Dallo scoiattolo al salmone
Scoiattoli arancioni. Dappertutto.
Il colpo di genio del Festival dell’Economia nato nell’era del Principe della Margherita Lorenzo Dellai (correva l’anno 2006, “Ricchezza e povertà” il primo tema) fu quello di intuire che era il momento giusto per proporre una kermesse della “scienza triste” che fosse allegro come una fiera dei sapori. Il secondo colpo di genio fu l’idea di abbinare i migliori analisti internazionali (almeno un paio di premi Nobel ogni anno) chiamati da due intellettuali con le facce un po’ snob (l’editore Giuseppe Laterza e l’economista Tito Boeri) a spezzare col popolo il pane della loro scienza, in un clima da raduno popolare: scoiattoli (il simbolo del Festival) dappertutto, appunto. Turisti a frotte, baristi contenti con i loro grembiuli arancioni, studenti felici di fare gli accompagnatori delle star inglesi e americane dell’economia.
Il terzo ingrediente, fondamentale, erano la perfetta organizzazione, gestita dalla regista dei grandi eventi Marilena Defrancesco, e i tanti soldi della Provincia: oltre un milione di euro, nelle prime edizioni, che permettevano a Boeri, Laterza e a Cipolletta (allora presidente dell’Università di Trento) di osare qualsiasi impresa: da Dahrendorf a Saviano, dal premio Nobel George Akerlof al primo ministro del Bhutan. La crisi finanziaria globale del 2008 confermò che di economia viveva (e poteva morire) il mondo globalizzato e contribuì ad accentuare l’importanza dell’evento.
Mi ricordo l’entusiasmo delle prime edizioni, entusiasmo contagioso anche per i quotidiani locali (allora tre, e di tre editori diversi! Viva l’antico pluralismo), che facevano a gara nel produrre i migliori inserti, veri e propri fascicoli speciali da collezione, con le interviste ai premi Nobel e ai ministri partecipanti (e che soddisfazione poter colloquiare con i Nobel inglesi o americani che subito ti davano del tu e si concedevano alla stampa con più disinvoltura di certi sottosegretari italiani…).
In fondo, a chi sarebbe toccato fare il Festival dell’economia, se non a una città e a una Provincia sempre ai primi posti nelle classifiche dei quotidiani economici sulla qualità della vita e sulla ricchezza? Ce lo si giocava sempre con Mantova, Modena e Bolzano, il primo posto. E se Mantova aveva inventato il padre di tutti i festival, quello della letteratura, e Modena era pronta a diventare la capitale della filosofia (Bolzano, be’… Bolzano è Bozen e comunque ha già il Busoni…), ecco che Trento si arrampicava come uno scoiattolo sull’albero dell’economia e diventava in pochi anni un palcoscenico internazionale per i migliori teorici del ramo.
Il Festival ha sempre invitato tutti i ministri economici di tutti i governi che si sono succeduti in Italia ma è chiaro che c’era maggiore feeling con gli esponenti del centro-sinistra: per la storia e le simpatie politiche dei dirigenti, ma anche – ovviamente – perché a Trento comandava il centro-sinistra, prima di Dellai, poi di Rossi. Se i ministri di destra non sono venuti troppo spesso, è anche per colpa di tale Fugatti, allora capo dell’opposizione, che certo non lavorava per il successo del Festival del “nemico”.
Quando, per la prima volta, i salvinisti espugnarono la Provincia di Trento, nell’ottobre 2018, ci si domandò quasi subito che fine avrebbe fatto il Festival: Boeri, infatti, diventato nel frattempo presidente Inps, era una bestia nera di Salvini e per quanto Fugatti fosse un leghista moderato, quasi democristiano secondo il suo antagonista della campagna elettorale 2018, era pur sempre un salvinista.
Ma l’edizione del 2019 era già in corso di organizzazione (593mila euro il budget a carico della Provincia), quella del 2020 sarebbe stata solo virtuale causa Covid: così Fugatti, pur facendo capire che gli sarebbe piaciuto uno scoiattolo di colore politico diverso, non si affrettò a scaricare Laterza e Boeri. Anche perché l’Uomo di Avio è un pragmatico e non poteva rottamare il giocattolo prima di avere in mano un’alternativa. Disegno legittimo, dopo 15 edizioni con la stessa formula.
