Gesellschaft | salto afternoon

Zwanzig Meter links

Improvvisazione ferragostana su alcune ossessioni recenti: bagnanti adamitici, orsi uccisi e cartoline fuori tempo massimo.
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Foto: Be wild and free

Senza francobolli

I turisti germanici che sciamano per le nostre vie sono gli ultimi esponenti di un mondo di ieri, per dirla con Stefan Zweig, dal quale si spedivano ancora le cartoline. Sono infatti loro, e forse quasi esclusivamente loro, a piantarsi davanti a quegli espositori girevoli, in genere piazzati davanti alle tabaccherie o alle librerie, e a scegliere una o più piccole immagini da inviare a casa, sapendo benissimo, ormai, che giungeranno ai destinatari parecchi giorni dopo il loro stesso ritorno, quando nel frattempo tutti avranno già visto su Facebook e su Instagram dove quei congiunti erano stati, cosa avevano fatto e quali meraviglie avevano visto. Perché lo fanno? Ognuno di noi vive in un tempo che, come uno scrigno, ne racchiude altri. Tempi passati, talvolta trapassati. Usanze che si celebrano ancora, anche se hanno cambiato senso. Siamo fatti così: le cose cambiano ma non lo vogliamo accettare, anzi, ci trasciniamo dietro fardelli in forma di gesti usurati e modi di dire consunti, per illuderci di possedere una saldezza in realtà irrimediabilmente corrotta, frantumata, polverizzata. Quasi nessuno compra o spedisce più cartoline (a parte i tedeschi) e quasi nessuno ha bisogno di francobolli. Il passato però sembra ancora a portata di mano – zwanzig Meter links, come ripetono i commessi della libreria Ubik a quelli che chiedono i francoboli, invitandoli a raggiungere il tabaccaio che si trova per l'appunto venti metri a sinistra –, mentre per il futuro, purtroppo, le indicazioni non possono essere tanto precise.

Insopportabile diverso

Ecco l'insopportabile fra noi. La nostra incapacità di metterci in relazione con ciò che è “diverso” tocca limiti parossistici nel negare i bisogni altrui e ritenere che ogni richiesta avanzata, ogni necessità esibita, costituisca una minaccia alla sicurezza e al quieto vivere. Un paio di ragazzi di colore sono stati ripresi con gli smartphone mentre, nudi, si bagnavano lungo le rive di un fiume che attraversa la città. Una scena che un pittore di vedute anacronistiche non avrebbe saputo dipingere meglio. Ma gli anacronismi non aspettano più di essere stesi a pennellate lente sulla tela (non ci sono più vedutisti, sostituiti dagli spioni del web), non possono attendere che vengano fabbricate cartoline allo scopo, neppure zwanzigtausend Meter links. Bisogna fare in fretta, sempre più in fretta, e sbattere il mostro in prima pagina (pagina social), chiamare a raccolta gli energumeni, quelli senza pietà, nemici dei buonisti, per i quali il negro è la “scimmia” da riportare nei boschi, nella giungla da dove l'hanno estirpato i trafficanti di clandestini, le ONG mosse dagli interessi del grande complotto contro gli stati sovrani, schiavi di ieri e schiavi di sempre, il cui tanfo di miseria e di morte non sarà lavato da nessun fiume del mondo (e quindi deve essere annegato assieme a loro, quel tanfo, lontano dai porti, lontano dagli occhi). Gogne mediatiche. Ne facciamo tutti parte, commentando a caldo, a caldissimo, bruciando parole su altari di affermazioni farneticanti. Chi raggiunge i 500 commenti in pochi minuti può sperare in almeno 100 voti alle prossime elezioni. Se non vi piace fa lo stesso, mettete un like con la faccina rossa incazzata.

La nostra vera natura

Alla fine il grande ritorno alla natura, nei paraggi in cui si aggirano gli orsi. Anzi l'orsa coi cuccioli, tutti e tre trotterellanti (fino a un certo punto). Qui la capacità di metterci nuovamente in relazione al “diverso” ritorna prepotentemente in gioco. Nella pacatezza dello sguardo degli animali – ha scritto Arthur Schopenhauer – parla ancora la saggezza della natura; perché in essi la volontà e l'intelletto non si sono ancora distaccati abbastanza l'uno dall'altro per potersi, al loro reincontrarsi, stupirsi l'uno dell'altra. Gli animali non conoscono la categoria del sentimentale, ma certo ispirano buoni sentimenti. Il leghista più violento, che parla di feccia e vorrebbe schiacciare i “falsi profughi” con la ruspa, è anche quello che posta le foto del suo cagnolino. Adesso non lo crederesti capace neppure di sgridare le sue pulci. La sicurezza – la sicurezza perduta nelle nostre stazioni, nei nostri parchi, nelle nostre strade, per colpa dei “clandestini” – non è minacciata dai grandi plantigradi, neppure se ti aggrediscono. Perché qui il paradigma si rovescia completamente: è il “diverso” che va considerato buono – anzi sakros, secondo l'etimo –, dunque intoccabile a prescindere, e l'uomo (senza distinzioni etniche, anzi con un surplus di autocritica suprematista) è portatore di malvagità, espressione della massima distanza tra volontà e intelletto. L'orso, da difendere anche se può sbranarti, deve essere preservato; chi salpa e abbandona le sue terre per tentare di migliorare la propria condizione di vita può essere tranquillamente soppresso. Intanto il dramma è compiuto e la commozione si ferma alle soglie del bosco, più evanescente della rugiada del mattino. Fuori dal bosco, anzi solo venti metri a destra del bosco, le orse più aggressive vestono (o svestono) già i panni delle ris-orse, un termine quasi tecnico che individua il discrimine, la grande faglia che separa buonisti e cattivisti. Tutti centrifugati nella grande pappa del web, nostra sola vera natura, in cui ci si scontra e ci si incontra, ci si lovva e ci si banna, per mandare avanti il grande circo della comunicazione illimitata e sesquipedale.