Gesellschaft | Famiglia

“Ci rimettono sempre i figli”

Nelle famiglie i responsabili delle violenze non sono solo gli uomini ma anche le donne: soprusi fisici, più spesso psicologici.
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Foto: Violenza delle donne contro gli uomini

“Non vali niente come padre’, ‘non vali niente come marito’, ‘sei incostante, perché hai cambiato tante volte lavoro’.

Quante volte gli uomini si sentono ripetere queste frasi dalle mogli o compagne? Talora anche ogni giorno.

Quale sia il peso di tali dichiarazioni, specie in un uomo che ha scarsa autostima e vive un momento di difficoltà lavorativa o di vita, lo sa bene nella sua trentennale esperienza il direttore del servizio e mediatore familiare Elio Cirimbelli presso l’ASDI di Bolzano (Associazione Separati e Divorziati Italiani).

 

Cirimbelli spiega come le maggiori violenze subite dagli uomini in famiglia siano di natura psicologica: “Frustrazioni e mortificazioni costanti, continue, martellanti. Tali violenze, specie se perdurano nel tempo, logorano l’uomo giorno dopo giorno e lo portano ad assumere un atteggiamento di rassegnazione. L’uomo che subisce violenza fa poi fatica a chiedere aiuto, poiché ha paura di farsi vedere come ‘debole’, teme di non essere creduto e si preoccupa del fatto che a fronte di una sua reazione possa essere penalizzato nel frequentare i figli, spesso usati dalle donne come armi di ricatto nei loro confronti”.

Sul deterioramento della relazione nella coppia il mediatore osserva che l’incomunicabilità tra partner sussistente durante il rapporto si acuisca in particolare nei casi in cui una donna ritenga di non avere una parte di responsabilità nella crisi coniugale e quindi laddove lei assuma il ruolo di vittima della situazione: “Quando una donna è stata lasciata dall’uomo e non c’è stata da parte sua una sufficiente elaborazione del distacco, che lei vive come un lutto, allora scatta la violenza della donna nei confronti dell’uomo”.

Per Cirimbelli ne deriva che dopo la fine dell’unione di frequente la donna colpevolizzi il marito per qualsivoglia azione da lui compiuta e spesso lo ostacoli in tutti i modi, in prevalenza nell’esercizio del diritto di visita ai figli: “In tali situazioni la donna arriva a rinfacciare al marito anche la più lieve malattia, che ha colpito i figli durante la permanenza degli stessi col padre. Sono comportamenti subdoli che finiscono per rovinare quel poco di rapporto rimasto tra genitori”.

Non è infrequente poi che alcune madri parlino ripetutamente male dei padri al cospetto dei figli. A tale proposito il direttore di servizio dell’ASDI di Bolzano osserva: “Tali condotte materne feriscono e danneggiano i figli. Un cattivo marito non è necessariamente un cattivo padre”.

Elio Cirimbelli ricorda come non manchino pure casi di donne che imbastiscano false accuse di molestie anche sessuali ai danni dei figli, in realtà mai verificatesi, con la conseguenza che l’uomo, assolto dopo un lungo calvario processuale, sia totalmente distrutto e necessiti di un intervento psicoterapeutico mirato.

Quale antidoto a tanto dolore? “Si deve insistere sui percorsi di mediazione familiare e aiutare la coppia a separarsi bene, a non far ricadere il proprio malessere sui figli ed a rendersi conto che ciascuno abbia la propria la responsabilità con riguardo alla fine dell’unione. Fondamentale il lavoro di rete tra i vari operatori nell’ambito familiare”, – chiosa Elio Cirimbelli che ricorda il pensiero di Lev Tolstoj: “Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo”.