Politik | Il ritratto

Quando Calderoli era meno autonomista

Prima riunione della Commissione dei Sei, l'ex ministro leghista punta alla presidenza. Una decina di anni fa si prendeva gioco dell'Svp. Oggi replica: "Contano i fatti".
Roberto Calderoli
Foto: v

Ai tempi in cui la Lega era un partito capace di esprimere alcune individualità oltre a quella del capo, il senatore Roberto Calderoli era una delle figure più note e amate dai "suoi". Non solo perché nel periodo d’oro dei vari Governi Berlusconi ha ricoperto incarichi di primissimo piano, ma soprattutto per la sua grande capacità di calamitare l’attenzione mediatica. Tra una sparata contro i “culattoni”, una maglietta con una vignetta anti-Islam che provoca una crisi diplomatica, e un vergognoso attacco ad una ministra di colore paragonata ad un orango, il celebre ghigno di Calderoli ha riempito per anni le prime pagine dei quotidiani e fornito infiniti spunti per gli autori satirici. Il medico bergamasco, tra gli uomini più colti del movimento, è stato a lungo un “falco” superato a destra solo da Borghezio. Il popolo di Pontida amava i suoi eccessi verbali ed i vertici del partito profittavano delle sue indubbie capacità politiche. Ma nel frattempo la svolta sovranista impressa da Salvini ha spostato gli equilibri un poco più in là e "Matteo" è rimasto il volto unico del partito.

Una dozzina di anni fa, quando per il mondo era ancora "brutto, sporco e cattivo", Calderoli fu sdoganato da Luis Durnwalder – non solo a causa del suo leggendario pragmatismo ma probabilmente anche per alcune convergenze nella Weltanschauung – e successivamente, per il mondo Svp che non ha mai sopportato le alleanze con il centrosinistra (e cioè la gran parte del partito), è divenuto una sorta di totem autonomista. E pure lui, che oggi si gioca la presidenza della Commissione dei Sei, si dichiara tale. I dubbi sulla sua elezione sono legati a cosa faranno i membri forzitalici Carlo Vettori e Franco Dal Mas. Il primo, eletto tra le fila della Lega e recentemente passato agli "azzurri", sentito oggi dal Dolomiten, ha detto di essersela legata al dito perché quando l'ex ministro, due settimane fa, ha pensato di confrontarsi con Kompatscher, non ha fatto altrettanto con loro, dando per scontato il loro appoggio. "Ma senza di noi la maggioranza non c'è", puntualizza, Vettori. Ciò detto, risolta la grana presidenza, se la nuova paritetica riuscirà ad essere operativa nonostante l' esclusione di rappresentati del Pd e dei Cinquestelle (che a loro volta sostengono il governo Draghi), lo si potrà sapere solo nei prossimi mesi.

Ora Calderoli è un "amico dell'autonomia" ma c’è però stato un tempo – in effetti abbastanza lontano, ma successivo alla firma dell’Accordo di Milano del 2009 – in cui il medico bergamasco sulle Speciali diceva cose abbastanza pesanti. “Contano i fatti”, replica lui, piccato, ma visto il ruolo che potrebbe ricoprire, queste frasi vale comunque la pena di ricordarle.

Balzo all'indietro. Il 9 maggio 2010 Calderoli è ministro per la semplificazione normativa del quarto governo Berlusconi e a Bolzano la Lega è ancora rappresentata da Elena Artioli, la quale nei primi anni ha un buon feeling politico con il ministro. Sul quotidiano Libero compare un’intervista dal titolo: “Così la Lega sta smantellando le Regioni a Statuto Speciale”. Ora, è possibilissimo che il giornalista Francesco Specchia abbia forzato i toni per la tesi che voleva dimostrare (il centrodestra sì che è capace di mettere in riga i privilegiati bolzanini!), ed è probabile che il ministro abbia a sua volta calcato i toni dicendo le cose che i lettori di destra volevano sentirsi dire, ma comunque stiano le cose, ci è andato giù pesante. “Col federalismo – dichiara Calderoli a Libero  – cerco di rendere più speciali le regioni ordinarie e più ordinarie quelle speciali. Il problema delle Speciali è che per leggi deve patteggiare tutto con loro, ci vuole il consenso per ogni modifica. Spesso l’ottengo instillando il buon senso con il ricatto”. Il giornalista finge sorpresa e chiede quello che chiederebbero tutti: col ricatto? “Sì, faccio il delinquente, lo ammetto. Lo sa che le Regioni a Statuto speciale prendevano l’Iva sull’importazione nonostante, col libero mercato, questa non esista più? Però per esempio Bolzano doveva avere 7 miliardi e non voleva sentire ragione, né crisi né altro. Io me ne sono fottuto e intanto gli ho bloccato i trasferimenti, così siamo arrivati a trattare. Certo uno dice: meglio abolirle, ma la legge non lo consente. Intanto cominciano a tagliarne i privilegi. Il vero problema è stata la modifica del titolo V della Costituzione fatta da quegli altri”. Ovviamente non serve che Calderoli spieghi ai lettori di Libero chi sono “quegli altri”.

Raggiunto ieri sera al telefono per capire cosa lo abbia fatto convertire al credo autonomista, il senatore Roberto Calderoli ha replicato, tra il divertito e l'infastidito, di non ricordare l’intervista in questione e di non volere nemmeno che gliene si riferiscano i contenuti. “Non sono le parole a contare, ma i fatti. E dall’accordo di Miliano a una lista di emendamenti io ho dimostrato sempre con i fatti che sono a favore dell’autonomia”, ha detto. L’ex ministro non ha tutti i torti e questo lo sanno anche i suoi detrattori. Le parole hanno un peso solo nella vita reale. In politica si può dire agevolmente tutto e il contrario di tutto. E la Stella alpina non è certo partito che stia lì a sottilizzare se sa di poter continuare a ottenere ciò di cui ha bisogno.

Oggi, dunque, è il primo giorno di scuola della nuova paritetica. Oltre al senatore leghista nella Commissione dei Sei ci sono il senatore friulano di Forza Italia Franco Dal Mas, l'avvocato meranese Lukas Benedetti, esponente governativo di lingua tedesca. I rappresentanti della Provincia sono gli Svp Manfred Schullian e Meinhard Durnwalder e il consigliere provinciale Carlo Vettori.