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Con le ali sotto i piedi

Un sognatore diventato centauro “in carrozzino”: il bolzanino Max Bazzoli racconta la sua storia (ora diventata anche un libro).

A fine anni ‘90 i Lunapop cantavano “50 Special”, una delle canzoni diventate iconiche per la musica italiana. Ed è proprio di un fan del cantautorato italiano di cui vogliamo parlare. Il suo nome è Massimo Bazzoli, per tutti Max, un centauro che di strada ne ha fatta davvero tanta e ha voluto condividere con noi la sua storia, in occasione dell’uscita del suo libro. Lo scorso 28 giugno 2023, infatti, la cooperativa Young Inside ha accolto nel suo Spazio Young a Bolzano, la presentazione del libro intitolato “SECONDO ME. Storia di un centauro in carrozzino”. Il titolo lascia intendere il tema del racconto, ma a quale miglior narratore dare parola, se non all’autore stesso?

Salto.bz: Di cosa parla il suo libro?

Max Bazzoli: “Se puoi sognarlo puoi farlo”, come diceva Walt Disney, è sempre stato il mio mantra. La domanda più difficile alla quale sono spesso chiamato a rispondere è: “Di cosa parla il tuo libro?”.  Difficile rispondere a questa domanda, perché parla di me, della mia vita. Il filo che unisce i dieci capitoli, è il racconto di come io sia diventato un centauro nonostante una disabilità fisica agli arti inferiori che mi costringe sulla carrozzina dalla nascita. Com’è possibile che una persona in carrozzina, sogni sin da piccolissimo di mettersi a cavalcioni di una motocicletta? Mi sembrava interessante raccontare un mondo sconosciuto ai più il mondo delle patenti speciali. Patenti dedicate a chi soffre di qualche patologia che sia essa fisica, come nel mio caso, ma anche psichica e non solo. Mi sono ispirato un po’ al mondo delle canzoni, forse perché sono fan da sempre di Max Pezzali, cantautore sì, ma anche motociclista. Si tratta di un libro che, più che dare risposte, vuole far riflettere. Pone domande alle quali il lettore è chiamato a dare le proprie risposte, le proprie soluzioni. Non voglio salire in cattedra e dire di essere stato bravo, ma vorrei invece che il mio libro fosse d’ispirazione per avere la forza di creare la propria strada.

Quand'è che ha capito di dover fare qualcosa per realizzare il suo sogno di guidare una motocicletta? C'è stato (e se sì quale) un momento in cui è scattata la scintilla?

I miei primi ricordi in sella ad una moto risalgono a quando non penso di aver avuto più di quattro anni al massimo. Un amico di famiglia mi portava con sé in sella ad una motocicletta da enduro, ma la scintilla, e con essa la consapevolezza che anche io sarei potuto diventare un centauro un giorno, è scattata pochi anni dopo, quando ho conosciuto la Vespa. L'iconico cambio delle marce posto sul manubrio, da solo insufficiente per me per condurre in autonomia un mezzo con due ruote, mi ha fatto capire che sarebbe bastato un sidecar per realizzare il mio sogno. Nella realtà le cose non sono state così semplici, ma la scintilla è stata indubbiamente rappresentata dal quel momento.

Le persone intorno a lei, i suoi affetti e quindi anche la sua famiglia, come hanno affrontato la sua scelta? L'hanno supportata?

Le persone intorno a me, i miei affetti e quindi anche la mia famiglia, non hanno certo appoggiato la mia scelta, ma non l'hanno nemmeno ostacolata. Loro mi hanno sempre indotto a riflettere bene su quanto la volessi realizzare, rafforzando in me il desiderio di farcela! Anche se non credo fosse quello il loro fine ultimo… Scherzi a parte credo che avere degli "oppositori" per così dire sia utilissimo, per far sì ci si chieda: “Lo desidero davvero?”

Cosa risponde a chi dice che la sua decisione di andare in moto è pericolosa?

