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Oltre l'Evoluzione

Il nuovo lavoro discografico di Anna Carol è il suo vero disco di debutto e nel concerto di chiusura di Upload potremo ascoltarne in anteprima i brani.
Anna Carol
Foto: Anna Carol

Anna Bernard, in arte Anna Carol, è senz’altro una delle artiste più interessanti sulla scena locale. La sua voce e la sua scrittura sono maturate negli anni in una costante evoluzione – “evoluzione”, una parola quanto mai importante per lei – e con la giusta determinazione che un cantautore dovrebbe avere per sfondare.

Upload Sound 2021 ha deciso di invitarla come ospite del suo gran finale che si terrà questo sabato alle 20.30 alla Waltherhaus di Bolzano, un segnale della possibilità e della volontà del concorso altoatesino di essere un trampolino di lancio per ciò che di valido viene prodotto anche qui in regione. Prima dell’esibizione verranno proclamati i tre migliori musicisti e il miglior artista under 21 iscritti al celebre concorso internazionale, selezionati da una giuria composta dai responsabili A&R delle tre maggiori etichette mondiali, Warner, Universal e Sony.

Le band vincitrici apriranno il concerto per Anna Carol, sul palco con la band al completo e a quanto pare con un nuovo album in arrivo, per il momento ancora avvolto dal mistero ma che da quel che si intuisce sarà nuovo sotto tutti i punti di vista: stesura dei testi, produzione musicale e soprattutto l’energia – nuova, liberata, autentica.

 

Salto.bz: Mi hai già spoilerato che sabato suonerai alcuni brani nuovi...

Anna Carol: Sì sono gli undici brani del mio nuovo album che uscirà probabilmente nei primi mesi dell’anno prossimo.

Titolo rigorosamente top secret?

Sì, per il momento sì.

Avevi già realizzato diverse cose in studio però, in particolare Evoluzione.

Evoluzione però era un EP, questo invece è un album vero e proprio. Alla fine lo sento come il mio primo vero album. Sai 11 brani cominciano anche ad avere un peso maggiore, un loro filo conduttore...Insomma l’ho preso in modo diverso, un po’ come fosse il mio vero album di debutto.

Il fatto di scrivere un album è stata una decisione presa a tavolino o con il tuo management?

No, è stata una cosa molto naturale. Avevo molte canzoni, tanto tempo per scrivere...E poi è stato un lavoro estremamente collaborativo. Per la prima volta ho scritto con altre persone, cosa bellissima e mai fatta prima. Ho lavorato con diversi produttori e musicisti, tra cui Lucio Enrico Fasino che ha prodotto uno dei brani e che sarà anche con noi sul palco per questo concerto.

I pezzi dell’album sono tutti in italiano?

Sì non c’è più neanche un brano in inglese. Ormai è una direzione che ho preso, anche perché non è stato facile fare questo passaggio dall’inglese all’italiano e riuscire a scrivere dei testi che mi soddisfacessero. Ora sento che i brani hanno un significato profondo, che riesco ad esprimermi.

 

Trovi difficile cantare cose intime, raccontarsi, soprattutto in italiano?

Assolutamente è stata una delle cose più difficili. In realtà credo che resti sempre il dubbio se io stia parlando di me o di altri e non devo necessariamente svelarlo. Anche perché molte cose sono talmente personali che credo sia normale provare un po’ di imbarazzo. Tante cose che non dico a nessuno le metto nelle mie canzoni...è un po’ un lavoro su me stessa. Anche perché come personalità tendo ad essere un po’ chiusa quindi per me scrivere è quasi un’esperienza terapeutica.

 

Se in questo momento potessi scegliere uno solo dei tuoi brani che ti rappresenta particolarmente quale sceglieresti?

Rotterdam, un brano del nuovo disco. È un brano più elettronico e penso che rappresenti bene quello che ho conquistato nel processo di scrittura di una canzone, ovvero la capacità di esprimere in modo convincente delle immagini che ho dentro e comunicarle al pubblico.

 

Dal momento che il tuo EP si chiamava Evoluzione mi viene da chiederti com’è andata avanti questa evoluzione, se questo è un punto d’arrivo.