Però ci pensava, eccome. Nel gennaio 2020 così rispondeva a una interrogazione sul Festival: “La ricerca di temi attuali e di alto profilo scientifico ha sempre contraddistinto il Festival dell’Economia. Ritengo tuttavia indispensabile un maggior pluralismo, assicurando sin dalle prossime edizioni un ampio confronto tra le diverse sensibilità scientifiche – nazionali ed internazionali – che sull’argomento declinato a tema del Festival saranno chiamate a discutere. Preme, infine, ribadire che non è intendimento della Giunta provinciale modificare i componenti del Comitato editoriale ed il Direttore scientifico del Festival. Sarà valutata l’eventuale partecipazione anche di altre professionalità di indiscusso valore scientifico ed intellettuale, assicurando la più ampia pluralità di posizioni al fine di garantire il più articolato confronto possibile”.
Fugatti ha aspettato il governo di unità nazionale presieduto da Draghi e l’orizzonte ormai imminente delle elezioni provinciali del Ventitré, per fare il cambio che tutti si attendevano.
E, nonostante un punteggio più basso della commissione tecnica (84 a 89) ha deciso che la prossima edizione sarà organizzata dal quotidiano di Confindustria, Il Sole 24 Ore, il giornale color salmone, che nel comitato scientifico schiera due ex ministri economici del centrodestra, Tremonti e Siniscalco, oltre alla guru del giornalismo di sinistra Lucia Annunziata e all’ad del gruppo Repubblica-Espresso Monica Mondardini, per controbilanciare e creare nuove alleanze editoriali.
Fugatti ha aspettato il governo di unità nazionale presieduto da Draghi e l’orizzonte ormai imminente delle elezioni provinciali del Ventitré, per fare il cambio che tutti si attendevano.
Ovviamente Boeri, Cipolletta e Laterza non l’hanno presa bene e hanno fatto sapere che già altre venti città, da Bari a Torino, hanno chiesto di poter avere la formula Trento ad altre latitudini. Per Torino si è schierato, con altre personalità, anche l’ex ministro Profumo, che a Trento presiede la Fondazione Fbk. Insomma, fuoco amico.
Avremo dunque, il prossimo anno, due Festival dell’Economia e, inevitabilmente, uno “Scoiattolo” più pallido ed esangue nella città di Trento? È possibile, anche se il Sole 24 Ore ha ovviamente una autorevolezza e un sapere organizzativo che sono una garanzia per Trento. E userà la sua potenza di fuoco per dimostrare di aver “meritato” la fiducia della Provincia.
Al di là di chi vincerà l’anno prossimo l’eventuale duello dei Festival di Economia, una cosa è certa: forse perché distratto dagli europei di ciclismo e dall’organizzazione del concerto di Vasco Rossi nel maggio 2022 (già 60mila biglietti venduti!, ha twittato trionfante il presidente), eventi popolari che gli sono più congeniali nonostante la sua qualifica di dottore commercialista, Fugatti non ha cercato di cambiare nella continuità ma ha preferito una rottura con i padri del Festival.
Per capire il perché, bisogna conoscere il profilo psicopolitico dell’Uomo di Avio. Fugatti aborre gli intellettuali e il concetto stesso di “visioni” (che poi è il titolo di una importante sezione degli incontri del Festival dell’Economia): lui si professa pragmatico e popolare, poche chiacchiere e tanti fatti, relazioni programmatiche terra terra con al massimo una citazione di De Gasperi che non guasta mai, nessun autore di riferimento (neppure di destra), nessuna lettura conosciuta, nessun parametro culturale noto.
La visione non la pratica proprio perché gli sembra un delirio, un vaniloquio, una sorta di fuga nell’empireo dei pensatori da salotto, una fumisteria da intellettuali di sinistra.
Per cambiare il Festival senza buttarne via i fondatori-direttori il presidente della Provincia avrebbe dovuto ascoltare la loro visione e proporre la propria: per poi, dialetticamente, portare a casa il risultato di una formula aggiornata all’era del salvinismo di governo. Ma avrebbe dovuto fare la fatica di analizzare, comprendere e ricercare una sintesi, dialogando con due noiosi intellettuali: troppa fatica, fatica sprecata per un uomo del fare, per un governatore-asfaltatore (dall’autostrada Valdastico alla spianata di Trento Sud che ospiterà il popolo di Vasco).