Beh, faccio loro notare che io non vado in moto, ma con un sidecar. La "terza ruota" rende tutto certamente più sicuro, ma anche camminare per strada può essere pericoloso e fatale. Trovo sbagliato "colpevolizzare" le supercar, o le motociclette. Bisogna usare la testa, qualsiasi cosa si stia facendo, poi, l'imponderabile, una piccola percentuale di rischio, c'è sempre. Come ho detto: anche camminare per strada può essere pericoloso e fatale. Nel libro, comunque, affronto anche questo tema perché, proprio mentre ero nel bel mezzo di questo progetto, ed io per primo mi stavo interrogando sui pericoli dell'andare in moto, è avvenuta la tragedia del Sic; tragedia che, nella sua tragicità infinita, ha risposto a tutti quei dubbi che potevo avere. Lui era un campione, un professionista, che correva sì, ma in pista. Alcune tragedie possono essere evitate, ma altre no, capitano e basta.

Quali sono state le maggiori difficoltà che ha incontrato e come le ha superate?

Le maggiori difficoltà sono state di carattere burocratico: volevo un mezzo di trasporto da poter utilizzare sulle strade del mondo, non un soprammobile da esporre in salotto! Le difficoltà sono state tante; ogni qualvolta mi credevo convinto di averle risolte se ne presentavano di nuove, ma alla fine ho risolto anche quelle. Anche io sono un essere umano e anche io sono stato tentato dal pensiero di mollare tutto per le troppe difficoltà, apparentemente irrisolvibili con le leggi in vigore. In quei momenti, Beppe è stato fondamentale. Senza di lui non staremmo parlando oggi e niente sarebbe successo. Per questo gli ho dedicato un capitolo del libro. Quindi, se volete sapere chi è Beppe, leggete il libro! Mi ricollego ad una domanda precedente per far notare che sì, servono quelle persone che ho definito "oppositori" per indurci a riflettere sulla bontà delle nostre idee innovative, anche se apparentemente folli, ma serve anche avere accanto chi in quella lucida follia crede in noi.

Cosa ha provato la prima volta che è salito sulla sua moto?

Ho provato a descrivere cosa ho provato la prima volta che sono salito sulla mia moto nel capitolo conclusivo del libro. Spero di esserci riuscito. D’altronde prima di salire in sella alla mia moto, seppur fossi salito su altre moto come passeggero, l’esperienza di essere conducente mi era sconosciuta. La moto scelta come modello base per il progetto l'ho comprata, ma il sidecar l'ho fatto creare io, sulla base di quelle che pensavo fossero le mie esigenze, immaginandomi in sella e basta. E se l'immaginazione non avesse corrisposto la realtà? Se poi, alla fine di tutto, andare in moto non mi fosse piaciuto? Le risposte a queste domande ho potuto averle solo facendolo, ma prima di quel momento sono trascorsi quasi dieci anni di sbattimenti… Non so se rendo l’idea! Insomma, sono nato con l'idea di essere un centauro, ma fino a quando sono salito per la prima volta in sella alla mia moto, quella che avevo era solo un'idea, una mia idea, folle per chiunque altro. Quasi dieci anni di sbattimenti…Insomma, un salto nel buio. Ma io sapevo che valesse la pena di farlo quel salto. Sentivo che se avessi desistito avrei avuto un rimpianto per il resto della vita.

Ha mai avuto paura di non farcela?

No, non ho mai avuto paura di non farcela. Sapevo la fattibilità di ciò che volevo realizzare. Ci credevo, ci ho sempre creduto, e Beppe era al mio fianco quindi... Ciò di cui ho avuto paura è stato, come posso dire, che la ragione dovesse necessariamente prevalere sui sentimenti. Da solo non avrei potuto fare nulla. Ho avuto bisogno di maestranze artigiane che ho dovuto cercare, selezionare anzitutto, perché quando chi può aiutarti a realizzare il tuo sogno sotto il profilo tecnico, per farlo, chiede i soldi di un appartamento, la domanda: “Voglio davvero una moto, o compro casa?” è una domanda che ci si deve necessariamente porre. Tranquilli, alla fine ho risolto anche quel problema e la mia moto non costa quanto una casa. Tuttavia, quando certi sciacalli mi chiedevano cifre assurde (in cambio di nessuna garanzia sull'esito del progetto), per un attimo ho pensato potesse non valerne la pena ecco, ma solo per un attimo. Qual è il prezzo giusto da attribuire a qualcosa che non esiste, e che quindi non ha prezzo? Sicuramente esiste chi di mestiere crea il listino dei prezzi di ciò che poi compriamo, che non avrà problemi nel rispondere a questa domanda. Io nel libro racconto come sono stato lontano dalle cifre folli desiderate da certi sciacalli, e di come abbia determinato il mio "prezzo giusto" per qualcosa che non esiste.