Sì, ricordando quando ho scritto l’EP mi fa sorridere che pensassi che quello fosse il risultato dell’evoluzione, invece era solo un punto di inizio e credo che l’evoluzione vera e propria abbia preso forma in questo disco. Sento che quello che sto facendo mi rappresenta di più, c’è stato un salto di qualità. Prima di tutto la produzione ha una fisionomia più chiara da un punto di vista musicale: abbiamo definito più chiaramente quelle che sono un po’ le due anime della mia musica, quella elettronica e quella acustica. In secondo luogo ho curato di più la stesura dei testi, lavorando anche con un autore, Andrea Bonomo (autore del brano di Bugo e Morgan a Sanremo 2020 n.d.r). Questa cosa mi ha insegnato tantissimo per quanto sia stato inizialmente un po’ strano, ma ho imparato davvero molto su come costruire i brani.

 

 

Ricordo di aver letto che quest’anno hai sfiorato per un soffio Sanremo. Spiegami meglio com’è andata.

Avevo presentato un brano tramite la mia etichetta Nufabric: Ballare, un brano che sarà nel nuovo disco. La cosa strana è che pur essendo presentato da un’etichetta piccola quindi senza nessun aggancio, il brano è stato selezionato tra i primi 60 su 960 proposte. Un bel risultato. Naturalmente poi guardando Sanremo avrei voluto tantissimo essere lì ma è stata già una soddisfazione trovarmi in questa selezione.

Ma secondo te Sanremo è una strada che ha senso percorrere per un’artista come te?

Qualche anno fa ti avrei detto assolutamente di sì. Anzi avrei anche fatto X-Factor. Ed in ogni caso Sanremo lo farei senz’altro molto volentieri anche ora. Però quest’anno alla fine non ci siamo proposti perché c’è sempre un po’ il rischio partecipando di essere etichettati in un certo modo. Invece ora avendo un disco che mi convince e da cui mi sento rappresentata preferisco concentrarmi su questo lavoro.

 

In questo momento quali sono gli artisti che ascolti più volentieri?

Ho ascoltato moltissimo i Son Lux, un gruppo fighissimo, molto elettronico ma con un songwriting molto interessante. E poi c’è Moses Sumney, anche lui interessantissimo come autore, con una bella commistione tra R’n’B e una vena quasi classica, orchestrale. E poi è un gran figo! Mi piacciono molto anche Nappy Nina e Charlotte Day Wilson. Però ascolto anche parecchia musica italiana emergente, ad esempio Venerus, Ginevra o Joan Thiele.

Una domanda forse un po’ scomoda: senti che questa volta potrebbe essere quella buona per sfondare?

La paura che il disco sia una cosa che venga ascoltata solo dalla mia famiglia e dagli amici ovviamente un po’ c’è. Questo perché alla fine come artista quello che conta è poter condividere quello che si fa. Se manca un pubblico manca la condivisione, quindi riuscire ad affermarsi non è solo un’esigenza puramente professionale – guadagnarsi il pane per intendersi – ma anche e soprattutto un’esigenza artistica.

Non pensi che sarebbe più facile raggiungere questo obiettivo vivendo in un’altra città?

Secondo me è più importante il fatto di essere dinamici, mettersi in moto e viaggiare per andare a cercare gli stimoli altrove, anche per nutrire la propria ispirazione. Se resto ferma qui muoio.

Ma quindi cosa manca qui che altrove c’è?

Piuttosto ti dico cosa c’è. C’è la noia!...che io non vedo necessariamente come negativa perché mi da la possibilità di avere molto tempo per produrre, lavorare e pensare. Ovviamente però c’è anche un problema di mentalità: tutta la cultura è molto istituzionalizzata e c’è poco spazio per quello che viene dal basso, non ci sono neanche luoghi per la scena underground. C’è un certo perbenismo, una cultura bigotta che da un giudizio di natura moralistica sulla scena della musica elettronica e dei club. Non esiste neanche più la Halle che era l’unico posto che potesse assomigliare ad un club.

Quindi il problema è che le istituzioni ritengono che la vita notturna e quello che ci sta intorno abbia una connotazione sostanzialmente negativa e vada ostacolata…

Il problema è che il nostro Sindaco fondamentalmente non ci permette di fare musica dalle 23 alle 5 del mattino. Questo dice tutto. È un problema enorme. La politica non può assumere nei confronti della vita notturna e della scena underground un atteggiamento paternalistico. Non c’è nulla di male nel fatto che ad una certa ora ci si aspetti che la situazione in centro si tranquillizzi ma allora ci si deve porre il problema di dove permettere alla gente di spostarsi per continuare la serata e ascoltare della musica o ballare.