Quattro bolzanini bloccati in Nepal

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Da lunedì 8 settembre in Nepal sono in corso enormi e violente proteste che hanno portato alle dimissioni del primo ministro, Khadga Prasad Sharma Oli. Martedì nella capitale Katmandu i manifestanti hanno assaltato e incendiato vari edifici governativi, tra cui il complesso del parlamento. A ritrovarsi nell'occhio del ciclone anche quattro bolzanini: Anna Carteri e Aron Bertoli, coordinatori di 32 anni di Operation Daywork, e due volontarie di 19 anni, Giada Mariz e Camilla Varolo. Il gruppo - partito per incontrare l'associazione nepalese Samana, che si batte contro il matrimonio minorile - si trova attualmente a Patan, una zona appena fuori dalla capitale dove, nonostante avvengano comunque incendi di auto e supermercati, è meno coinvolta nelle proteste.
Alla base delle manifestazioni scoppiate nella capitale c'è la decisione del governo nepalese di bloccare quasi tutti i social network. Nonostante martedì il blocco sia stato rimosso, sono continuate le proteste per problemi più ampi, come il nepotismo e la corruzione dei politici al governo, che vengono considerati privilegiati rispetto al resto della popolazione.
"È molto motivante vedere come i giovani protestino per cambiare le cose e vedere riconosciuti i loro diritti".
"Abbiamo svolto la nostra visita annuale al vincitore del nostro Premio Diritti Umani 2025-2026, che è stato assegnato a una organizzazione nepalese che si batte per i diritti dei minori", racconta a SALTO Anna Carteri. "Per ora stiamo tutti bene, anche perché alloggiamo in una zona lontana dai palazzi del potere, che sono i più colpiti dalle proteste, e non usciamo dall'albergo. Già prima di partire - continua l'operatrice di OperationDaywork - aveamo allertato la Farnesina, che sa quindi della nostra presenza in Nepal e ci ha informato della chiusura degli aereoporti".
Il viaggio di ritorno del gruppo di bolzanini è previsto per questo venerdì, anche se allo stato attuale non si sa se i quattro giovani operatori potranno fare ritorno a casa questa settimana. "Ci sono diversi militari che cercano di tenere in sicurezza l'aeroporto - che ora è chiuso - e non solo, vedremo come si svilupperà la situazione nei prossimi giorni", spiega ancora Carteri.
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Per le diciannovenni Giada Mariz e Camilla Varolo quello in Nepal è il primo viaggio fuori dall'Unione Europea. "Direi che è abbastanza impegnativa come prima esperienza. Proviamo ansia perché la situazione è incerta, ma siamo anche relativamente tranquille perchè lontane dalle proteste", raccontano le due ragazze impegnate nel progetto. "Qui abbiamo avuto modo di conoscere chi si batte contro il matrimonio minorile e con gli operatori nepalesi ci siamo confrontati molto sul disagio sociale e giovanile. Da questa esperienza, al di là della situazione critica in cui ci troviamo ora, ci porteremo a casa un ricco bagaglio di esperienze anche perché prima di lunedì abbiamo potuto visitare le zone rurali dove opera l'organizzazione ed è stato molto formativo", concludono Mariz e Varolo.
"Abbiamo potuto anche ascoltare i ragazzi nepalesi raccontarci dal loro punto di vista che cosa sta succedendo nel Paese - aggiunge Carteri - e condividiamo tutti le ragioni dietro alle proteste. Sono vent'anni che qui tutto è fermo e non potevano più accettare la corruzione della politica. Quindi nonostante la situazione sia caratterizzata da episodi violenti, è molto motivante vedere come ragazzi giovani protestino per cambiare le cose e vedere riconosciuti i loro diritti. Ora ci rimane solo da capire come e quando tornare a casa a Bolzano, ma qui in Nepal abbiamo potuto vedere con i nostri occhi come lavorano i ragazzi dell'associazione Samana che vogliamo continuare a sostenere".
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Dal 2007 Operation Daywork sostiene annualmente un progetto di cooperazione allo sviluppo scelto all’assemblea generale. Dal 2015 il Consiglio di Operation Daywork ha deciso di conferire un premio diritti umani anzichè sostenere un progetto.
Vincitore di quest'anno è SAMANA, un gruppo di giovani neplesi tra i 14 e i 20 anni che si impegna per un cambiamento culturale nelle loro comunità. Si concentrano su uguaglianza di genere, diritti dell’infanzia e partecipazione. Lo scopo finale è quello di poter ufficialmente dichiarare le loro comunità delle “Child Marriage Free Zones”. I membri di SAMANA sono giovani dell’etnia Tamang, un gruppo discriminato che viene sistematicamente escluso da istruzione e politica. Si tratta di ragazzi/e provenienti da famiglie a basso reddito che vivono di agricoltura di sussistenza e lavoro informale. Riuscire a mantenere un equilibrio tra la responsabilità e gli obblighi verso la propria famiglia e l’attivismo non è semplice, ma grazie alla loro resilienza e a tantissima determinazione stanno portando avanti i loro obiettivi.
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