 

Max Bazzoli e Alessandra Locatelli
Max Bazzoli con Alessandra Locatelli, ministra per le disabilità nel governo Meloni: confronto a tavola.

 

Quali sono i suoi progetti futuri? Ci sono altri sogni che vuole realizzare simile a questo?

Non si finisce mai di sognare, guai se accadesse! Vorrei che quello che ho realizzato, con l'aiuto anche del libro certo, aprisse la mente alle persone, insegnando loro che essere è più importante di apparire. La maggior parte, ad esempio, guida la macchina con i piedi e le mani in contemporanea, ed è indotta quindi a pensare che quello sia l'unico modo per condurre un'autovettura, o addirittura il "modo giusto" per farlo. Chi decide cosa è giusto e cosa no, cosa è normale e cosa non lo è? Solo perché la maggior parte delle persone compie determinati gesti in una modalità che le accomuna, non significa che quella modalità sia la sola possibile ed una diversa non possa essere altrettanto efficace nel suo fine ultimo. Ah! Poi sì, sogno da sempre di poter fare un giorno un giro in moto con Max Pezzali…

Lei ha parlato di patenti speciali: il suo progetto ha avuto molta risonanza anche per altre persone che detengono patenti speciali?

Non so se il mio progetto abbia avuto risonanza anche per altre persone che detengono patenti speciali, ma di certo in futuro vorrei che queste patenti si adattassero ai tempi. Semplicemente perché sono ancorate a concetti che risalgono agli anni '80. Basterebbe una piccola modifica per attualizzarle in linea con le moderne tecnologie. Solo questo. I miei sogni io li realizzo e ho già avuto il piacere di incontrare il ministro dei trasporti, così come anche il ministro per le disabilità, ai quali ho consegnato una copia del libro. Aspettate e vedrete.

Ha mai pensato, magari in futuro, di creare un'associazione che possa sensibilizzare su questi temi?

No, non ho mai pensato di creare un'associazione che possa sensibilizzare su questi temi. Certo è un'idea, ma penso che vivendo, girando e parlando, con questa intervista ad esempio, io stia già facendo molto, e poi, sono disponibile a collaborare con le valide associazioni già esistenti, che si spendono su certe tematiche. Ne serve davvero un’altra?

Quando parla della sua esperienza si sente più compreso o più giudicato? Visto che spesso la società vede con occhio curioso, ma anche scettico le novità? Dalla sua esperienza,  cosa manca alle persone per comprendere chi come lei ha fatto una scelta così coraggiosa, e di conseguenza tutte quelle persone che mettono in campo argomenti di cui si fa fatica a parlare? Perché si fa così fatica?

Secondo me manca la voglia di mettersi davvero in gioco, di "provare per credere", di passare dalle parole ai fatti. Quando parlo delle mie esperienze mi sento compreso, ma quello che ho notato nelle persone è che anche se mi ascoltano, mi comprendono e mi mostrano empatia, poi sentono il bisogno di insegnarmi come farebbero loro se fossero al mio posto. Non sono me, non sono al mio posto. Come possono pretendere di insegnarmi qualcosa che loro non conoscono?

Per dirla in parole semplici, a mio modesto avviso, manca la capacità di accettare l'altro per com'è, per com'è davvero, senza volerlo plasmare a propria immagine e somiglianza. Io nel mio libro pongo molte domande al lettore, pur raccontando le risposte che ho trovato per me stesso. Tuttavia quelle non sono le sole possibili e io lo lascio intendere in quelle pagine.  Purtroppo non ci si siede più accanto ad una persona con lo spirito di chi vuole capire ed ascoltare anche il non detto magari. Farlo richiede impegno, tempo e fatica. Meglio fingerla l'empatia, fingere di ascoltare e poi parlare, dire, giudicare, insegnare.