rischiando se necessario di essere impopolari. Insomma, da parte mia, il solo contributo che posso dare è ribadirlo. Se poi si volesse fare un esame ai sei candidati su questi temi, magari. A parte che: quali auguri di compleanno? Non pervenuti o inviati. Ma Bolzano va riscoperta, in molti sensi, e urgentemente, perché stiamo sottostimando delle situazioni limite. Comunque il problema vero non sono le lingue, con quelle ormai ce la caviamo: la realtà è che ci si ascolta molto poco.

Mo., 10.03.2025 - 00:37 Permalink
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Evelin Grenier Mo., 10.03.2025 - 09:48

l’italianizzazione come un mero processo coloniale e non anche come un’immigrazione di lavoratori poveri e profughi mossi dall’intento di trovare occupazione e sfuggire da condizioni di deprivazione senza nessuna volontà bellicosa nei confronti degli autoctoni.

A mio modesto modo di vedere, la cosiddetta "volontà bellicosa" non appartiene ai coloni del passato. Ma viene percepito come problema, perché fa parte del presente.
Il problema (per come appare ai miei occhi) consiste nel fatto che la comunità italiana (o gran parte di essa) soffre ancora la perdita dei privilegi di "comunità dominante" avuti fino all'entrata in vigore del secondo statuto.
Mi sembra che la comunità italiana si trovi tuttora in difficoltà ad accettare di condividere l'amministrazione con parte della comunità sudtirolese.

Non c'è bisogno di fossilizzarsi sul passato per risolvere i problemi del presente. La ricetta per una pace duratura è semplice e sta nel rispetto reciproco. Il rispetto nel nostro caso deve necessariamente partire dalla parte italiana. In quanto la parte sudtirolese soffre di diffidenza, che perlomeno ai miei occhi, risulta anche comprensibile.
Finché la parte italiana (altoatesina) non arriverà a rispettare il desiderio della comunità sudtirolese di vivere la propria cultura e la propria autonomia, la diffidenza non potrà diminuire.

Mo., 10.03.2025 - 09:48 Permalink