Meglio consegnare il giocattolo a un altro soggetto, più tranquillizzante in quanto emanazione degli industriali italiani, e tanti saluti agli ideatori. Oltre trecento professori dell’Università di Trento, protestando per il non coinvolgimento dell’ateneo, partner storico del Festival, in una lettera aperta al presidente della Provincia, affermano che il Sole 24 Ore “dà certamente meno garanzie di pluralità di un editore indipendente”.
Come sempre, però, il “moderato” Fugatti non ha motivato la svolta in modo limpido ma ha lasciato un margine di ambiguità: decisa la svolta politica, se ne lava le mani e delega le “strutture provinciali” a cercare di recuperare, in qualche modo, i fondatori. Missione impossibile, nei termini fissati dal comunicato ufficiale del 10 settembre, eloquente e ipocrita, per ciò che dice e non dice: “Per l’edizione del Festival dell’Economia, la Provincia autonoma aveva avviato circa due anni fa un percorso per arrivare a definire le nuove modalità di co-organizzazione del grande evento. Per l’edizione 2022 sono pervenute due proposte, una del Gruppo Sole 24 Ore per un nuovo format e una della Giuseppe Laterza e Figli S.p.A. Entrambe sono risultate valide e hanno passato l’esame della Commissione di valutazione istituita a inizio 2020”.
(Il comunicato omette di dire che è la proposta Laterza ad aver ottenuto il punteggio maggiore).
“La parola è passata alla Giunta provinciale che ha deciso di autorizzare l’avvio, da parte delle strutture provinciali competenti della Provincia, di un confronto con il Sole 24 ore al fine di addivenire alla sottoscrizione di una convenzione per l’organizzazione di un grande evento sui temi dell’economia, con l’auspicio che nella progettazione e articolazione del programma possa essere coinvolto anche l’altro soggetto che ha presentato un progetto per il grande evento, ovvero la Giuseppe Laterza e Figli spa”.
(Chiaro che la formula “possa essere coinvolto anche…” è mortificante e inaccettabile per Laterza, a cui viene assegnato, semmai, un ruolo meramente ancillare).
“La giunta ritiene che la proposta del Sole 24 Ore, oltre a presentare importanti elementi di innovatività, sia strutturata per garantire una maggiore estensione delle iniziative oltre le giornate di svolgimento del Festival e quindi una prolungata promozione e visibilità del territorio. Non solo, per la Giunta provinciale la proposta del Sole 24 Ore lascia intravedere un ampio respiro mediatico attraverso la partnership con importanti testate internazionali, e parallelamente rafforza i presupposti per una significativa compartecipazione economica privata. Oltre al prestigio del Gruppo, lo spessore e le competenze dei soggetti che fanno parte del Comitato scientifico ipotizzato e la varietà della composizione del Comitato editoriale possono contribuire ad assicurare qualità e rigore all’offerta culturale e scientifica dell’evento e un significativo apporto multidisciplinare e, nel contempo, a rinnovare il prodotto Festival con inserimenti e format inediti”.
Altri passaggi-chiave sono evidentemente “prolungata promozione” e rafforzamento della “compartecipazione economica privata”. Con il Sole 24 Ore, Fugatti spera di risparmiare qualche euro e di ottenere maggiore attenzione mediatica. Si è risparmiato, intanto, il confronto con gli altri due soggetti istituzionali del Festival: Comune e Università di Trento. E il nuovo rettore Flavio Deflorian non l’ha presa bene, dissentendo pubblicamente con un certo coraggio: ma è solo un professore e ha bisogno dei finanziamenti della Provincia, gli passerà, pensa il Fugatti.
In definitiva, la decisione di cambiare la regia del Festival è sicuramente legittima e potrebbe portare qualche vantaggio ma è stata gestita e comunicata con quel mix di sfacciataggine e ineleganza che è tipico del fugattismo. Un decisionismo pasticciato che, rifiutando ogni approccio “visionario”, inciampa nel suo stesso pragmatismo. Parleremo una prossima volta del pasticciaccio Vasco Rossi, arma di distrazione di massa dell’Uomo di Avio. Uomo di selfie, di spot e di televisioni. Mai di visioni. Semmai, di divisioni.