Au revoir
Good bye Mondiali di calcio Russia 2018.
Alla fine l’ha spuntata la Francia, una delle squadre da subito indicate come favorite per la coppa. Un’edizione decisamente inusuale si chiude dunque in maniera meno sorprendente, al termine di una finale combattuta ma decisa da episodi più che da gioco.
Possiamo tirare le somme da vari punti di vista ed angolazioni, così come arrivano spunti e stime da varie direzioni.
La Francia non sta simpatica. Perché?
Perché tutti, ma proprio tutti, non sopportano i francesi? Eppure Parigi almeno fino a buona parte del ‘900 è stata per tutti la città dell’amore, da visitare e rivisitare, la torre Eiffel e la Rive Gauche, Mont Saint-Michel , i pittori impressionisti e la Stella della Senna. Allora perché il francese viene percepito come odioso? Perché, si dice, i francesi se la tirano, con i loro vini le loro campagne le loro sciampagne e le loro maledettissime ostriche. Per la sudditanza culturale, i filosofi illuministi e i francesismi senza italianismi, il predominio culturale che porta il francese medio a non parlare idiomi stranieri e nel mostrare fastidio verso chi ipotizzi un uso dell’inglese. Parigi di qua, Parigi di là, e se è Sarkozy ha la puzza sotto il naso, Hollande è un disgraziato, Macron c’ha la moglie con il doppio dei suoi anni, Chirac testava le bombe nucleari a Mururoa e De Gaulle usciva ed entrava dalla NATO come dalla brasserie sotto casa.
Millemila motivi per non sopportare i francesi, con il sospetto che si tratti di banalissimo ed antico complesso d’inferiorità.
Certo, c’è un qui e ora calcistico che poi rimette ordine nel caos e contestualizza l’avversione. Cioè, finchè i francesi hanno perso, nessuno si è mai occupato troppo di loro. Una nazionale, quella francese, che arriva molto in ritardo agli alti livelli, poi ci pensa Platini a scoperchiare il vaso di Pandora, che culmina con l’eliminazione per mano francese dell’Italia campione nel mondiale messicano. Prima papina, anzi due.
Poi, saltando le inutili amichevoli, si arriva al 1998. L’Italia offre una nazionale di buon livello da un pezzo, approda ai mondiali francesi con uno squadrone. Invece ora che Platini è diventato un pingue dirigente della UEFA, tocca a Zizou, a Henry, a Blanc, Trezeguet, Dechamps. Partita nervosa e secca, e la beffa dell’uscita ai rigori. La Francia poi si porterà a casa la sua prima coppa. Altra papina, amareggiata dalla consapevolezza che si poteva andare avanti, con quella squadra.
Poi si arriva agli Europei del 2000, il silver gol di Trezeguet (TRAUMA!), le battute di Berlusconi sulla marcatura a Zidane, le dimissioni di Zoff, altro squadrone, quantomeno capace di soffrire e tignosissimo, che deve salutare a un passo dalla gloria, loro ce l’avevano, davvero, quasi fatta. E Wiltord, per tanti era proprio uno sconosciuto…
La vendetta è il mondiale 2006, Zidane che impazzisce, roba già scritta. Nel 2008, sempre Europei, l’Italia butta fuori i francesi con un 2 a 0 che sempra condannarli ad un lungo periodo di niente. Lo stesso niente che tra alti e bassi avrebbe portato l’Italia ad essere meno competitiva in ambito internazionale (certo, non bisogna dimenticare la finale europea del 2012).
Dunque il pubblico italiano si è connotato come anti francese, ultimamente anche come anti tedesco, oltre che naturalmente come anti spagnolo. il rischio è davvero quello di sviluppare una platea di persone attaccate alle glorie antiche schiacciando il presente sotto il peso dei ricordi, e prendendosela con gli altri che a turno vincono e umiliano gli azzurri (saremo mica anche antislovacchi??).
Poi c’è vabbè tutta la questione delle motivazioni politiche: il bombardamento libico è roba fatta dai francesi, Ustica, la chiusura delle frontiere ai migranti con gli scofinamenti di Bardonecchia, la chiusura europea ad una soluzione comune alla crisi migranti, in una Bouillabaisse di argomenti e temi torbida come il mare bretone durante la bassa marea. Per arrivare all’epos del ma quale Francia che in verità ha vinto l’Africa (e giù di commenti “africani”, che poi dico, vabbè), sovranisti vs melting pop (sic), croazia cristiana e bianca vs appunto islamici neri, gay vs etero, cose giuste versus cose sbagliate. Tutto molto imbarazzante, con lo sconfinamento non ufficiale del meme nel dibattito pubblico, in cui dare del negro o del frocio non è un gran problema, e le anime dei lettori che hanno modo di nobilitarsi come Dante di fronte a Dio o piuttosto come il viandante nel cesso dell’Autogrill, il fu Vespasiano, dopotutto di un imperatore si tratta, nientemenoche, e luogo di transito del dibattito politico per leggere le dinamiche di tifo del calcio giocato. Resta il tanfo, tanto.
La Croazia.
Dispiace. Perché un mondiale vinto dalla Croazia sarebbe rimasto nei ricordi come gli europei vinti dai greci. Perché dopotutto la Croazia ha mostrato di non essere arrivata in finale per caso. E perché Modric quest’anno ne fa 33, e insomma, non sono pochi.
Ridurre la Croazia ai suoi nazionalisti o alla sua bionda presidente o agli ultrà che formano una coreografia a forma di svastica, è anche sintesi da vespasiano. Animando un mondiale, possiamo dire, tiepidino?, con alcune partite che hanno impreziosito il cartellone, i croati hanno regalato entusiasmo in casa e fuori casa. Peccato per la finale, gli autogol, i mani da rigore, i troppi tempi supplementari, le ingenuità forse che ti portano a controllare il gioco ma a non trovare la forza per ribaltarla, perché la Francia non è la Danimarca, non è la Russia, e non è nemmeno l’Inghilterra.
Le delusioni?
Il Belgio poteva fare di più, così come la Svizzera. Le due sorprese, alla fine, hanno steccato. Così come hanno steccato le superstar (e se non è una buona notizia questa....), tutte le nazionali favorite, rendendo il mondiale se non divertente almeno assai imprevedibile. Le squadre outsider hanno ad ogni modo i numeri per farci divertire ancora in futuro. E poi male il Sudamerica, bene il Giappone. Giudizi a parte, va detto che chi c’era, c’era. Chi non c’era, stava a guardare, come il padre di “...e poi mi parli di una vita insieme”. Che tristezza.
Ci vediamo insomma a Euro in itinere 2020, al mondiale a 32 squadre nel deserto del Qatar, ed altre amenità che non vediamo l’ora di, o forse vediamo l’ora e preferiremmo invece no.